E a Cuneo i rifiuti si bruciano in un cementificio ...

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di Alessandro Mortarino.
ImageProvo a partire da una situazione “oggettiva” (perfettamente in linea con le leggi e in atto già da diversi anni) per tentare di allargare il ragionamento che da qualche mese AltritAsti sta ospitando riguardo alla gestione dei rifiuti ed all'opposizione popolare scatenatasi all'ipotesi di costruzione di un inceneritore attorno alla città di Asti.
Il dato “oggettivo” è che l'attuale Ato 3 per i rifiuti piemontesi (quello che corrisponde alla sola provincia di Cuneo) si appoggia, per la distruzione dei suoi residui finali (dopo attenta lavorazione e valorizzazione), al “forno” del cementificio Buzzi in quel di Robilante, val Vermenagna. La legge prevede che per un cementificio i limiti sulle emissioni siano sensibilmente superiori a quelli imposti ad un inceneritore di rifiuti.
Normalmente, il forno di un comune cementificio brucia materiali quali petcoke, polverino di carbone, farine animali, vernici esauste ecc. ecc.. Secondo l'Arpa locale, bruciando CDR (combustibile da rifiuti), le emissioni raggiungono livelli più contenuti. Lo stabilimento di Robilante occupa 300 lavoratori stabili ...
 Fin qui è tutto chiaro ? Significa, insomma, che le norme di legge consentono ad un cementificio di rilasciare inquinanti in misura superiore a quelli di un inceneritore di rifiuti (puro o con recupero di calore): immagino che a nessuno di noi farebbe piacere avere un simile impianto industriale dietro casa ... Ma la legge è legge (si dice) e le amministrazioni sono amministrazioni (che decidono) e devono applicare la legge.

Cosa che non tutti sanno è che quando un cementificio utilizza combustibili alternativi (ossia combustibili derivati da rifiuti) deve rispettare i limiti a cui sono soggetti gli inceneritori, che sono molto inferiori ai limiti normali dei cementifici.

E se alla legge aggiungiamo il fatto che un'azienda che garantisce lavoro a 300 persone è una risorsa che fa gola a qualunque territorio, ecco che la prima equazione è chiara; l'economia prevale sulla salute: alla lunga ci sarà qualche malattia in più, ma molte famiglie avranno uno stipendio garantito (e qualcun altro si arricchirà ...).

Qualche persona assennata (qualche Medico, i vostri nonni ...) direbbero: prevenire è meglio che curare.

Vabbè, punti di vista ...


Dunque: il cementificio c'è. I lavoratori lavorano. La legge conferma.

Ma dai camini qualcosa esce ... E siccome la legge permette che scarti di lavorazioni “pesanti” possano alimentare la vorace bocca del forno del nostro cementificio, nasce la “IdeaGranda”: un impianto in cui entrano i rifiuti indifferenziati della provincia di Cuneo e da cui, dopo opportuno trattamento, viene fatto fuoriuscire un CDR-P pronto per essere bruciato nel nostro cementificio.

Questo CDR-P sostituisce dunque quel petcoke, polverino di carbone, farine animali, vernici esauste ecc. ecc. abitualmente utilizzato in precedenza.

Dai camini qualcosa esce sempre, ma meno insalubre di prima (a parte qualche disavventura episodica ...).

Insomma: quel combustibile ottenuto dai rifiuti (lavorato e controllato) è “meno peggio” di quel combustibile fossile abituale e accettato per legge. Se casa nostra fosse adiacente all'impianto, ora il miglioramento non farebbe la nostra felicità assoluta, ma indicherebbe un timido segnale positivo; domanda: ma nella vita bisogna sempre e soltanto “accontentarsi” e sempre “sulla nostra pelle” ... ?

