Per un’ecologia integrale

Stampa

di Angela Dogliotti e Beppe Marasso.

Prendendo le mosse dall’ecologia integrale proposta dall’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, è nata nel 2015 l’associazione Laudato si’. Un’alleanza per il clima, la terra, la giustizia sociale, che ha avviato un tavolo di lavoro e confronto tra attivisti, studiosi, rappresentanti dell’associazionismo, per stendere un documento programmatico che provasse a tradurre politicamente i principi dell’ecologia integrale.
Da questo percorso è nato il testo, curato da Daniela Padoan, "Niente di questo mondo ci risulta indifferente" [1], una sintesi puntuale, ricca e documentata, esposta in modo piano, comprensibile e preciso, delle tematiche connesse con le emergenze del nostro tempo: climatica, sociale, sanitaria, educativa…

È perciò un libro straordinario fin dalla sua origine, frutto di un lavoro collettivo e della collaborazione di persone con competenze e sensibilità diverse, come aveva suggerito Naomi Klein quando, invitata nel 2015 in Vaticano per un convegno, indicò la necessità di «costruire alleanze ampie e inedite, che possano coinvolgere persone di culture differenti attorno alla più coraggiosa verità espresso dall’enciclica, ovvero che l’attuale sistema economico sta alimentando la crisi climatica e allo stesso tempo ci impedisce attivamente di prendere i provvedimenti necessari per evitarla». (pag. 33)

«Lo scenario che abbiamo di fronte – è scritto nell’introduzione – ci mostra un’umanità spezzata da diseguaglianze sempre più profonde e un mondo naturale non più in grado di rigenerarsi al ritmo forsennato di consumo e degrado che gli viene imposto. È una consapevolezza che scuote le nostre stesse radici, interrogando il senso profondo di ogni politica. Per questo è necessaria una profonda conversione ecologica, che abbandoni l’ideologia della crescita, introduca un’effettiva decarbonizzazione e porti all’adozione di un sistema economico circolare che investa tanto la produzione e il consumo quanto la cultura, l’educazione, la cura e le relazioni che ci determinano». (pag. 34-35)

Alla luce dell’emergenza sanitaria da Covid-19 risultano ancor più drammaticamente intollerabili le distorsioni e le conseguenze di questo modello di società:

«Mentre la mancanza di apparati di terapia intensiva del costo sanitario medio di ottantamila euro condannava a morte migliaia di persone, Fincantieri annunciava la stipula di un contratto da 1.300 milioni di euro con la Marina militare italiana per due sommergibili U-212, e i lavoratori della Leonardo venivano chiamati a mantenere la produzione dei cacciabombardieri F35, del costo unitario di centocinquanta milioni di euro, in ubbidienza alla supremazia del complesso finanziario-militare-industriale che impone ai governi di anteporre la spesa militare a quella sociale». (pag. 21)

«La crudezza di una crisi che mette in forse i presupposti stessi della convivenza umana viene acuita dalle attuali politiche di respingimento di migranti e profughi… A essere colpiti dalle politiche di disumanizzazione della migrazione non sono solo i profughi… ma il principio di solidarietà che informa la nostra Costituzione, l’impianto universale dei diritti umani e lo stato di diritto sul quale basiamo la nostra stessa possibilità di convivenza». (pag. 35)

«Il lavoro più umile e invisibile, sottopagato, in nero o gratuito [spesso senza tutele e diritti, N.d.A]. nell’agricoltura, nella logistica, nelle strutture ospedaliere, nella pulizia dei palazzi e strade, nella cura familiare- si è trovato a reggere l’urto di interi Paesi, colpiti dalla necessità primaria di alimentarsi, ricevere merci essenziali, governare la produzione di rifiuti, assistere malati, badare ai bambini, agli anziani, agli invalidi». (pag. 13)

Così il coronavirus, sommandosi agli effetti delle emergenze climatica e sociale e aggravandole, ha scosso le fondamenta del modello di sviluppo liberista, stabilendo nuove priorità:

«ha costretto a definire le attività necessarie e quelle superflue, ha ridato centralità alla sanità pubblica devastata da anni di privatizzazioni e tagli di bilancio, ha mostrato come il pianeta, risparmiato da un formicaio umano vorace e in perenne movimento, possa cominciare a respirare e a rigenerarsi grazie alla contrazione delle attività dei Paesi cosiddetti sviluppati». (pag. 13)

Questa situazione ha reso ancora più pregnanti e attuali le riflessioni e le proposte scaturite dal tavolo di lavoro per un’alternativa equa, sostenibile e nonviolenta.

