Gli otto mali dell'acqua in breve

1. La povertà delle conoscenze adeguate ed aggiornate Non esistono dati certi per quanto riguarda la qualità delle acque. Non esistono rilevamenti sistematici riguardanti le acque sotterranee. Non è possibile fornire una quantificazione dell'inquinamento e della contaminazione esercitate sulle acque dall'agricoltura, zootecnia, industria, settore civile, turismo, energia. Si conosce poco dello stato delle fognature.

2. Un terzo degli Italiani non gode ancora di un accesso regolare e sufficiente all'acqua potabile, pur essendo l'Italia il paese dell'Unione europea con il tasso di consumo d'acqua pro capite per usi domestici più elevato (78 m³/anno/abitante) La percentuale della popolazione in difetto va dal 53,8 % della popolazione totale in Sardegna all' 88,4 % in Molise e in Calabria. I dati relativi alle altre regioni del Mezzogiorno sono Sicilia 55,3 %, Basilicata 64 %, Puglia 69,4 %, Campania 82,4 %, Abruzzo 71 %

3. Solo 40 % degli Italiani bevono l'acqua di rubinetto ma sono i primi consumatori d'acque minerali al mondo (155 litri d'acqua minerale pro capite nel 1999).
Eppure l'acqua minerale non è né per definizione né in pratica più pura e più sana dell'acqua potabile. L'acqua minerale e, in media, dalle 300 alle 600 volte più cara dell'acqua di rubinetto. Un litro di Perrier costa più di 1000 litri dell'acqua di rubinetto la più cara d'Italia (quella di Forli') e quasi 3000 litri dell'acqua di Milano. L'acqua minerale la più economica fra quelle citate (la Panna) costa 500 volte di più dell'acqua di Torino.
La quasi totalità degli grandi marche italiane sono divenute proprietà di imprese 'straniere' : la San Pellegrino, Levissima e Panna fanno parte di Nestlé mentre Ferrarelle e San Benedetto della Danone.

4. Il 'pozzo di Antonio' è inquinato. Il degrado del patrimonio idrico del Paese non cessa di aggravarsi. Gli Italiani sfruttano le risorse idriche nazionali in maniera eccessiva e sconsiderata 50% dei prelievi è destinato ad usi irrigui ma la produttività in Italia dell'acqua usata nell'agricoltura è fra le più basse dell'Unione europea.
Se si pensa che le superfici agrarie effettivamente irrigate in Italia sono state nel 1999 di 2,7 milioni di ettari, l'acqua allocata ad usi irrigui corrisponde ai bisogni domestici di 540 milioni di persone (180 città come Roma), quasi dieci volte la popolazione dell'Italia. Il 30% degli abitanti dei capoluoghi di provincia è ancora priva di un sistema di depurazione delle acque reflue. Sono rare le città del Sud dove la depurazione supera il 25% delle acque reflue.

5. Il pozzo di Antonio è malandato e mal tenuto. Il crollo degli investimenti. Il pozzo perde da tutti i lati. Le perdite d'acqua negli usi irrigui si aggira sul 30 % in media. Quelle nel ciclo prelievo – immissione – erogazione per usi domestici si elevano in media nazionale a 27 %. In molte regioni e città, le perdite sono stimate a 30 – 40 %. Ciò è dovuto anche al fatto che le autorità preposte non hanno speso entro i termini prescritti una percentuale importante delle risorse disponibili erogate specialmente dall'Unione Europea.
Le regioni del Nord hanno speso poco più della metà (53,7%) dei mutui erogati per opere idriche. Le regioni del Sud solo 22,7%. Fatto pari a 100 il volume degli investimenti realizzati nel 1985 nell'industria dei servizi idrici, gli investimenti realizzati nel 1998 hanno rappresentato il 29 % del 1985 !

6. La gestione municipalizzata pubblica diretta ('in economia') delle acque è stata messa in crisi. Lo Stato ha preferito il privato.
Il politico ha lasciato sussistere una grande frammentazione degli enti gestori (più di 8.000 comuni). Non ha attuato le disposizioni della Legge Galli che miravano a rendere più efficace la gestione delle acque. Ha recentemente deciso di abolire la modalità di gestione pubblica diretta ed imposto la trasformazione di tutte le aziende municipali in società per azioni. La via è stata aperta alla presa di controllo dei servizi idrici italiani da parte delle grandi imprese multinazionali europee e extra-europee.

7. Moltiplicazione ed intensificazione dei conflitti 'locali'.
Lotte contro l'apertura di cave cementizie in zone altamente vulnerabili, sul piano idrico ed ambientale, di nuovi trafori (per esempio nel Gran Sasso) ; o di mega discariche di rifiuti ad elevata tossicità. Conflitti attorno all'acquedotto pugliese, alla costruzione di nuove dighe o riguardo la privatizzazione del capitale delle nuove società per azioni 'pubbliche'. Battaglie per l'accesso quotidiano all'acqua potabile e contro l'irrigazione sconsiderata.

8. Il peso dell'Italia sulla politica europea, mediterranea e mondiale dell'acqua e praticamente nullo. L'Italia è assente dalle quattro grandi istituzioni/ programmi che attualmente delineano i grandi orientamenti e le scelte prioritarie della politica mondiale dell'acqua, e cioè il World Water Council, il Global Water Partnership, la World Commission on Water for the 21st Century, il Global Water Assessment Programme.

ANALISI DELLE CAUSE. UNA DELLE PIÙ DETERMINANTI È IL FALLIMENTO DEL POLITICO.
Il politico si é fatto sempre più debole nei confronti dei grandi utilizzatori (inquinatori) dell'acqua. Il primo 'peccato' é consistito nell'aver lasciato all'agricoltura e all'industria la libertà di 'sfruttare' il bene comune rappresentato dalle risorse idriche a costi molto bassi per il capitale ed a costi elevati per la collettività e per il pianeta Terra.
E' diventato principalmente il difensore di interessi 'locali', settoriali.
Il secondo 'peccato' è stato quello di aver mantenuto una frammentazione ingiustificata dei soggetti incaricati e responsabili della gestione delle risorse idriche in assenza, per di più, di strutture di coordinamento dotate di reali poteri di decisione e di controllo. Migliaia di soggetti politico-giuridici (i comuni, più di 8.000) e decine di migliaia di operatori tra aziende municipalizzate, consorzi, cooperative ed imprese private hanno contribuito allo sviluppo 'cancerogeno' dei sistemi di gestione dell'acqua .Il politico si è lasciato affascinare dalle parvenze di potere che esso ha l'impressione di ricavare in un contesto caratterizzato da divisioni tra i soggetti 'governati' e diventando prigioniero degli interessi locali perdendo così le sue capacità di visione globale integrata e le sue capacità di definire ed attuare delle strategie di governo. Ciò spiega la permanenza e l'esplosione dei conflitti locali e dell'impressione acquisita dai cittadini che, ad ogni modo, il politico è dalla parte degli interessi dei più forti. Le battaglie sociali contro le numerose e frequenti 'magagne idriche' compiute dal politico, sono una testimonianza dell'ampiezza del 'fallimento del politico'.
Il secondo 'peccato' é consistito nell'assenza di desiderio e di volontà da parte del politico di darsi i mezzi per poter esercitare una capacità strategica di lungo periodo centrata sull'interesse generale. Il governo italiano ha firmato all'Aia nel marzo 2000 la dichiarazione finale ministeriale del 2° Foro Mondiale dell'Acqua nella quale si afferma che l'acqua deve essere trattata principalmente come un bene economico, il cui valore deve essere determinato dal giusto prezzo di mercato, cioè dal prezzo che consente all'investitore di recuperare il costo totale, incluso il costo del rischio d'investimento e la garanzia di un ritorno sull'investimento conforme ai livelli mondiali richiesti dai mercati finanziari. Oggi il ritorno sull'investimento nel settore dei servizi di distribuzione dell'acqua si situa al di sopra del 14% e del 20% nel settore della depurazione delle acque reflue. Si capisce perché 'i mercanti della politica' sono favorevoli alla privatizzazione dei servizi idrici, ed hanno imposto l'obbligo della trasformazione delle imprese municipali in società per azioni.
Si é fatto imprigionare dalla cultura dello 'hic et nunc' ('qui e ora').

