Cittadinanza: ancora ospiti, ma sono cittadini


a cura dell'associazione Lunaria.

“Da ospiti a cittadini!”. Con questo slogan nel 1997 la Rete antirazzista lanciò tre campagne di raccolta firme per riformare la legge N. 91/92 sulla cittadinanza, introdurre il diritto di voto amministrativo per i cittadini stranieri e trasferire le competenze in materia di soggiorno dalle Questure ai Comuni. Sono trascorsi esattamente 20 anni, e fa una certa impressione l’attualità dello slogan scelto dagli attivisti antirazzisti di allora, perché trattiamo ancora come ospiti sgraditi quelli che sono a tutti gli effetti nostri concittadini ...
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Oggi, dopo un percorso lungo e accidentato, la possibilità di riconoscere come cittadini circa un milione di giovani “figli dell’immigrazione”, che immigrati non sono, è più vicina. Sui contenuti della proposta di riforma, finalmente incardinata nei lavori di Aula al Senato le settimane scorse, è stata fatta molta disinformazione. Il sostegno alla sua definitiva approvazione si è per fortuna man mano esteso a una parte importante del mondo dell’informazione e della cultura, sollecitati dalla tenacia di chi vive sulla propria pelle la distanza tra la cittadinanza formale e quella sostanziale sancita dalla legge attualmente in vigore.

Non è la stessa cosa essere riconosciuti cittadini al compimento del 18esimo anno di età, poterlo essere alla nascita o subito dopo aver chiuso un ciclo scolastico. 18 anni non sono pochi. Significano soldi e file per rinnovare il permesso di soggiorno; ostacoli alla libera circolazione, magari per errori burocratici; esclusione dai concorsi pubblici; impedimenti alla partecipazione a una gita scolastica o a gare sportive di rilievo internazionale. Oppure l’esclusione dal voto, dopo aver compiuto la maggiore età, perché la pratica per il riconoscimento della cittadinanza può essere molto lunga.
Sappiamo bene che il riconoscimento giuridico di un diritto non rimuove di per sé il rischio di subire ingiustizie, discriminazioni e violenze razziste. Ma se c’è un diritto, c’è maggiore protezione.

Secondo: anche le norme contribuiscono a sedimentare cultura e, dunque, influenzano i comportamenti sociali. Riconoscere come cittadini quel milione di giovani che trattiamo ancora come ospiti poco graditi, significa anche proteggerli meglio dalle stigmatizzazioni, dalla xenofobia e dal razzismo.

Di seguito torniamo a illustrare i contenuti del disegno di Legge che il Senato si prepara a discutere nelle prossime settimane, e a esemplificare cosa ha comportato in passato, e può comportare in futuro, la sua mancata approvazione. Con l’auspicio che chi si troverà a votarlo, abbia il coraggio di agire secondo coscienza e di fare la scelta giusta che è quella di votare la riforma nel più breve tempo possibile.

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