Il testo ne analizza in 18 densi ed efficaci capitoli i diversi aspetti, tra loro correlati, proponendo per ciascuno esperienze e percorsi praticabili per una concreta transizione verso un’ecologia integrale.

Di seguito, a titolo di esempio, alcuni dei temi principali.

Per quanto riguarda le questioni ambientali si propone il passaggio alle fonti rinnovabili, un assetto del territorio in cui l’energia sia distribuita più vicino alla domanda (decentramento e autogestione energetica); l’introduzione della carbon tax, una riconversione della mobilità e la salvaguardia delle grandi foreste pluviali, difendendo i popoli della foresta dalla depredazione attuata da multinazionali e da governi; il boicottaggio dei minerali “insanguinati” dalla violazione dei diritti umani e dalla devastazione dell’ecosistema…

A proposito delle migrazioni, partendo dal principio che “migrare è un diritto” e che negare il soccorso in mare e chiudere i porti è una violazione, oltre che dei più elementari principi di umanità, del diritto internazionale, si propone tra l’altro di istituire canali sicuri e legali di ingresso e una missione SAR europea, promuovendo, nel contempo, un’equa ripartizione dei profughi (attualmente 3 milioni circa nell’UE, a fronte dei 6,3 milioni che hanno trovato rifugio nell’Africa subsahariana, i 4,2 milioni dell’Asia , i 2,7 del Medio Oriente – Nord Africa); di revocare gli accordi per l’esternalizzazione delle frontiere ed evacuare i profughi dai lager libici; tutelare i cittadini solidali e abolire il reato di favoreggiamento, salvaguardando il principio dell’asilo, “cuore del progetto europeo”, promuovendo una efficace politica di integrazione e diritti, nella consapevolezza che la «guerra ai migranti degrada lo spazio democratico». (pag.73)

È necessario poi riconoscere che c’è «una sola e complessa crisi socio-ambientale interamente legata al modello di sviluppo connesso a un’economia lineare che sfrutta le risorse in una visione a brevissimo termine, finalizzata alla massimizzazione del profitto; una visione produttivistica e consumistica, che accetta come conseguenza inevitabile la produzione di scarti». (pag. 91) E che, invece, «la sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è giustizia sociale, ambientale, liberazione». (pag. 94)

A proposito di finanza si propone l’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (Tobin tax), in modo che le operazioni di speculazione siano analizzabili e rallentate. Considerato, poi, che nell’economia europea «intere filiere finiscono, di fatto, in appalto al crimine, tra cui il commercio delle armi, la tratta, il lavoro schiavo dei migranti»,l’Unione deve intervenire contro le mafie, anche per evitare la perdita di credibilità delle istituzioni e il danno economico che il crimine organizzato causa all’Europa.

Per questo occorre sostenere una “finanza etica” che disinvesta «da imprese che operano nei combustibili fossili, nelle armi e in altri settori che recano danno agli esseri umani, al vivente e all’ambiente. Un azionariato critico, organizzato e attivo può imporre scelte consapevoli nell’uso dei propri risparmi, sapendo che una vera distribuzione della ricchezza è il solo orizzonte per un’equilibrata convivenza tra esseri umani ed ecosistemi e per la salvezza del pianeta».(pag. 112)

Ma la risposta più profonda e duratura a tutti questi problemi è una “conversione ecologica” capace di tenere conto dei limiti dell’ambiente in cui viviamo e dunque di ridurre all’essenziale il consumo di risorse; passare dal modello estrattivista e predatorio, dominato dalla finanza, a una nuova economia solidale e decentrata, che difenda e tuteli i  beni comuni e la partecipazione  popolare; dalla agricoltura industriale a una agricoltura di comunità, in cui ci sia spazio per un nuovo rapporto tra produttori e consumatori (GAS, gruppi di acquisto solidale; DES, distretti di economia solidale)

In tale prospettiva, la Terra è il bene comune e i “beni che rendono possibile la vita” (acqua, aria, suolo, sementi, biodiversità…)«devono essere garantiti a chiunque in quanto oggetto del diritto alla vita, e per questo la garanzia della conservazione e dell’accesso di tutti ai beni vitali deve essere costituzionalizzata». (pag. 125)

Ispirandosi alle parole di papa Francesco in un passaggio cruciale dell’enciclica («l’antropocentrismo moderno paradossalmente ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà, perché questo essere umano non sente più la natura né come norma valida, né come vivente rifugio», par. 115 citato a pag. 136) nel testo si sostiene che occorre promuovere la tutela giuridica del vivente, per contrastare tutte le forme di sfruttamento antropocentrico e predatorio, dagli allevamenti intensive allo sfruttamento delle creature del mare, alla caccia e a tutto ciò che vede nella natura solo un oggetto di consumo provocando così estinzione  di specie ed ecocidio.