Il terzo 'peccato' è altrettanto grave come gli altri. Si tratta del 'peccato di miopia'. Perché non ha voluto conoscere tutto e bene quel che doveva conoscere sul 'pozzo di Antonio'?. Perché ha mancato nel dotarsi degli strumenti di valutazione e di monitoraggio come i quaderni di campagna, i catasti industriali, le stazioni di controllo?. Perché non ha investito in tutte le regioni nella formazione di un corpo nazionale e locale di tecnici, in numero sufficiente e con competenze adeguate? Perché ha preferito l'improvvisazione, il saper sbrogliarsela, la genialità individuale, il lasciare la responsabilità ai 'poteri' locali.
Il 'peccato di miopia' é sovente legato all'attrazione del corto termine, alla passione degli interessi immediati, alla cultura dello 'hic et nunc'.
Il politico non crede più nell'investimento pubblico come motore principale dei beni e servizi comuni.

Il quarto 'peccato' è tra i più gravi: per quanto cosciente dei meccanismi strutturali del degrado crescente delle acque in Italia, il politico, come abbiamo visto, non ha più investito nel settore dell'acqua. Il politico ha commesso questo 'peccato' perché non crede più che l'investimento pubblico sia il motore principale dello sviluppo del capitale sociale comune di un paese e, quindi, il promotore insostituibile di quella serie di beni e di servizi comuni che sono indispensabili ed essenziali alla vita individuale e collettiva. Una società é incapace di praticare il 'vivere insieme' in assenza di beni e servizi comuni, trattati come un patrimonio appartenente a tutti i membri della comunità, ed il cui costo di realizzazione non può essere che finanziato collettivamente.
La peculiarità del quarto 'peccato' sta nell'aver accettato la tesi che il sistema fiscale, l'imposta, non é uno strumento giusto e pertinente del 'vivere insieme'. Le società europee ed occidentali sono diventate le società 'sviluppate' più o meno giuste sul piano sociale ed umano perché hanno introdotto un sistema d'imposizione fiscale a finalità ridistributiva, cioè mirante a favorire trasferimenti di reddito tra gruppi sociali e zone all'interno di una comunità territoriale, al fine di eliminare ineguaglianze ingiuste od inaccettabili.
La ridistribuzione avveniva, tra l'altro, per via del finanziamento collettivo dei beni e servizi pubblici 'non - market'.
I nuovi 'mercanti della politica' hanno rigettato la funzione ridistributiva perché credono che la sola finalità dei meccanismi di regolazione sia quella dell'allocazione efficace del capitale investito. Ciò spiega l'abbandono da parte del politico del concetto di gratuità nel settore dell'acqua (cioè, del concetto di finanziamento collettivo di certi beni e servizi) e della distinzione tra beni e servizi 'non - market' e beni e servizi sottomessi ai meccanismi di mercato.
Il contadino od il privato che non dichiara il pozzo che ha scavato nel suo campo o nel suo giardino e che rifiuta di pagare un canone al Comune perché considera che l'acqua che tira dalla falda é sua in quanto é lui che ha investito dei soldi per costruire il pozzo, trova nel contesto attuale un eco favorevole presso i dirigenti politici.
Non ha applicato le leggi e le disposizioni da lui approvate.

Il caso più eclatante è la non attuazione su vasta scala delle disposizioni previste dalla Legge Galli del 1994. Questa legge rappresenta nella storia dell'Italia repubblicana un momento fra i più importanti della politica dell'acqua del nostro Paese. Indipendentemente dal giudizio politico che si può dare sulla finalità e le scelte operate dalla Legge in considerazione, essa costituisce lo sforzo più coerente e globale operato ad oggi dal sistema politico italiano in materia d'acqua. Per molti versi, essa rappresenta un progresso istituzionale e civile di portata notevole. Il fatto è che, purtroppo solo una piccola parte del 'capitale innovativo' della legge è stato messo in attuazione.

Non crede più nella 'res publica' e nel 'bene comune'.
Infine, sesto ed ultimo 'peccato', il politico non crede più all'acqua come un 'bene comune' Per il politico non esiste più un 'bene comune'. Quel che esiste - e che il politico considera come suo principale dovere e sua funzione istituzionale di garantire e di promuovere - è la proprietà privata dei beni e la gestione patrimoniale capitalista dei beni e dei servizi anche d'uso comune. Il politico è convinto che la società deve essere vista come un'impresa, che lo Stato deve comportarsi come un'impresa, che il Paese deve essere gestito come un'impresa, che l'università, un liceo, un asilo sono delle imprese, che la distribuzione dell'acqua o l'insieme dei servizi d'acqua devono essere considerati come una questione di Gestione 'economica'. Ridotti ad essere visti unicamente come consumatori d'acqua e di prodotti agricoli ed industriali e, quindi, clienti di servizi all'acqua collegati, in una logica di rendimento rispetto al denaro allocato , i cittadini, salvo eccezioni di rilievo, sono scomparsi dalla scena dell'acqua se non per reagire, anche con violenza, quando la gestione dell'acqua li penalizza a livello economico. In queste condizioni, 'il fallimento dei cittadini' creato e sostenuto dal politico è incontestabile.

IL FALLIMENTO DEL POLITICO.
Elementi portanti:
1. Deliberatamente, il politico ha perso potere nei confronti del potere, crescente, rappresentato dai grandi utilizzatori e « produttori » d'acqua
2. Non si è dato i mezzi per esercitare una capacità strategica d'azione a lungo termine nell'interesse generale. E' diventato principalmente difensore di interessi 'locali', settoriali
3. Il politico si e fatto imprigionare dalla cultura dello « hic e nunc » (qui e ora)
4. Il politico non ha più creduto nell'investimento pubblico come principale motore di promozione del capitale sociale comune e dei servizi essenziali al vivere insieme
5. Inadempienza sistematica da parte del politico nei confronti delle leggi e delle misure da lui stesso decise ed approvate
6. Abbandono del concetto – e delle pratiche sociali corrispondenti – di « res pubblica » e di « bene comune ».

PROPOSTE DI SOLUZIONI.
Elenco degli obiettivi prioritari per una politica sostenibile dell'acqua sui quali esiste un consenso quasi totale:

. Riduzione delle perdita di adduzione/distribuzione
. Riduzione dei consumi finali
. Riutilizzo delle acque reflue
. Riduzione del carico inquinante
. Miglioramento dalle reti e della gestione delle acque
. Migliore affidabilità dei servizi
. Accreditamento per tutti di una quantità idrica diurna sufficiente, ad un prezzo accettabile per tutti.