Una parentesi al nostro ragionamento: Legambiente (la più importante associazione ambientalista italiana) è stata più volte “accusata” di avere avvallato all'origine l'uso di CDR quale combustibile sostitutivo per il forno del cementificio. E qualche sera fa, durante un lungo dibattito a TeleSubalpina, questa “accusa” è stata urlata con foga virulenta dai Parlamentari Rosso (PdL) ed Esposito (PD) all'indirizzo del nostro amico Michele Bertolino, a cui abbiamo chiesto chiarimenti in merito. Questa la sua testuale dichiarazione:

Tutte menzogne, che un Tribunale sarà chiamato ad evidenziare e punire quanto prima, ammesso che la “casta” sia ancora punibile e non si estenda il lodo Alfano a tutti i parlamentari nei tempi biblici della giustizia italiana: non esiste, infatti, alcun tipo di protocollo in merito siglato da Legambiente, né a livello provinciale, né a livello regionale o nazionale. E io stesso ho, nel tempo, scritto numerose osservazioni - registrate nella varie conferenze dei servizi - che criticavano parecchie scelte dell'attuale amministrazione provinciale. Il nostro circolo di Cuneo si oppone al maggiore impatto del cementificio, ossia le cave e l’inquinamento atmosferico, da oltre 15 anni.

La mia posizione è molto semplice: sono almeno 10 anni che cerco di migliorare in tutti i modi la situazione emissiva del cementificio (vincolato dall'input di salvaguardare l'occupazione). Vi sono studi, anche del Politecnico di Torino e di Milano che dimostrano che con il CDR-Q in fiamma principale e non con il CDR in pre-calcinatore le cose migliorano rispetto alla normale conduzione dell'impianto. Ho sempre sostenuto che le diossine si formano perché vengono utilizzati, come additivanti del cemento, materiali (regolarmente autorizzati dalla Provincia di Cuneo) tipo scorie di allumina e scorie di ferrite. Quest'oggi lo ha documentato anche l'ARPA Piemonte, un anno dopo la mia dichiarazione scritta nelle osservazioni di Legambiente al progetto. E vorrei dire con chiarezza che, a mio modesto avviso, il centro microinquinanti dell’ARPA Piemonte è tra i migliori in Europa.

Semmai, il problema è che la Provincia di Cuneo ha autorizzato il cementificio ad usare CDR e non CDR-Q e sia in precalcinatore che in fiamma principale; non solo: l'autorizzazione è stata data per 56.000 tonnellate/anno di CDR e non ha limiti per il CDR-Q, ma esiste una dichiarazione della Buzzi alla Regione Piemonte di avere la possibilità di smaltire 110.000 tonnellate a fronte di un fabbisogno della provincia di Cuneo di 54.713 tonnellate/anno. Quindi, se la “merce” mancante non arriverà né da Asti né da Alessandria, prima o poi arriverà da altrove; a meno che qualcuno creda che le industrie private siano “benefattori dell'umanità” ...

Ricordo ancora che la linea di Legambiente per la gestione dei rifiuti è da lungo tempo (almeno da 12 anni) invariata. In ordine gerarchico prevede:

l 1. ridurre la produzione di rifiuti;

l 2. differenziare e soprattutto riciclare le frazioni recuperabili sotto forma di materia;

l 3. valorizzare i rifiuti residui attraverso trattamento, con il preciso scopo di produrre CDR di qualità atto a sostituire combustibili fossili in impianti industriali esistenti (cementifici, centrali termoelettriche a carbone);

l 4. lasciare sia lo smaltimento in discarica e sia l’incenerimento come “ultima ratio” e solo dopo aver esaurito tutte le opzioni precedenti e aver minimizzato i quantitativi residui.

Infatti, i rifiuti hanno un valore intrinseco che può essere in parte recuperato ma, in quasi tutti casi, è il recupero di materia la trasformazione che consente di estrarre maggior valore, anche in termini energetici, e non il recupero energetico tramite combustione.

Quindi, esclusivamente se si tratta di rifiuti residui non recuperabili sotto forma di materia, può aver senso proporre il recupero energetico tramite combustione. In realtà, avrebbe ancor più senso modificare la produzione tenendo presente la fase “fine vita” dei beni di consumo in modo da ridurre fortemente i rifiuti non riciclabili; la carenza della normativa italiana in proposito è evidente.

