Tra Sviluppo Sostenibile e Decrescita Felice

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Intervista a Maurizio Pallante di Alessandro Mortarino.
ImageDomenica 24 Febbraio, al Diavolo Rosso di Asti, terzo appuntamento di "Viaggio al centro della Terra" con un ospite per noi estremamente importante e vicino: Maurizio Pallante, scrittore, saggista, esperto di energie alternative, fondatore e Presidente del Movimento per la Decrescita Felice. 

Per stimolare la vostra partecipazione, riproponiamo una nostra intervista che Domenica potremo approfondire direttamente con il professor Pallante. 

Lungi da noi credere che il Consumatore di domani possa essere un soggetto-massa facile da decifrare, prevedere, standardizzare. Sono decenni, ormai, che sociologi, esperti di marketing, analisti degli stili di vita insistono sul predominio dell’individualismo soggettivo, fonte di disperazione perenne per chi di ciò si preoccupa professionalmente. E, tra essi, anche gli uomini di impresa che si trovano oggi a dover “indovinare” se questo Consumatore dell’immediato futuro prossimo avrà caratteristiche “alte”, che lo porteranno a privilegiare la qualità, la sobrietà, l’etica solidale nonostante tutto ciò significhi, per lui, maggiori costi a fronte di un contemporaneo potere d’acquisto del salario sempre meno all’altezza delle sue aspettative di consumo.

In articoli precedenti, avevamo raccontato come si stiano amplificando iniziative spontanee che coniugano la necessità di risparmiare senza ridurre le “qualità” degli acquisti abituali (Filiera Corta, Gruppi di Acquisto Solidali, iniziative “Critical” ecc.), ovvero come stia progressivamente modificandosi il rapporto tra Produttore e Consumatore a discapito (ma è solo un segnale …) della Distribuzione Organizzata. Come il conflittuale loro rapporto mediato stia lentamente volgendosi all’orientamento win-win: entrambi vincono, chi potrebbe perdere è solo il canale di collegamento …
Parlare di queste cose, ci obbliga ad aprire una finestra (che, personalmente, mi auguro di poter mantenere spalancata ancora per molto) su un concetto un tantino più “macro”, che riguarda il Pil o Prodotto Interno Lordo: l’indice del benessere di una società, secondo l’accezione comunemente condivisa da tutti. O da quasi tutti …
Uno che non ci sta ad accettare a priori il Pil come metro di riferimento del nostro standard di vita è Maurizio Pallante, esperto di politica energetica e di tecnologie ambientali, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice nonché saggista, che sta da tempo sviluppando in Italia le tesi sulla “finitezza” del modello sociale basato sullo sviluppo e la crescita, tipiche del lavoro di Serge Latouche e di Nicholas Georgescu Roegen.

Pallante, perché il Pil non le piace ?
Non è una questione di principio … quanto di ragionamento. A differenza di quanto comunemente ritenuto, il Pil non misura l’incremento dei beni prodotti da un sistema economico (quindi la sua ricchezza movimentata) ma il “semplice” incremento delle merci scambiate con denaro. Non sempre le merci sono beni, perché nel concetto di bene è insita una connotazione qualitativa (qualcosa che offre vantaggi) che invece non pertiene al concetto di merce: Imagequanti prodotti commercializzati sono assolutamente inutili ed effimeri, eppure contribuiscono a far crescere il Pil ! Se si fanno code in autostrada al rientro dal weekend, vi è un aumento del consumo della merce-carburante, ma si registra uno svantaggio, una disutilità. Se invece di acquistare i pomodori al negozio, me li auto-produco nel mio piccolo orto famigliare, miglioro la qualità della mia vita (nell’azione del coltivare e nel gustare la mia insalatina) ma danneggio il Pil nazionale, che non registra alcuna variazione (anzi, se io avessi acquistato i pomodori avrei contribuito alla sua crescita: forse dovrei essere arrestato per attentato all’economia nazionale …).
Leggo a ripetizione che il nostro paese sta attraversando una fase di crescita negativa, con qualche lieve punta di crescita (quando va bene) pari a zero. E un po’ mi arrabbio: è così scandaloso affermare che “il prodotto interno lordo è rimasto stabile oppure è diminuito” ? Non esistono i verbi decrescere e diminuire ? Perché ci vogliono trattare come persone dall’intelligenza negativa ?


La provocazione è interessante, ma dove ci porta ?
Alla semplice consapevolezza che se tutto è merce e tutta questa merce è corrisposta contro denaro, è l’economia che egemonizza la nostra società e per l’economia la crescita è una necessità, i conti tornano solo se sono preceduti dal segno +. E tu prova a far comprendere che la produzione non può crescere all’infinito perché le risorse del pianeta non sono infinite e che non è neppure infinita la sua capacità di metabolizzare le sostanze di scarto emesse dai processi produttivi, dai prodotti nel corso della loro vita e dai rifiuti in cui, prima o poi, si trasformano. Arriverei a dire che, oggi, la produzione è un’attività finalizzata a trasformare le risorse in rifiuti attraverso un passaggio intermedio, sempre più breve, allo stato di merci. I nostri parametri di sviluppo vanno rivisti.