Come spiegare pero' che, malgrado un tale consenso, sia stato cosi difficile passare all'azione e risolvere i problemi ?
La prima è che il consenso è, in realtà, solo apparente. Le differenze nelle priorità, nei mezzi e negli strumenti da mettere in atto, dovute a differenze negli interessi, restano forti.
La seconda ipotesi è relativa alla natura degli obiettivi elencati nella tabella : chi più chi meno, sono tutti 'politicamente corretti'. Essendo gli obiettivi 'politicamente corretti', essi non si traducono in misure concrete di rottura con lo stato esistente delle cose. Le soluzioni adottate in funzione di tali obiettivi non modificano sostanzialmente i rapporti di potere e, quindi, non consentono di produrre i risultati teoricamente sperati.
La terza ipotesi è che sia mancata finora, su scala nazionale, una diffusa coscienza – e mobilitazione – cittadina e che questa mancanza abbia giocato a favore di quei fattori che hanno condotto al fallimento del politico. Uno degli elementi che hanno maggiormente influenzato il dibattito e le scelte di questi ultimi dieci anni è il 'il prezzo dell'acqua'. A questo riguardo, la soluzione che ha raccolto l'adesione della maggior parte dei gruppi politici e socio-economici italiani consiste nell'accettazione del principio della copertura dei costi totali e dell'adozione di una tariffa basata sul costo marginale.

A proposito della tesi : 'la soluzione è nel giusto prezzo di mercato'.
Secondo questa tesi, i problemi dell'acqua in sono legati ad un problema di prezzo. Si tratterebbe di un'inadeguatezza tra l'offerta (sempre più limitata e cara per quanto riguarda la qualità) e la domanda (sempre più crescente anche in conseguenza degli sprechi, delle perdite e degli abusi). Si tratterebbe, pertanto, di agire sull'offerta (migliorando le infrastrutture, i servizi e la qualità mediante un aggiustamento dei prezzi attuali, considerati particolarmente bassi, per portarli al livello corrispondente ai costi 'reali'.
Ciò consentirebbe un ritorno sugli investimenti tale da incentivare gli investimenti) e sulla domanda (l'aumento dei prezzi al livello 'giusto' di mercato permetterebbe di lottare contro gli sprechi e gli abusi). Non v'è dubbio che la lotta contro gli sprechi e gli abusi passa anche attraverso una politica dei prezzi (delle tariffe).
Lo stesso vale per la lotta contro le devastazioni causate dall'agricoltura intensiva e dall'industria iperproduttivista: è urgente, a questo riguardo, di operare una revisione radicale del prezzo dell'acqua per l'agricoltura e l'industria, il cui livello medio è ancor più basso di quello per gli usi domestici. Per quanto riguarda i prezzi al privato (le famiglie), l'esperienza francese e quella inglese dimostrano che l'aumento dei prezzi è certamente efficace.
Il consumo d'acqua diminuisce in funzione dell'aumento del prezzo. C'è da dire pero' che la diminuzione è più significativa presso le categorie a basso reddito. Gli sprechi e gli abusi delle famiglie ad alto reddito non subiscono alcuna modifica.
D'altra parte l'acqua è essenziale alla vita ed anche i 'poveri' sono disposti a pagarne il prezzo . Secondo l'opinione dominante, il problema delle categorie a basso reddito può essere facilmente risolto mediante l'adozione di una tariffa sociale speciale per i 'poveri', coperta da un fondo pubblico. Ciò consentirebbe – dicono- di conciliare una certa solidarietà con il mantenimento – necessario, secondo loro - del principio prioritario del valore economico dell'acqua.
Per quanto riguarda l'agricoltura e l'industria, l'introduzione in molti paesi occidentali del principio 'chi inquina paga' non ha condotto ai risultati attesi.. In particolare, gli Stati Uniti si sono fatti paladini ardenti del 'mercato dell'inquinamento dell'acqua'. Eppure, l'esperienza californiana (la sola esistente al momento) di tale mercato dimostra che il principale risultato è stato di favorire l'emergenza di gruppi oligopolistici, che hanno realizzato dei profitti elevati acquistando in massa le quote d'inquinamento per poi rivenderle a prezzi 'di mercato'.
Il beneficio ottenuto in termini di miglioramento dello stato delle risorse idriche californiane è irrisorio. Dare ai prezzi di mercato il potere di risolvere le 'diseconomie' attuali e il degrado generale delle risorse idriche e credereche la soluzione si trova nella liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati 'locali', e nella privatizzazione delle infrastrutture e dei servizi idrici è un errore fondamentale dal punto di vista dell'efficacia della gestione 'sostenibile' dell'acqua nell'interesse generale, del funzionamento democratico della società,e della solidarietà per il 'vivere insieme'.
Per tre motivi principali:

- secondo gli esempi conosciuti di privatizzazione dei servizi idrici su vasta scala (Francia e Inghilterra , decine di grandi città dei paesi del 'Sud' del mondo), è raro che la privatizzazione apporti le promesse fatte in termini di riduzione dei prezzi, di qualità dei servizi, di rispetto del diritto alla vita per tutti. Al contrario, la privatizzazione ha dato origine a conflitti, dispute, reazioni, talvolta anche violente, da parte delle popolazioni locali, come a Cochabamba (Bolivia), Manila (Filippine), Buenos Aires. In Francia numerose sono le collettività locali che stanno cercando di ritornare in gestione diretta;
- la privatizzazione sterilizza ogni forma di democrazia e fa sfuggire i reali poteri di decisione al controllo dei cittadini per via rappresentativa, partecipativa o diretta. E' illusorio pensare, alla luce dell'esperienza francese ed inglese, che i poteri pubblici possano mantenere un controllo politico effettivo nel settore, anche nel caso di una società per azioni a capitale interamente pubblico . Rapidamente, e col passare degli anni, i poteri pubblici perdono le conoscenze scientifiche, tecniche, e manageriali e non sono più in grado di valutare la struttura reale dei costi di produzione ed il valore del capitale. Dipenderanno in maniera determinante dalle informazioni e le analisi fornite dai responsabili della società per azioni che, non dimentichiamolo, avrà come ragione sociale l'aumento del valore del capitale secondo i livelli fissati dai mercati finanziari internazionali. Inoltre, sappiamo tutti quale è il grado di trasparenza dei conti delle società per azioni. Al di là delle varie contabilità cui fanno ricorso, esse tendono a surfatturare i salari, a sottovalutare i bisogni in investimenti di rinnovo, a sopravalutare il valore degli investimenti fatti, a filializzare ed appaltare all'infinito, a realizzare partecipazioni incrociate. La distinzione tra la funzione di regolazione e di controllo politico che resterebbe al pubblico e la funzione di gestione che deve essere compito del privato è, dunque, pura mistificazione;
- infine, la privatizzazione riduce l'accesso ad un bisogno primario ed il 'vivere insieme' ad un fatto meramente mercantile. Questa è culturalmente la conseguenza più grave collegata alla privatizzazione dell'acqua.

Il legislatore italiano ha scelto la via della privatizzazione e del mercato con qualche correttivo, talvolta di rilievo. Ma la linea predominante è chiara. Le analisi condotte suggeriscono che si tratta di una linea sbagliata ed i cittadini hanno il dovere ed il diritto di dirlo e di operare, attraverso gli strumenti di democrazia di cui ancora si gode in Italia ed in Europa, per un cambiamento di rotta. Le proposte che seguono sono un tentativo di illustrare in che senso il cambiamento di rotta deve e può avvenire.

Per un patto cittadino dell'acqua in Italia.
E' tempo di ripartire dai cittadini e di innovare nei contenuti e nelle forme della ripresa in mano da parte dei cittadini del vivere insieme e, a tal fine, dei beni e servizi comuni. Il monitoraggio dello stato di salute dei pozzi, delle fognature, degli acquedotti ; le campagne di educazione ad un consumo responsabile; il miglioramento dell'efficacia dei prelievi per usi irrigui, le tariffe dell'acqua per l'agricoltura e per l'industria, la gestione e l'uso delle acque minerali' devono fare l'oggetto di dibattiti aperti pubblici e diventare il terreno vivace di una cittadinanza attiva. Il politico non deve aver paura del cittadino, né mostrare alterigia nei suoi confronti.
Questo è il senso della proposta per ' un patto cittadino dell'acqua in Italia'.