Siamo quindi favorevoli, per quel che riguarda i rifiuti residui a valle della raccolta differenziata provenienti da tutta la provincia di Cuneo, che auspichiamo corrisponda all’ATO 3, alla produzione di CDR di qualità (RDF di qualità elevata come definito dalle norme UNI 9903 e CDR-Q secondo il D.Lgs. 152/06) e al suo utilizzo come combustibile presso il cementificio Buzzi. Tuttavia deve essere garantito che l’operazione abbia come scopo quello di sostituire una parte del combustibile fossile (carbone, lignite, petcoke) con un combustibile derivato dai rifiuti avente precise caratteristiche e non quello di smaltire CDR di qualità normale”.

Chiusa la parentesi: Legambiente Piemonte sa che una eventuale vertenza sul cementificio avrebbe come conseguenza il pericolo della sua chiusura e ben 300 lavoratori a “spasso”.
E dice: sosteniamo il male minore secondo la visione della gente ...
E il “male minore” cade a fagiolo anche per una soluzione dei rifiuti indifferenziati astigiani: come abbiamo già visto, il cementificio di Robilante avrebbe potenzialità “su misura” per i nostri scarti. Se solo gli amministratori delle due Province e della Regione si mettessero d'accordo ...

La situazione fin qui descritta determina due “squadre”, due ordini di pensiero: i sostenitori del “male minore” e i puristi del “non bruciamo più nulla”.
Due squadre agguerrite che, spesso, amano azzannarsi con ardore dimenticando il comune obiettivo.
Un gioco che, personalmente, non condivido: la mia visione è che nella vita occorrono grandi utopie cui rivolgere il nostro orizzonte (rifiuti zero, in questo caso), ben sapendo che non si può fermare una macchina in corsa verso il baratro in un sol momento: agiamo un passo alla volta (spero non emerga una terza “squadra” e non si debba organizzare un complesso campionato ... anzi: penso che questa sia la sintesi – non pronunciata - dell'idea di tutti ...).

Riassumo: il cambiamento (la “cosa” più difficile al mondo ...) passa per alcuni processi consecutivi: avverto il problema, lo analizzo, trovo soluzioni, stabilisco obiettivi a medio e a lungo periodo, agisco, controllo, correggo.
Stabilire obiettivi significa avere un punto di partenza ed un traguardo. Il traguardo deve essere non il semplice superamento del problema specifico (non brucio più rifiuti, in questo caso) ma la radicale modificazione del “sistema” che genera il problema contingente (produco meno rifiuti, riciclo, riuso, consumo meglio ecc. ecc.).

Mi viene da pensare che nella vicenda di Robilante emergono alcuni aspetti interessanti (inquietanti ? ...) del nostro vivere moderno.

Primo aspetto: i forni industriali inquinano. Tantissimo, tanto, abbastanza ... sono gradazioni e sfumature secondarie, il nocciolo è che un procedimento che “comunque fa male” dovrebbe essere progressivamente (rapidamente ...) cancellato dalle abitudini delle nostre società.
Senza se e senza ma, mi verrebbe da dire ...
Un cementificio non dovrebbe bruciare “schifezze”; dovremmo avere un po' di dignità e dire “basta”, proporre una normativa nazionale ed internazionale più restrittiva (e questa sarebbe una seria iniziativa civica da lanciare quanto prima sotto forma di campagna ...).

Secondo aspetto: la salute ha un prezzo ? No, mi rispondo. E inizio a leggere i nomi e i cognomi delle migliaia di morti per tumori, sarcomi, linfomi ecc. ecc. di ogni angolo d'Italia e del mondo.
Non ha certamente il prezzo della morte, della sofferenza. Uno stipendio a fine mese in cambio di un pericolo mortale (o anche solo del “rischio”) non può più essere accettabile. Ma le 300 famiglie della val Vermenagna (o di Taranto, di Porto Marghera, di Priolo ...) come le convinciamo a non cadere nella trappola del ricatto “pancia piena o pancia vuota” ? E' da lì che dovremmo partire, attraverso un percorso di approfondimento: assieme a loro. A ricercare alternative concrete ed urgenti ...