Ma allora, che cos’è questa crescita ?
Un tranello bello e buono. Se il Pil non cresce, sono guai, ci insegnano. Ma il Pil, come abbiamo detto prima, è semplice merce scambiata con denaro. Il che ci porta a dover inseguire una continua crescita delle produzioni a fronte di una crescente azione di consumo transata per via monetaria. La ricchezza di un paese è misurata dalla sua capacità di acquistare merci, mentre l’autoproduzione di beni non è neppure presa in considerazione. Non possiamo continuare così, nascondendoci dietro al proverbiale “dito”: sostenendo la necessità di una decrescita economica e produttiva, vogliamo delineare forme di relazioni più eque e serene tra gli individui, con vantaggi in termini di felicità individuale, di sollievo per gli ecosistemi terrestri. Una nuova cultura capace di superare gli attuali limiti del nostro sistema economico fondato, appunto, sulla crescita illimitata della produzione di merci.

E’ una tesi che sta facendo proseliti, ma che sta anche attirandosi contro le critiche di un vasto fronte ideologico, da destra a sinistra. Traducendolo e sintetizzandolo in “pillole”, che cosa può suggerirci ?
Che siamo entrati in una fase di maggiore consapevolezza da parte di grandi fasce di popolazione occidentale (quel Consumatore Etico, Solidale, Gastrocolto, Sobrio ed Ambientalista di cui parlavamo in precedenti articoli, ndr) e ciò deve far riflettere le imprese stesse. Più andremo avanti e più saranno penalizzati i consumi di prodotti irrispettosi: delle popolazioni, degli ambienti naturali, delle risorse non rinnovabili. C’è una maggiore ricerca della sobrietà e del bene “scambiato” in forma di dono: se tu ricevi un regalo, è assai probabile che reagirai allo stesso modo e il tuo dono sarà facilmente ancora maggiore … Più in generale, immagino una progressiva riduzione della quantità di merci nella vita di ciascuno, in due modi: attraverso una progressiva riduzione dell’uso di merci che comportano utilità decrescenti e disutilità crescenti (compreso quelle che generano un forte impatto ambientale e che causano ingiustizie sociali) e attraverso la sostituzione della maggior quantità possibile di merci con beni. Come dire: sobrietà e autoproduzione-scambi non mercantili. All’interno di questo mutato schema, anche le imprese dovranno rivedere il loro assetto strategico per disegnare il loro futuro.

Non mi sembra esattamente corrispondere al “modello” che, ogni giorno, rispecchia dagli spot pubblicitari …
Ovviamente no, c’è un processo culturale profondo da affrontare. E senza pregiudizi, con grande concretezza, valutando con attenzione serena questo esponenziale atteggiamento etico del Consumatore-Attore moderno. Qui si inserisce il grande tema dell’occupazione: meno consumi uguale meno produzione uguale meno lavoratori-occupati necessari… Dovremmo lavorare attorno a questo concetto: se ogni famiglia decidesse (è un semplice esempio …) di auto-prodursi lo yogurt in casa, nessuno più comprerebbe lo yogurt ed i produttori sarebbero costretti a licenziare tutti i loro addetti. Un discreto indotto, inoltre, andrebbe in crisi: produttori di imballi, tipografi, autotrasportatori, distribuzione organizzata ecc.. Tutti privi di un reddito per campare, un evidente “disastro” … se continuiamo ad osservare le nostre società con gli occhiali dell’economia. Mentre sarebbe così semplice capire che questi Lavoratori senza reddito avrebbero del tempo “liberato” per fare molte cose, ad esempio auto-prodursi lo yogurt, il pane o la pasta, per assistere i figli e gli anziani ecc. ecc.. Per occuparsi della loro vita, insomma, anziché acquistare merci …
Le stesse aziende dovrebbero iniziare a pensarci. Soprattutto tenendo presente che le risorse energetiche vanno verso lo shock … Oggi ci stiamo preoccupando del futuro della nostra primaria azienda automobilistica (in crisi,in ripresa …), ma a nessuno viene in mente che, ad esempio, la tecnologia per produrre micro-cogeneratori ed ottenere energia “pulita” sia termica e sia elettrica, si basa su un motore automobilistico, un alternatore ed alcuni scambiatori di calore ? E' la stessa tecnologia produttiva che un'azienda automobilistica già possiede ...


(NdR: chi volesse approcciare il tema, può trovare in libreria un recentissimo saggio di Maurizio Pallante dal semplice ed esaustivo titolo "La Decrescita Felice", Editori Riuniti, euro 12,00).

Maggiori informazioni anche sul sito http://www.decrescitafelice.it .