Principi inspiratori del patto
Il primo principio inspiratore afferma che la politica dell'acqua non può più essere definita e concepita principalmente in maniera limitata alle dimensioni naturali, ambientali. L'acqua rappresenta qualcosa di più di una risorsa naturale . La politica dell'acqua è una politica della vita, una maniera di fare società. Ecco perché essa deve partire dai cittadini e non dal mercato.
Il secondo principiò inspiratore consiste nell'esplicitazione operativa dei contenuti concreti 'portati' dal primo principio. Contrariamente alle tendenze in atto che mettono il consumatore, il cliente e l'azionista al centro delle decisioni in materia d'acqua, il patto qui descritto propone di mettere il cittadino al centro della politica dell'acqua valorizzando a tal fine, le istituzioni democratiche rappresentative e partecipative. Ecco perché ci pare urgente e necessario di dar vita a dei parlamenti dell'acqua a livello dei bacini acquiferi 'locali' ed 'internazionali, ed alla messa in atto di strumenti pubblici di valutazione permanente della politica dell'acqua e, più in generale, dei servizi pubblici.

Proposte di lungo termine
La prima proposta è il rafforzamento della campagna per il riconoscimento dell'acqua come bene comune dell'umanità e dell'accesso all'acqua come diritto umano e sociale, individuale e collettivo. Dopo la famosa 'Dichiarazione dell'Aia' (marzo 2000), nella quale i firmatari di 118 governi rifiutarono di riconoscere l'acqua come un bene comune patrimoniale dell'umanità, affermando, al contrario, la riduzione dell'acqua a bene economico, sempre più numerosi sono i movimenti, le associazioni, le organizzazioni di cittadini che si sono e si stanno mobilitando per far pressione sui governi e sulle autorità delle Nazioni Unite allo scopo di ottenere un tale riconoscimento.
La seconda proposta porta sulla partecipazione delle organizzazioni interessate alle campagne che saranno indette e promosse, dalla 'Coalizione Mondiale delle organizzazioni cittadine contro la privatizzazione e la mercificazione dell'acqua'.
La terza proposta consiste nel rinnovare il sostegno al progetto di creazione di un Parlamento Mondiale dell'Acqua. La funzione del Parlamento Mondiale dell'acqua sarà duplice: da una parte, diventare il luogo rappresentativo mondiale dei dibattiti, analisi, proposte e formulazione dei principi e delle regole di una politica mondiale dell'acqua; dall'altro, di agire in quanto istanza mondiale di risoluzione dei conflitti in materia d'acqua (per evitare che l'acqua diventi, come oggi certuni si compiacciono ad annunciare, la causa principale delle guerre del 21° secolo)

Proposte a breve e medio termine
Ripartire dai cittadini, mettere i cittadini al centro della politica dell'acqua, significa identificare nelle collettività locali i luoghi sociali ed i tempi di vita privilegiati per tali obiettivi. Molti Comuni, Province e Regioni sono già da anni all'opera in questa direzione. La nostra proposta è di promuovere una campagna per la definizione e l'adozione da parte dei Comuni, cosi come delle Province e delle Regioni, di una Carta dei Servizi dell'Acqua.
La Carta dei Servizi dell'Acqua non solo si darebbe il compito di ribadire il principio del diritto imprescrittibile all'acqua di ogni essere e del dovere di cura da parte delle società umane del bene patrimoniale che è l'acqua, ma specificherebbe anche in maniera dettagliata i principi, gli strumenti, e le modalità attraverso i quali i cittadini si impegnano a promuovere e applicare una politica dell'acqua coerente con i principi di solidarietà, giustizia, democrazia e libertà. Visto che il legislatore ha imposto recentemente la trasformazione delle aziende municipali dei servizi in società per azioni, è pensabile di lanciare una iniziativa popolare per un referendum abrogativo .
Se il politico ha deciso di vendere al capitale privato il bene comune, i cittadini tenteranno di riprendere la proprietà ed il controllo del bene comune. L‘acquisto delle azioni sarà effettuato individualmente dai cittadini ma organizzati in cooperative. La proprietà delle azioni sarà delle cooperative.
Infine, terzo impegno di medio termine, proponiamo di ripensare lo statuto delle acque minerali. Nell'immediato, si propone alle collettività locali, in particolare le Regioni, proprietarie delle acque minerali, di prelevare una tassa simbolicamente significativa sull'estrazione dell'acqua . Il ricavato sarà destinato a finanziare l'accesso a 10 litri d'acqua potabile al giorno per persona nelle regioni dei paesi a stress idrico con le quali le popolazioni delle Regioni italiane hanno tradizionali contatti di amicizia e di solidarietà.

Tratto dal 'Manifesto italiano per un governo pubblico dell'acqua 2005'
- i consumi domestici permangono a livelli eccessivi, di spreco, se si pensa che un Italiano consuma in media 213 litri al giorno d'acqua potabile mentre uno Svizzero si limita a 159 e uno Svedese si 'accontenta' di 119 litri;
- le perdite della rete di distribuzione superano il 30-35% per non menzionare i livelli delle regioni del Sud con percentuali fino al 60%. In Svizzera ed in Svezia la percentuale si situa attorno al 9% considerato il tasso di perdita al disotto del quale è difficile scendere;
- l'abusivismo resta diffuso in presenza di una scarsa pianificazione per quanto riguarda gli usi dell'acqua per l'agricoltura, l'industria, l'energia ed altre attività terziarie. Mentre l'uso dell'acqua produttiva rappresenta il 75% dei prelievi e dei consumi d'acqua dolce del Paese, essa costituisce solo il 10% dell'acqua fatturata.
Il 90% dell'acqua fatturata concerne l'acqua per usi domestici. In Italia, l'acqua per l'agricoltura, per l'industria, per l'energia non 'costa nulla' o pochissimo per gli operatori dei settori menzionati, ma costa moltissimo , alla comunità nazionale. Si tratta di una situazione paradossale quando si sa che le principali cause d'inquinamento e di contaminazione delle acque di superficie e sotterranee sono dovute agli usi agricoli ed industriali attuali;
- pur essendo il 6° paese più industrializzato del mondo, l'Italia resta ad un livello basso di copertura territoriale dei servizi di fognatura e di depurazione che servono rispettivamente solo il 52,5% ed il 65% della popolazione. L'Italia si caratterizza come un paese carente di infrastrutture idriche, per mancanza di adeguamento di quelle esistenti, scarsa manutenzione ordinaria e straordinaria;
- l'Italia è il primo paese al mondo per consumo pro capite di acqua minerale e di sorgente in bottiglia (più di 180 litri all'anno per persona) pur sapendo che essa costa da 200 a 2000 volte l'acqua di rubinetto. Il Paese ha soprattutto bisogno:
-di darsi un governo pubblico dell'acqua chiaro, coerente, stabile ed efficace, grazie anche alla partecipazione attiva dei cittadini, a partire dai Comuni e dagli ATO.
- di garantire l'accesso all'acqua per tutti, come diritto umano individuale e collettivo, nella quantità e qualità sufficiente alla vita ed alla salute, nel rispetto della vita degli ecosistemi, in modo trasparente ed effettivamente democratico, capace di mobilitare le risorse del 'tesoro pubblico' per gestire un 'servizio pubblico' sottratto alle logiche mercantiliste e finanziarie degli operatori privati in un ' libero' mercato;
- di promuovere l'acqua come un 'bene comune pubblico', patrimonio dell'umanità, fonte di pace, di cooperazione e di solidarietà anche nel rispetto dei diritti delle generazioni future, grazie ad una effettiva e reale partecipazione dei cittadini alla 'res pubblica'. Il potere politico deve dimostrare, di essere capace di declinare la democrazia dei e con i cittadini.

