Dal Mozambico, osservando le "cose" italiane ...

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di Bruno Giaccone, Associazione Dodiciceste.
ImageSono ormai 17 giorni che sono partito e 15 che sono qui a Quelimane. La mia sistemazione è buona. Abito in una stanza con un piccolo bagno nel complesso della “Casa Famiglia”, stanza riservata agli ospiti. L’acqua non c’è sempre, ma abbastanza per farmi una doccia ogni tanto; posso cucinare e dispongo anche di un piccolo frigorifero.
Quasi sempre, soprattutto a mezzogiorno quando non ho molto tempo, mangio con i ragazzi, circa 70, tutti orfani a causa dell’AIDS. Il menù è sempre lo stesso, a pranzo e a cena: per cinque giorni la settimana polenta di miglio (che poi è mais bianco) e fagioli, senza condimento; un giorno la settimana riso bollito e un piccolo pesce, un giorno la settimana riso e fagioli, sempre senza condimento; ogni tanto una mezza patata bollita. L’anno scorso hanno avuto una sola volta un uovo sodo. Di pane manco a parlarne. A volte non si tratta neppure di sottoalimentazione ma di una pessima alimentazione che incide anche sulla loro crescita in tutti i sensi.

Ma veniamo a quanto sto facendo. Di fronte alla “Casa Famiglia” al di là della strada, ai margini del Bario, su una proprietà dei frati stiamo costruendo la nuova falegnameria in muratura e io curo l’andamento dei lavori.
Questa mattina, terminati i lavori delle fondamenta, su richiesta degli operai abbiamo fatto la cerimonia della posa della “Prima pietra” con tanto di preghiera fatta da uno di loro e libagione a seguire. Per fine mese dovrebbero terminare e potremo così fare il trasloco delle attrezzature. Procuro che gli operai abbiano da mangiare a mezzogiorno un pasto decente, almeno nella media di qui.

Qui la gente cammina tutto il giorno in cerca di qualche ora di lavoro che baratta con un po’ di polenta e di fagioli. A volte mangiano per tre giorni, poi per due digiunano. Questo per almeno il 70% della popolazione.
Intanto seguo i “giovani falegnami” e, soprattutto, il maestro le cui competenze lasciano molto a desiderare. E’ vecchio, ma per questo motivo è un elemento di coesione che evita conflitti tra i ragazzi; è anche molto buono e disponibile ad apprendere cose nuove. In questo periodo stanno costruendo sedie, tavoli e banchi per la “Scuola dei martiri”.
Penso che finirà, anche se con costi molto più bassi, come la scuola di tessitura delle suore di Segheneiti: una piccola scuola di falegnameria dalla quale, pian piano, tirar fuori chi ha imparato per mettersi per proprio conto, possibilmente in cooperativa.

Pensando ai bambini della “Casa Famiglia”, abbiamo organizzato un orto sperimentale per produrre verdure che possano integrare la loro alimentazione e in questo mi sono fatto aiutare da Mondlane, il primo ragazzo che ho conosciuto qui a Quelimane l’ottobre scorso, e da un
altro ragazzo. Ora l’orto è completato, cento metri quadrati, tutto cintato da canne e seminato. Aspettiamo che il Signore faccia crescere.

Non potevo non pensare alle donne che di giorno stanno nel cortile della Casa Famiglia, sedute sulla sedia a rotelle, mutilate dalle mine anche di fabbricazione italiana, a ricamare. Allora ho pensato di comprare della stoffa di cotone con disegni africani e di far cucire a mano da loro dei segnalibri che si possono dare “ad offerta” e poterle sostenere economicamente con dignità. Da una sarta molto brava, mi sono fatto confezionare un paio di pantaloni e due camicie di cotone. Questa donna si è resa disponibile per insegnare anche qualcosa di più alle
donne mutilate e a curare in particolare le finiture.

Le uova costano più che da noi, perché sono di importazione, allora, d’accordo con Mondlane, abbiamo pensato ad un pollaio sperimentale che altre famiglie possono emulare; lunedì prossimo daremo inizio ai lavori.
Ogni tanto compro un po’ di frutta per i bambini, che in un Paese come questo, ricco di banane, di papaia e di ogni altro ben di Dio, non mangiano mai frutta.
Sempre per la Casa Famiglia ho fatto costruire dai giovani falegnami una cassetta di Pronto Soccorso; le infezioni da ferita sono frequenti e ogni tanto faccio anche l’infermiere.

Qui in Mozambico siamo all’inizio dell’Inverno, ma ieri abbiamo sfiorato i 45 gradi, dicono sia un evento eccezionale legato al cambiamento generale del clima. La sveglia è alle cinque, io indugio una mezz’ora di più: poi rifaccio il letto, mi lavo, mi faccio il caffè, recito le lodi e poi comincio a lavorare. La sera alle 5,30 è già buio, mi cucino la cena, poi faccio un po’ di guerra alle mosche e alle zanzare, leggo, prego e vado a dormire. Certo la sera è molto lunga. A volte sto fuori, con una buona armatura di Autan, a conversare con il guardiano e con qualche ragazzo che è ancora sveglio. A loro piace molto conversare e io gli spiego che l’Europa non è quel paradiso che tutti pensano.

Con difficoltà sono riuscito ad avere notizie di quanto sta succedendo in Italia, dei pogrom contro i Rom e gli immigrati in generale.
Lasciatemi esprimere questa mia personale considerazione: è così che è iniziato il nazifascismo in Europa. Qualcuno, incapace di risolvere i problemi reali del Paese, ha indicato il “nemico” e ha scatenato l’odio razziale.
Sono avvilito, indignato, furibondo.
Spero che la parte sana del Paese sappia reagire, senza violenza, ma con fermezza e determinazione affinché non si ripeta mai più la triste esperienza dei tempi dello squadrismo.

Ora vi saluto, con molto affetto e fraternità.
Vostro Bruno.        
                                                      
Quelimane, 17 maggio 2008.

Maggiori dettagli sul sito dell'Associazione: http://www.dodiciceste.org .