Terzo aspetto: ma la nostra civiltà ha davvero bisogno di tutta questa enorme produzione di cemento e cementi ? Non è, il cemento, il materiale che determina la vittoria del brutto sul bello, il proliferare di capannoni antiestetici e vuoti, la riduzione delle terre coltivate e di quelle fertili, il favoreggiamento delle desertificazioni ?
Forse un cementificio non è la risposta giusta al bisogno di “lavoro vero” attuale ...
Forse il cemento è il primo dei materiali che dobbiamo imparare a consumare in misura sempre più ridotta (una ristrutturazione consuma poco cemento ...).

Quarto aspetto: c'è un “altro lato della medaglia”  da contrapporre a quell'idea di sviluppo=crescita basato su nuove infrastrutture (tangenziali, autostrade, inceneritori, aree produttive, discariche ecc. ecc.) e nuove industrie libere di produrre qualunque cosa, purché creino occupazione, reddito, tasse locali ?
C'è un'alternativa ?
E qual'è l'alternativa ad un forno inquinante ?
Forse, ad esempio, un territorio naturale, curato, attrattivo ... ? O terreni riservati ad una agricoltura “dolce” da offrire al consumo locale ... ? O alberghi diffusi (le nostre case in versione ospitale) ... ? O luoghi di recupero delle tradizioni, della manualità, del piccolo artigianato, della reciproca collaborazione all'interno di un territorio e di un tessuto di reale comunità che non ha bisogno di chimere (diventar ricchi) perché è in grado di crearsi la propria dignitosissima sussistenza da sé ... ?

Il problema è che dobbiamo uscire dal cortocircuito: percepisco un reddito così posso consumare così incremento il PIL e tutto fila, globalmente, liscio.
Un forno dietro casa ...

Non basta dire “NO”: dobbiamo impegnarci in prima persona ad abbattere il nostro consumo e spreco.
Personale.
Non compro più prodotti iper-imballati.
Non compro più contenitori di plastica, riempio di contenuto quelli che possiedo (semmai).
Non uso più sacchetti di plastica.
Abolisco l'usa e getta ovunque.
Bevo l'acqua del rubinetto.
Uso il pullman, il treno, la bicicletta. E propongo soluzioni/linee alternative alle mie “distanti”  amministrazioni.
Mi incazzo e mi indigno quando gli altri (e le amministrazioni) non fanno altrettanto.
Se mi dicono che sono un “Talebano”, espongo le mie mille buone ragioni.
Non lo faccio ?
Allora sono io (e non altri) colui che vuole l'inceneritore, il pericolo sanitario, il buco nell'ozono, i ricchi e i diseredati ...

Quinto aspetto: quanto costa alla collettività – sempre ad esempio - un inceneritore ?
Quello ipotizzabile ad Asti direi attorno ai 200/300 milioni di euro. Voi dite che quei denari, se li utilizzassimo in altre direzioni, non produrrebbero frutti ben migliori per l'intera collettività ?
Quindi, se volessimo paragonare la scelta “politica” con un terreno di campagna, il grande bivio è: vogliamo una colata di cemento o vogliamo provare a seminare qualcosa ?
E quanto costerà, sempre per esempio, bonificare i terreni dove oggi sorge il vecchio inceneritore di Vercelli quando si deciderà (a breve, parrebbe ...) di abbattere l'esistente per costruire un nuovo impianto più “moderno” ?

Ma resta sempre il punto basilare: sono – io - disposto a rinunciare a qualcuna delle mie attuali “comodità” ?
Ho un'utopia da realizzare, sapendo che non sarà il risultato di domani ma di una serie di domani ?
Chiamatela “Sobrietà” o “Decrescita Felice” o come preferite.
Ma stiamo parlando di noi, di ognuno di noi.
Di te ...
E tocca a te fare un'azione, ora.