Secondo l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) e la FAO (Organizzazione mondiale per l'alimentazione) ogni persona ha bisogno per vivere di 50 litri al giorno di acqua potabile sana, mentre una comunità umana, per assicurare un'esistenza di vita collettiva adeguata ha bisogno di 1700 m3 all'anno per persona. Garantire l'accesso a tali quantità d'acqua nella qualità dovuta è l'oggetto del diritto umano e sociale, individuale e collettivo all'acqua. Esso implica un governo complesso ed integrato dell'insieme degli elementi e dei fattori naturali, sociali, economici e politici che solo i 'poteri pubblici' possono esercitare.

Principi fondativi a livello mondiale
Fra i tanti principi che dovrebbero caratterizzare una politica di governo pubblico dell'acqua a livello mondiale, quattro emergono con vigore e per importanza politico-culturale come elementi di riferimento 'globale': (a) il principio del diritto umano e sociale, individuale e collettivo, all'accesso all'acqua nella quantità e qualità essenziali per la vita ed il corrispondente impegno alla sua concretizzazione (possibile da realizzare entro il 2020).
Il fine di questo principio è il riconoscimento del diritto umano all'acqua, universale, indivisibile e imprescrittibile, il che non è ancora il caso a livello mondiale se si escludono alcune convenzioni e dichiarazioni relative all'infanzia ed alle donne. La regola prevalente, in base al principio della sovranità nazionale sulle acque, è quella del riconoscimento della responsabilità di ogni Stato di garantire il diritto all'acqua ai suoi cittadini.
Negli ultimi anni il rifiuto del riconoscimento del diritto umano e sociale indivisibile ed imprescrittibile da parte dei gruppi dominanti è stato sostenuto sulla base di una distinzione, ingiustificata, tra diritti naturali, (quali, per esempio, la libertà di pensiero, di credenze, di movimento ed il diritto alla proprietà privata) considerati diritti inerenti la natura umana, ed i diritti sociali, considerati come diritti acquisiti.
Il diritto all'acqua, il diritto alla pensione, il diritto alla istruzione, sarebbero dei diritti acquisiti il cui riconoscimento e fruibilità sarebbero subordinati alle risorse finanziarie disponibili. Mentre i diritti naturali non si possono ridurre, perché sono indivisibili, imprescrittibili ed universali, i diritti sociali sarebbero divisibili e quindi possono essere garantiti in funzione delle risorse allocabili. Per il 'Contratto Mondiale dell'Acqua' il diritto all'acqua è un diritto umano di base per la vita, inerente la dignità della persona umana, riconosciuto come tale a seguito di lunghe e dure lotte sociali e politiche e che non può, in nessuna circostanza, e per nessuno, dipendere dalle disponibilità delle risorse finanziarie.
(b) il principio del governo sostenibile e solidale dei grandi corpi idrici mondiali (e degli ecosistemi di cui fanno parte) quali i grandi bacini idrografici su territori di due e più Stati (i grandi fiumi, i maggiori acquiferi, i grandi laghi o mari interni').
(c) il principio della non applicabilità all'acqua delle regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e dell'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi .
(d) il principio dell'acqua come bene comune pubblico, bene patrimoniale dell'umanità.

Il fine di questo principio è il riconoscimento della responsabilità dell'intera umanità nei confronti dell'acqua e della vita sul pianeta terra. Il come passa per il riconoscimento da parte delle Nazioni Unite dell'umanità in quanto soggetto giuridico e politico distinto. Introdotto nella 'Dichiarazione di Roma' del 10 dicembre 2003, il riconoscimento dell'umanità in quanto soggetto giuridico e politico mondiale, titolare di diritti e di doveri in nome di tutti gli esseri umani, è una condizione essenziale per lo sviluppo ed il consolidamento di un governo pubblico mondiale dell'acqua. L'ONU non può consentirlo.
La politica dell'acqua del sistema ONU è infatti incapace di liberarsi dalla trappola 'istituzionale' rappresentata dalla sovranità nazionale sulle risorse naturali, e dalla trappola politico ideologica attuale che ha dato alle istituzioni quali la Banca Mondiale, il FMI , il WTO e la WIPO il primato sull'ONU per quanto riguarda il potere di regolazione 'politica' delle relazioni internazionali e mondiali (eccezione fatta per la sicurezza militare che è rimasta nelle mani dell'oligopolio dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza) L'insieme dei quattro principi mette in luce una fondamentale differenza tra la politica mondiale attuale dell'acqua e la politica proposta dal 'Contratto Mondiale dell'Acqua'. La politica attuale è l'espressione di un'abdicazione politica ed etica mondiale riguardo la concretizzazione del diritto all'acqua per tutti gli esseri umani nell'arco di tempo di una generazione.
Essa ha sposato – con la Dichiarazione dell'ONU al Vertice del Millennio su 'Gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo' del settembre 2000 - l'idea dell'impossibilità di garantire a tutti l'accesso all'acqua potabile sana ed ai servizi igienici. L'obiettivo massimo realista, ottenibile - essa sostiene - è la riduzione di metà ,al 2015, del numero delle persone che oggi non hanno accesso all'acqua. Quello che succederà dopo resta indeterminato.
Da notare che la maggior parte dei movimenti associativi, comprese le ONG e le organizzazione di matrice cristiana e cattolica, hanno aderito agli obiettivi del Millennio per lo sviluppo. Lo stesso dicasi dell'internazionale socialista, di molti sindacati e della stragrande maggioranza delle università di tutto il mondo. I singoli cittadini e le organizzazioni della società civile non sono stati in grado di incidere minimamente sui processi antidemocratici dei grandi vertici mondiali. Miliardi di persone non sono nemmeno al corrente delle decisioni prese in tali occasioni ' a nome dei popoli '.
Una politica nuova di governo pubblico mondiale dell'acqua deve fondarsi sulla revisione al rialzo degli obiettivi del Millennio tanto più che una valutazione provvisoria, fatta nel corso del 2004, ha già dimostrato che persino gli obiettivi indicati, per quanto riduttivi rischiano di non essere raggiunti. Da qui l'importanza dell'adesione alla Dichiarazione di Roma e l'urgenza di istituire una Autorità Mondiale dell'Acqua, con funzioni di difesa dell'interesse mondiale grazie alla creazione di un Organo di Risoluzione dei Conflitti in materia d'acqua sull'esempio, rivisto, dell'Organo di risoluzione delle dispute operante in seno al WTO.