«Proprio perché sta agli esseri umani l’assunzione di responsabilità verso la terra – che un’espansione e uno sfruttamento capitalista incessanti minacciano di devastare senza possibilità di ritorno – è necessario costruire una sfera pubblica sovrastatale intesa come sistema di limiti e vincoli ai poteri altrimenti incontrollati della finanza e dei mercati: un demanio planetario di garanzie sovranazionali in materia di ambiente, salute, lavoro, per la tutela dell’abitabilità del pianeta». (pag. 147)

Inoltre, poiché «i ventidue uomini più ricchi del pianeta dispongono di una ricchezza equivalente a quella di tutte le donne africane» (pag. 155) è necessario incentivare le attività di empowerment delle donne, valorizzando la loro capacità di resilienza poiché, scrive Vandana Shiva, «le donne sono esperte in scienza ecologica tramite la loro partecipazione quotidiana ai processi che forniscono sussistenza. La loro competenza si radica in esperienza vissuta e non in conoscenza astratta e frammentata che non riesce a vedere attraverso le connessioni della rete della vita». (pag. 157)

Per una liberazione delle donne, della natura e del vivente è perciò necessario valorizzare la diversità femminile come «corporeità, emozioni, sapienza intuitive, cooperazione, cura, nonviolenza, potere di generare e creare, contro potere di possedere, pensiero circolare come registro differente da quello del pensiero lineare».(pag.150)

Tutto ciò mette in discussione il sogno prometeico dell’homo faber di dominare il mondo, per promuovere, invece, un nuovo stile di vita centrato sul paradigma della cura, della sobrietà, della cultura del limite, della capacità dell’ascolto e del silenzio.

Nei due capitoli dedicati alla guerra e alla minaccia nucleare, vengono denunciate le emissioni militari di gas climalteranti come una delle principali fonti di produzione della CO2 (15% delle emissioni globali). Tuttavia, per una clausola imposta dagli USA per la ratifica del Protocollo di Kyoto, il complesso militare-industriale è esentato dagli obblighi di rendicontazione e riduzione delle emissioni. Dunque, disarticolare il complesso militare industriale e ripudiare la guerra è condizione essenziale per contenere i cambiamenti climatici.

Inoltre, secondo la FAO, con un settimo della spesa militare globale annua si potrebbe raggiungere l’obiettivo di porre fine alla fame entro il 2030 (Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, 2015).

Lo spostamento di investimenti dalla macchina militare alla prevenzione della catastrofe climatica è un’urgenza assoluta, come chiesto dalla campagna sulle spese militari lanciata nel 2014 dall’International Peace Bureau. (pag.196)

È perciò necessario: riconvertire l’industria bellica, bandire droni e robot killer, rendere effettivo il bando delle armi batteriologiche e chimiche e promuovere campagne a sostegno del bando delle armi nucleari promosso dall’ONU nel 2017, sempre più urgente dal momento che il Bollettino degli scienziati atomici a gennaio 2020 ha spostato le lancette dell’orologio dell’apocalisse a un minuto e quaranta secondi alla mezzanotte.

Per realizzare questi obiettivi, il segretario generale dell’ONU Guterres, nel 2018 ha proposto un’agenda per il disarmo.

