Perché abbiamo lasciato le nostre terre e siamo venuti a Copenhagen

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Discorso di Henry Saragih, coordinatore generale di Via Campesina all'Apertura di Klimaforum, organizzato dalla società civile a Copenaghen in concomitanza con il vertice sul clima.
ImageNoi, il movimento contadino internazionale "La Via Campesina", veniamo a Copenhagen da tutti e cinque gli angoli del mondo, lasciando i nostri terreni agricoli, i nostri animali, le nostre foreste, e anche le nostre famiglie nei villaggi. Perché è così importante per noi arrivati a questo punto ? Ci sono un certo numero di ragioni per questo. In primo luogo, il cambiamento climatico ci colpisce già gravemente. Porta inondazioni, siccità e epidemie, che sono alla base di cattivi raccolti. Questi cattivi raccolti non dipendono dagli agricoltori ...

Al contrario, è chi inquina ad aver causato le emissioni che distruggono i cicli naturali. Così, i piccoli agricoltori sono venuti qui per dire che non pagheranno per gli errori di chi inquina. E agli inquinatori chiediamo di affrontare le proprie responsabilità. 

Dati recenti mostrano chiaramente che l'agricoltura industriale e il sistema alimentare globalizzato sono responsabili per una percentuale tra il 44 e il 57% del totale delle emissioni di gas serra a livello mondiale. Ciò significa che il nostro sistema alimentare attuale è un grande agente inquinante. La domanda a cui dobbiamo rispondere ora è: come possiamo risolvere il caos climatico e la fame, e assicurare una vita migliore per gli agricoltori, quando il settore agricolo sta contribuendo a più della metà del totale delle emissioni ?
Noi crediamo che alla radice del problema ci sia il modello industriale di agricoltura e agroalimentare, dato che le percentuali menzionate in precedenza provengono dalla deforestazione e dalla conversione delle foreste naturali in piantagioni di monocolture, entrambe effettuate da Corporations dell'Agribusiness. E non da parte dei piccoli agricoltori.

Le grosse emissioni di metano da parte dell'agricoltura sono anche dovute all'uso di urea, un fertilizzante petrolchimico diffuso con la rivoluzione verde, e molto sostenuto dalla Banca Mondiale. Allo stesso tempo, la liberalizzazione del commercio agricolo promosso dagli accordi di libero scambio (Fta) e dall'Organizzazione mondiale del commercio (Omc) è quella  che contribuisce alle emissioni di gas e all'effetto serra a causa della trasformazione dei prodotti alimentari e del trasporto del cibo in tutto il mondo. 
Se vogliamo veramente affrontare la crisi dei cambiamenti climatici, l'unico modo che abbiamo è quello di fermare l'agricoltura industriale, la quale non solo ha fortemente contribuito alla crisi climatica, ma ha anche massacrato i piccoli agricoltori del mondo.

Milioni di contadini, uomini e donne provenienti da tutto il mondo, sono stati cacciati dalle loro terre. Milioni di altri subiscono violenze ogni anno a causa di conflitti per la terra in Africa, Asia e America Latina.
Porre fine alla agricoltura industriale è l'unica strada che possiamo percorrere. 
Prendendo l'agricoltura dalla grandi multinazionali agro-alimentare e mettendola nelle mani dei piccoli agricoltori, siamo in grado di ridurre della metà le emissioni globali di gas serra.

Questo è ciò che ci proponiamo, e che chiamiamo Sovranità Alimentare. 
E per raggiungere questo obbiettivo abbiamo bisogno di movimenti sociali che lavorino e lottino insieme per porre fine alle false soluzioni che sono oggi sul tavolo dei negoziati sul clima.