I principi fondativi a livello europeo
A livello europeo la possibilità di una politica nuova di governo pubblico dell'acqua è fortemente legata alla volontà del Parlamento europeo, ancor più della Commissione e del Consiglio dei Ministri, di affermare e promuovere i seguenti principi :

- il principio del servizio pubblico europeo
- il principio della democrazia sovra-nazionale
- il principio della cooperazione interregionale
- il principio della solidarietà verso i paesi vicini

La posizione della Commissione Europea sui servizi idrici è improntata, almeno formalmente, al principio della 'neutralità' dovuta al fatto che la politica dell'acqua resta di competenza degli Stati membri. La Commissione è intervenuta ed opera in maniera significativa nel campo dell'acqua in relazione principalmente agli aspetti connessi alla salute ed all'ambiente, onde l'importante 'Direttiva Quadro sull'acqua del 2000', centrata sulla qualità dell'acqua in seno all‘Unione Europea.
La neutralità istituzionale non ha impedito, però, alla Commissione di prendere posizione, specie in ambito WTO e con la Direttiva Quadro, in favore del principio dell'acqua trattata come 'un bene economico' sottoposto alle regole del prezzo di mercato. Il Parlamento europeo ha una più grande libertà di evoluzione e di manovra. L'ultima presa di posizione del Parlamento in materia di acqua si è tradotta nell'adozione, nella seduta plenaria dell'11marzo 2004, di due emendamenti al 'rapporto Miller', rapporto di iniziativa parlamentare sulla Comunicazione della Commissione sullo stato di avanzamento della realizzazione del mercato unico interno. Con i due emendamenti il Parlamento europeo:

- ha respinto la proposta della Commissione di far disciplinare le acque ed i servizi di smaltimento e dei rifiuti da una direttiva settoriale del mercato unico. Tenuto conto delle specificità regionali e della responsabilità primaria delle collettività locali in materia di approvvigionamento delle acque potabili e del trattamento delle acque reflue, il Parlamento s'interroga sull'opportunità di procedere alla liberalizzazione dell'approvvigionamento idrico;
- ha affermato che 'l'acqua è un bene comune dell'umanità' e che 'la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno'.

I principi fondativi a livello italiano e proposte
- rigenerare il bene acqua dalla distruzione e devastazione di cui è stato oggetto negli ultimi decenni
- operare una scelta politica forte: ripubblicizzare la gestione dei servizi nel quadro di un governo integrato di tutte le acque
- ripartire dalla partecipazione effettiva dei cittadini

Rigenerare il bene acqua attraverso un cambiamento strutturale degli usi
E' necessario puntare alla rigenerazione del capitale idrico nazionale adottando severe misure di riduzione delle fonti di inquinamento e di contaminazione ( pesticidi, nitrati, idrocarburi, metalli pesanti , sostanze tossiche di origine umana legate all'alta medicalizzazione delle nostre popolazioni ). Ciò significa attuare una politica coerente di rigenerazione del suolo, del territorio, e su scala più globale, degli ecosistemi, malmenati da un'agricoltura intensiva . In larga parte, le leggi (anche buone), i documenti programmatici ed i piani (molto spesso eccellenti) esistono. Quel che manca è una effettiva cultura delle pratiche sociali, politiche ed umane corrispondenti. A questo fine si propone di perseguire alcuni obiettivi strategici prioritari da realizzare negli anni 2005-2008:

a) riduzione di almeno del 40% delle perdite in irrigazione legate al metodo di 'polverizzazione'. L'irrigazione rappresenta in Italia il 55% dei prelievi totali d'acqua dolce. Di questi, 40% si perdono per evapotraspirazione;
b) portare a 12-15% i livelli di perdita delle reti di distribuzione che, come detto, in Italia continuano a superare il 30-35% (in certe regioni del Sud le percentuali raggiungono il 65%). La Svezia e la Svizzera sono al 9% di perdite delle reti di distribuzione che è considerato il tasso naturale al di sotto del quale non si può scendere.
Lo Stato, gli Enti locali ed i cittadini si devono impegnare a trovare gli strumenti e le modalità per raggiungere un tale obiettivo. La creazione di 'comitati di vigilanza' locali cui affidare il compito di mantenere i cittadini in allerta potrebbe essere un modo efficace di azione;
c) effettuare un censimento generale dei pozzi . Si stima che in Italia vi siano circa 1,5 milioni di pozzi illegali, che prendono acqua dove vogliono, senza nessun controllo;
d) reinventare la raccolta di acqua piovana. In paesi a scarsità idrica come Israele, la raccolta delle acque piovane è praticata in maniera sistematica;
e) riduzione dei flussi negli usi domestici a livello di bagni, di toilette, grazie a sistemi di riciclaggio delle acqua reflue, laddove è possibile, certamente in tutti i nuovi edifici collettivi (pubblici e privati),mediante l'introduzione di reti duali.

Operare una scelta politica maggiore: ripubblicizzare il governo dell'acqua
Significa anzitutto ri-costituire uno Stato di responsabilità, un pubblico efficace e onesto, ridare credibilità e capacità al governo pubblico. Conformemente ai principi sopra descritti, proponiamo che la ripubblicizzazione del governo dell'acqua si faccia attraverso i seguenti passaggi:

-Primo : definizione di una politica integrata dell'acqua dove per 'integrata' intendiamo il governo coordinato di tutte le categorie dell'acqua e cioè :
- l'acqua per la vita e la salute: acqua potabile, acque minerali e di sorgente;
- l‘acqua per la sicurezza d'esistenza collettiva: acqua per la produzione agricola, industriale ed energetica necessaria per assicurare l'esistenza di una comunità umana;
- l'acqua per usi e bisogni privati: a livello domestico (piscine, giardinaggio..), per attività di 'piacere' (campi di golf, turismo ..) per attività agricole ed industriali destinate a beni e servizi non essenziali per fasce di consumatori abbienti .

In questo contesto, è necessario procedere all'unificazione delle legislazioni attualmente frammentate (leggi per l'acqua potabile, leggi per l'acqua minerale, leggi per l'acqua ad uso produttivo).
A tal fine, occorre:
- a livello nazionale ripensare una nuova legge quadro nazionale che
. sancisca la natura di bene comune pubblico dell'acqua e vieti ogni forma di privatizzazione;
. istituisca il governo del ciclo integrato di tutte le acque, a livello regionale;
. inventi una nuova ingegneria finanziaria per la copertura dei costi legati all'accesso all'acqua per tutti come diritto umano, nel rispetto della sostenibilità degli ecosistemi;
. rinforzi la responsabilità ed il ruolo dei poteri locali;
. dia la priorità alla costituzione di società cooperative pubbliche, come soggetti di gestione dei servizi idrici, a lato delle aziende speciali e dei consorzi pubblici;
- deve affrontare il nodo della fiscalità e delle tariffe per tutti gli usi idrici.
- a livello regionale riorganizzare, con leggi regionali ad hoc, l'insieme delle istituzioni, leggi, decreti che 'governano' il settore dell'acqua valorizzando le buone pratiche, le buone regole e le buone istituzioni - che esistono - introducendo dispositivi agili di partecipazione dei cittadini al governo dell'acqua.
- a livello locale incoraggiare i sindaci che costituiscono i soci degli ATO, e quindi hanno la responsabilità di salvaguardare il bene pubblico, ad optare per la gestione in house.