«Nonviolenza, disarmo ed educazione alla pace continuano a essere gli strumenti che i cittadini del mondo possono con determinazione opporre agli interessi che fanno della violenza e della morte un lucroso mercato globale». (pag. 206)

Come da anni propongono i movimenti nonviolenti, è necessario dunque tradurre politicamente il principio della difesa civile, non armata e nonviolenta con l’istituzione di un Ministero della Pace, di un dipartimento ad hoc in collegamento con la Protezione civile «dotato di un centro di ricerca sulla trasformazione nonviolenta dei conflitti e in rete con centri analoghi all’estero; costituzione di corpi civili di pace addestrati ad intervenire prima, durante e dopo l’esplosione di un conflitto, con compiti di monitoraggio, comunicazione, interposizione, costruzione della fiducia e ricostruzione di rapporto tra le parti in guerra, secondo l’insegnamento di persone come Alexander Langer, Tonino Bello, Alberto L’Abate, Albino Bizzotto». (pag. 207)

A questo fine, oltre a campagne specifiche, può essere necessario ricorrere alla disobbedienza civile, come hanno fatto i lavoratori portuali di Genova che «nel giugno 2019, col sostegno della CGIL, avevano impedito a una nave saudita di caricare materiale militare destinato ad alimentare la guerra in Yemen». (pag. 221)

Alle minacce e ai pericoli della guerra nucleare e del cambiamento climatico si aggiungono, infine, i rischi legati alla guerra cibernetica nell’informazione:

«Nel corso dell’ultimo anno, molti governi hanno utilizzato campagne di disinformazione informatica per seminare sfiducia nelle istituzioni e tra le nazioni, minando gli sforzi nazionali e internazionali per promuovere la pace e proteggere il pianeta (pag. 232), con la diffusione di deepfake» (falsificazioni profonde) e messaggi manipolatori che esasperano pregiudizi e differenze ideologiche.

Noel Sharkey, professore di robotica e intelligenza artificiale, che si batte contro l’uso militare della robotica, ha sostenuto che «l’uso di armi che non prevedono decisione umana deve essere proibito. Si sta già sviluppando una “giustizia” algoritmica che crea discriminazioni razziali, di genere, sui poveri e sulle minoranze. Figuriamoci che cosa può accadere in guerra». (pag. 236)

A questo proposito, è in atto la campagna Stop killer robots, per vietare l’utilizzo di macchine assassine.

«Se la tecnologia digitale informa i ritmi e la cadenza delle esistenze umane in base a velocità artificialmente determinate, diventa necessario prendere coscienza della frattura sempre più larga tra tempo biologico e tempo artificiale e coltivare un’ecologia interiore, che sia fonte di resistenza all’avanzare del paradigma tecnocratico e al tempo stesso capacità di utilizzare le straordinarie possibilità delle nuove tecnologie- integrandole col patrimonio che letteratura, storia, arte e scienze umane ci mettono a disposizione- per la pacifica convivenza degli esseri umani, la liberazione del tempo di vita e la tutela del vivente e dell’ecosistema». (pag. 245)

Infine, per contrastare xenofobia, razzismi, nuovi  fascismi e  diffusione di linguaggi d’odio, bullismo e cyber bullismo «torna a essere centrale l’educazione degli oppressi praticata da Paulo Freire: per noi, nuovi analfabeti, nuovi soggetti di oppressione, esposti a rischio climatico, minaccia nucleare, sottomissione alla tecnologia digitale e di guerra, addestrati a profondissime disuguaglianze economiche e sociali, spesso impotenti davanti all’assottigliamento degli spazi di democrazia, allo svuotamento delle conquiste sancite dalla legislazione universale dei diritti umani».

«Le macchine che costruiamo, essendo organi artificiali che vanno ad aggiungersi ai nostri organi naturali, ampliandone la portata, accrescono il corpo dell’umanità. Se si vuole che l’integrità di quel corpo sia preservata e che i suoi movimenti siano regolati, anche l’anima deve espandersi; in caso contrario il suo equilibrio sarà minacciato e insorgeranno gravi difficoltà, sia sociali che politiche, che rifletteranno ad un altro livello, la sproporzione tra l’anima del genere umano, a stento mutata dal suo stato originario, e il suo corpo, enormemente accresciuto». (dal discorso di papa Francesco ai partecipanti al convegno Education: the Global Compact, 7 febbraio 2020, citato a pag. 265).

Un libro prezioso, un lavoro accurato di ricerca, analisi e documentazione, un programma ambizioso, ma indispensabile. Uno stimolo e un’occasione per fare rete e mobilitarsi, affinché la transizione verso un’ecologia integrale diventi possibile.

[1] Niente di questo mondo ci risulta indifferente. Associazione Laudato si’. Un’alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale. A cura di Daniela Padoan, Edizioni Interno4, 2020.

Tratto da: http://serenoregis.org/2020/06/11/per-unecologia-integrale-angela-dogliotti-e-beppe-marasso/