L'alternativa fra un bosco e un cantiere ...

di Lucia Vigna, Luca Pierluigi Garrone.
ImageL'Italia è un paese strano. Lo si dice così spesso, nei bar, nelle sale di attesa di una stazione, di un dentista, dal parrucchiere o semplicemente la mattina, cornetto in una mano e cappuccino nell'altra, scuotendo il capo di fronte ai titoli del nostro giornale.
Lo si dice e lo si pensa. L'Italia è un paese strano. Un paese che ha bisogno di periodici colpi di scena. Inattesi eppure annunciati. Perché solo così il colpo di scena arriva. Arriva sempre. Altrimenti come si potrebbe scuotere il capo indignati e perplessi di fronte al nuovo scandalo ? Già, lo sapevamo. Lo attendevamo. E la prova sta nel fatto che l'attimo dopo, esattamente nel punto in cui smettiamo di interessarci al fatto in questione e voltiamo pagina, paghiamo la colazione, saliamo sul treno, entriamo dal medico e il barbiere comincia a tagliarci i capelli, tutto è già andato. Ecco fatto ...

 Provinciali ? Forse.

Ci dicono: "Si farà un nuovo ospedale". Bello.

Perché detto così è bello. Sa di America. Di progresso, tecnologia, futuro. Vien voglia di sorridere. Mica ci pensi, sul momento, che per farne uno "nuovo" ne devi avere uno "vecchio". Eppure non è una differenza da poco. Perché il vecchio c'è. Eccome. E allora la frase "si farà un nuovo ospedale" ti obbliga a formulare riflessioni del tipo: "allora cosa ne facciamo di quello che è già lì, in mezzo alla città ?" e "ma la scuola che si è comprata e rimessa totalmente a nuovo, coi soldi pubblici, per ampliare quella vecchia, cosa diventa ?" oppure "ma se a diciotto chilometri c'è Acqui, a meno di trenta Alessandria e Asti… perché questa smania di farne un altro ?" o ancora "ma dentro poi cosa ci mettono? Pronto soccorso, day hospital, chemioterapia sperimentale, Medici in Prima Linea, dottor House, Veronesi ?".

E subito non è già più America. È un'altra cosa. Si chiama Italia. Il paese strano, appunto. Perché in quel breve istante in cui si scuote il capo e il cappuccino esce un po', colando sul bordo della tazzina, tutti noi sappiamo che il fatto diventerà presto cibo da “Striscia la Notizia”. Da guardare con indignazione, la sera, dicendo il più proverbiale dei “ma senti che roba” ... Il colosso di cemento non terminato. Foro osceno nel poco verde sopravvissuto. Mausoleo in memoria di appalti andati.

Roba da Celentano. Forse Grillo. Comici e cantanti. Il paese strano.

Eppure esiste un prima. Esiste sempre.

In genere è facile da riconoscere. È quando i politicanti e gli appaltatori si alzano in piedi e si applaudono. Certo, il dopo è ancora più facile da riconoscere. Perché la sua caratteristica strutturale è di non essere più recuperabile. Per definizione, dopo, i soldi saranno già andati; chi doveva prendere avrà già preso, chi doveva essere derubato sarà senza più fiato per il troppo, inutile, gridare. L'indispensabile opera pubblica sarà lì (già lo sapevamo, lo attendevamo), in mezzo ai suoi mucchi di sabbia, i cumuli di calce, le betoniere abbandonate, i plinti di cemento a fare da obelischi. Si finirà, un giorno, certo.

Soldi finiti. Altri appalti. Aspettiamo. Dopo. Perché “Dopo” è il cognome dell'Italia.

Strano ?

Il paese, oggi, si chiama Nizza Monferrato. E, per quanto possa sembrare incredibile, questo momento appartiene ancora al prima. Già.

Fase nella quale si può addirittura evitare di fare un errore. Si possono, pensa un po', non buttare via dei soldi. E nell'alternativa fra prati e boschi, da un lato, e l'ennesimo cantiere, dall'altro, scegliere di lasciar sopravvivere i primi. Strano ?

Ora si finiscano i cappuccini. Si prenda il treno, se non è in ritardo o non ve lo hanno soppresso. Se è il vostro turno si entri dal dentista. Che si taglino i capelli.

Buon lavoro e buona giornata, paese strano.

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