-Secondo: riorganizzare l'Integrazione di tutte le funzioni (proprietà, gestione, controllo politico).
Rispetto alle tre modalità di affidamento dei servizi pubblici da parte degli enti locali, previste dall'attuale ordinamento italiano e comunitario, proponiamo di adottare la modalità dell'affidamento diretto a società con capitale interamente pubblico, cioè la gestione 'in house', insieme a forme di gestione diretta, in economia, laddove quest'ultima modalità si riveli più pertinente ed efficace. La gestione in house, è opportuno ricordarlo, non costituisce un'eccezione al diritto della concorrenza, ma rappresenta una gestione diversa, 'alternativa', che deriva la sua legittimità dalla potestà di autorganizzazione dello Stato (amministrazione centrale e locale).
Ove l'amministrazione intenda affidare un appalto di servizi ad un organismo di diritto pubblico, non è necessario ricorrere alle regole proprie del diritto della concorrenza. La gestione in Spa è in contraddizione aperta con il governo pubblico di un diritto umano e sociale e di un bene essenziale alla sicurezza dell'esistenza collettiva. La nuova trincea è quella di evitare la liberalizzazione (cioè la messa a gara sul mercato) dei servizi idrici.
Nel contesto attuale ed a breve termine, una soluzione consiste nell'affidare direttamente il servizio a Spa pubbliche approfittando degli spazi conquistati con l'art. 14 del Dl 269/93, ed associando questa opzione con modifiche statutarie che determinano il cosiddetto 'controllo analogo'. Per l'arco dei prossimi due/tre anni, proponiamo che la 'gestione in house' sia associata alle seguenti caratteristiche:
. SpA con capitale interamente pubblico (al 100%);
. Rimodulazione degli strumenti tipici del diritto societario (quorum di costituzione e di deliberazione dell'assemblea ordinaria e straordinaria, nomine anche extra-assembleari, etc)
. Divieto di vendita ai privati delle reti ed impianti; laddove gli enti locali conferiscono i propri beni alla Spa , devono prevedere esplicitamente nel proprio statuto e in quello della Spa, che i soci azionisti possono essere solo gli Enti locali;
. Divieto di cessione ai privati di quote del capitali da parte dei soci delle Spa pubbliche;
. Principio del re-investimento degli utili della Spa per un miglioramento del servizio pubblico (in particolare, campagne di sensibilizzazione dei cittadini per ridurre consumi, sprechi, per modalità di partecipazione dei cittadini) della qualità ed accessibilità del servizio per l'utenza;
. Obbligo di svolgere le attività solo a livello dell'ATO di appartenenza e quindi divieto di concorrere ai bandi in altri territori;
. Divieto di costruire multi-utilities con capitale privato e partecipare alla costituzione di aggregazioni in società di scopo/filiera deterritorializzate ed attivare invece Consorzi pubblici multi-settoriali (economia pubblica dei flussi e reti);
. Ripubblicizzazione della gestione e distribuzione delle acque minerali su basi cooperative, con revoca delle concessioni di sfruttamento date ai privati.

-Terzo: reinventare un'ingegneria finanziaria del governo dell'acqua fondata da una parte sul finanziamento pubblico dei costi relativi all'acqua per la vita e per la sicurezza dell'esistenza collettiva, e dall'altra su una gestione finanziaria delle altre categorie d'acqua sulla base dei meccanismi di mercato, entro i limiti però imposti dal rispetto dell'interesse generale. Si propone di articolare la nuova ingegneria finanziaria su tre capisaldi.
. il primo capisaldo è l'affermazione della coerenza e pertinenza del FINANZIAMENTO PUBBLICO.
. Il secondo capisaldo è l'adozione di un sistema di TARIFFE a tre livelli.
Il primo livello è la tariffazione del diritto.
I costi dell'accesso ai 50 litri per persona, al giorno, che costituisce un diritto universale, devono essere presi a carico della collettività (dal locale al mondiale). Per il cittadino si tratta di tariffa zero. I costi non spariscono. Essi sono coperti dalla collettività tramite le finanze pubbliche , alimentate dalla fiscalità generale . V'é poi il secondo livello, quello della sostenibilità.
Se dai 50 litri si passa ad un uso superiore, è opinione diffusa che l'uso di 120 litri al giorno per persona rappresenti un livello decente per accedere ad un livello di benessere ammissibile sul piano di un utilizzo sostenibile dell'acqua. Ricordiamoci che gli svedesi vivono con 119 litri al giorno e che gli svizzeri vivono benissimo con 153 litri/giorno. Per i consumi tra i 50 e 120 litri al giorno per persona si può quindi applicare una tariffa non superiore ai costi reali di produzione. Se l'uso giunge a 200 litri, siamo in presenza di una gestione dell'acqua che diventa insostenibile anche se non si traduce in politiche devastatrice del bene acqua. In questo caso proponiamo di applicare una tariffa progressiva.
Se, come negli Stati uniti, si arriva ai 4100 litri al giorno, come per i californiani, è chiaro che in questo caso ci troviamo in una situazioni particolare da contrastare.

Il terzo livello è quello della non sostenibilità e quindi del divieto
Se si usano più di 200 litri per persona al giorno – come è il caso dell'Italia (213 al giorno), del Canada (più di 400 litri), degli Usa (più di 800 litri) – si toccano livelli da spreco, insostenibili. Un tale consumo non può essere comprato pagando, ma deve essere vietato in applicazione del principio 'chi inquina non può farlo' e in sostituzione del principio 'chi inquina paga'.
La nuova ingegneria finanziaria richiede, altresì, la 'rinvenzione di istituzioni finanziarie pubbliche'. Gli ultimi 15 anni hanno visto la scomparsa della maggior parte delle istituzioni finanziarie pubbliche; in Italia non c'è più una vera Cassa Depositi e Prestiti. Anche le Casse di Risparmio sono state privatizzate. Lo stesso è accaduto alle Banche. E' opportuno di reinventare un sistema di Casse di Risparmio e di Credito comunale pubblico che possa raccogliere i risparmi delle famiglie e delle comunità locali per finanziare i beni pubblici ed i servizi pubblici. Si può ricominciare da cooperative di tipo mutualistico e da una rifondazione della Cassa Depositi e Prestito.
- Partire dalla partecipazione effettiva dei cittadini( terzocapisaldo) ( democrazia partecipativa – Agenda 21 )
Si propone pertanto di:
. prevedere, a livello degli ATO, la costituzione dei 'Consigli dei cittadini', con potere vincolante relativamente ad alcune decisioni (piano territoriale, tariffazione, investimenti, etc.);
. attivare a livello provinciale 'tavoli di coordinamento' tra gli ATO, aperti alle associazioni e ai cittadini;
. promuovere delle campagne di sensibilizzazione per la promozione di comportamenti responsabili;
. organizzare una consultazione nazionale per una nuova legge sull'acqua;
. rinforzare gli atti di solidarietà con progetti di cooperazione internazionale e azioni di gemellaggio con città e comunità che hanno problemi di gestione o di accesso all'acqua;
. aderire e far aderire alla Dichiarazione di Roma;
. partecipare agli appuntamenti dell'acqua: per es. Assemblea dei cittadini per l'Acqua (settembre 2006) Appendice. Lista ricapitolativa delle proposte

Qui di seguito, le proposte del Comitato Italiano per una nuova politica di governo pubblico dell'acqua in Italia, differenziate per livelli di intervento e per soggetti.

A livello nazionale:
Si richiede di avviare l'iter parlamentare per il varo di una nuova legge quadro nazionale che sancisca i principi enunciati nel Manifesto Italiano 2005, cioè:
. il riconoscimento dell'acqua come diritto umano, universale, inalienabile,imprescrittibile;
. il riconoscimento dei servizi idrici, come servizio pubblico nazionale, con riferimento ai principi di uguaglianza di tutti i cittadini e di universalità dei servizi primari sanciti dall'art. 3 della Costituzione italiana;
. la ripubblicizzazione dei servizi idrici nel quadro di un 'nuovo pubblico', moderno trasparente, efficace e la revisione dell'art. 113 del TUEL allo scopo di reinserire le aziende speciali ed i consorzi pubblici tra i soggetti che possono gestire i servizi idrici;
. l'istituzione di modalità di finanziamento dei servizi idrici pubblici, attraverso meccanismi di fiscalità generale e la costituzione di Fondi Nazionali di solidarietà e di casse nazionali, per il finanziamento delle opere di manutenzione e di quelle idriche e della copertura dei costi dell'accesso all'acqua come diritto;
. il riconoscimento con leggi Quadro nazionali o a livello Regionale dei Consigli dei cittadini per l'acqua (in ottemperanza all'art.118 della costituzione che riconosce il valore dell'autonoma iniziativa dei cittadini,singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interessi generali);
. l'obbligatorietà dell' adozione da parte di tutti gli enti locali di una Carta dei Servizi e la proposta di elaborazione di una Carta europea del diritto all'acqua dei cittadini.

A livello regionale:
Si domanda:
. lo scorporo dei servizi idrici dai servizi a rilevanza economica ed industriale;
. l'assunzione dell'impegno da parte delle Regioni a tutelare tutte le acque di loro competenza (di superficie e sotterranee) come bene comune e servizio pubblico;
. la ripubblicizzazione del governo della gestione dei servizi idrici;
. la costituzione di tavoli regionali di coordinamento fra i vari ATO al fine di favorire progetti unitari per la gestione di servizi idrici integrati;
. la costituzione di Fondi regionali per garantire il diritto umano all'acqua, tramite percentuali sulla tariffa e per la difesa e la tutela del patrimonio idrogeologico, ivi comprese la salvaguardia delle sorgenti delle comunità montane e l'applicazione di una tassa regionale sull'estrazione delle acque minerali pari almeno a 0,516 Euro per ogni 1000 / lt (1 lira al litro) attualmente applicata solo da sei Regioni:
. la ripubblicizzazione della gestione e distribuzione delle acque minerali su basi cooperative;
. l'introduzione di incentivi per favorire gli investimenti da parte dei cittadini, degli enti cooperativi e delle imprese per migliorare la qualità delle acque da rubinetto e ridurne l'uso ed i consumi per usi non potabili tramite il riciclaggio e la riutilizzazione delle acque reflue e l'introduzione delle reti duali nelle abitazioni e nei nuovi insediamenti industriali, la raccolta e il trattamento delle acque piovane;
. l'organizzazione di un censimento dei pozzi e delle fonti esistenti su territorio;
. l'introduzione di misure destinate alla riduzione dei consumi per usi agricoli ed industriali.

A livello delle Province:
Si richiede:
. un effettivo ruolo di coordinamento politico degli indirizzi di gestione dei servizi idrici privilegiando la dimensione dei bacini idrogeofisici a livello di ATO;
. il censimento e monitoraggio, a livello dei singoli ATO, dei prelievi abusivi da pozzi e da prese da acquedotti e il sostegno a programmi di riduzione degli sprechi, delle perdite e dei prelievi;
. l'impegno a destinare un centesimo di euro per metro cubo di acqua fatturato come contributo al finanziamento di specifici interventi di cooperazione nei paesi sofferenti di carenza di acqua potabile.

A livello dei Comuni:
Si domanda
. la revisione degli statuti dell'ATO nel senso sopraindicato,
. la realizzazione di campagne di sensibilizzazione per disincentivare il consumo di acqua in bottiglia;
. l'impegno alla ripubblicizzazione dell'ATO che hanno già effettuato l'affidamento ad una 'gestione mista';
. l'introduzione di norme funzionali al risparmio idrico, alla realizzazione di reti duali, nelle nuove concessioni edilizie;
. l'introduzione di incentivi per l'adozione nelle abitazioni, negli uffici pubblici, di tecnologie di riduzione dei consumi.

A livello di ATO e di Ente Gestore in house:
. obbligo di svolgere le attività idriche solo a livello dell'ATO di appartenenza; la SpA deve operare solo a livello del proprio ambito territoriale;
. divieto di adesione o di fusione ad imprese multi-utility ;
. adozione di una politica delle tariffe differenziate secondo gli usi ed le funzioni definite a partire dal riconoscimento dei 50 litri come diritto di base da assicurare ad ogni cittadino;
. contrarietà alla impresalizzazione, cioè ad una gestione dell'acqua come un prodotto industriale di impresa;
. divieto di cessione da parte dei soci della Spa di quote di capitale e assenza di diritto di prelazione;
. divieto di privatizzazione/vendita delle Reti idriche;
. partecipazione attiva dei cittadini;
. investimenti per campagne di informazione ai cittadini/utenti finalizzate a promuovere l'acqua del rubinetto, ridurne i consumi, migliorarne la qualità, favorirne l'uso nelle scuole e mense, negli spazi ed edifici pubblici, rivedendo le regole in materia di gestione ed uso delle acque in bottiglia (anche minerali,acque di sorgente, acque in boccioni).

Per quanto riguarda l'ingegneria finanziaria:
Si propone:
. la presa a carico dei costi associati all'accesso all'acqua potabile come diritto umano (50 litri per persona al giorno) da parte della collettività,tramite la fiscalità (tariffa del diritto umano)
. una tarifficazione differenziata tra 50 e 180/200 litri al giorno per persona per usi idropotabili proporzionale ai consumi (tariffa della sostenibilità);
. la non applicazione del principio che 'chi paga può consumare quanto acqua vuole'. Al di là dei 200 litri, applicare il divieto 'chi abusa non può '(tariffa del divieto);
. l'applicazione di una water tax sui prelievi delle acque minerali e sulle acque purificate per ogni litro prelevato;
. una tassa mondiale a fine redistributiva, prelevata a livello locale e/o nazionale, consistente nella destinazione dello 0,01% del PIL dei paesi dell'OCDE ad un Fondo per il diritto all'acqua;
. la creazione di Fondi cooperativi nazionali e mondiali e di nuovi dispositivi finanziari, differenti da quelli della Banca Mondiale e dal FMI, per il finanziamento delle collettività locali, alimentati da:
- i centesimi della pace, cioè l'allocazione all'acqua dell'1% di riduzione del bilancio approvati delle spese per gli armamenti (stima 9 miliardi di $ per anni);
- i centesimi di un altro consumo, cioè prelievo in tutti i paesi di un cents su ogni bottiglia di acqua minerale;
- un centesimi della solidarietà: cioè un cents di euro per ogni metro cubo di acqua potabile consumata.
. esenzione dell'IVA sui servizi svolti dagli ATO in quanto effettuato da Ente pubblico relativo servizio pubblico a favore dei Comuni e degli utenti;
. trasferimento agli ATO di un contributo in conto esercizio per la compartecipazione alle spese amministrative e generali che dovranno sostenere;
. mantenimento a carico della Provincia delle spese finora sostenute per la salvaguardia e la gestione ambientale delle risorse idriche.

Per quanto riguarda il ruolo dei cittadini:
Si propone:
. l'inserimento del riconoscimento del diritto all'acqua, come diritto umano, negli statuti dei comuni, province e regioni;
. il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali relativi al governo dell'acqua, a tutti i livelli con la costituzione dei consigli dei cittadini ;
. trasformare l'acqua in uno strumento di Pace attraverso iniziative da parte di Comuni, Province Regioni e Stati per sancire, con ordini del giorno, delibere ed altri documenti, il ripudio dell'uso dell'acqua per fini politici o militari e come strumento di oppressione, di esclusione e di ricatto ;
. la promozione di comportamenti responsabili sul piano dei consumi (tra l'altro, ridare priorità, per bere, all'acqua da rubinetto e non alle acque in bottiglia);
. la pubblicizzazione dei principali atti delle aziende e degli Enti di gestione (bilancio, programmi di investimento,piani industriali);
. la comunicazione ai cittadini/utenti delle principali scelte e politiche aziendali con convocazione, a livello di ATO di assemblee aperte agli utenti;
. la mobilitazione per la raccolta di adesioni a sostegno della Dichiarazione di Roma.

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