Il piano Colao calpesta la Costituzione

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di Paolo Maddalena, Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

Il coronavirus ha fatto segnare ieri in Italia 280 nuovi contagiati e cioè 87 unità in più rispetto al giorno precedente, di cui i due terzi in Lombardia. Sul piano mondiale, l’Oms ha invitato tutti alla massima prudenza, poiché con l’apertura delle frontiere il rischio del contagio può aumentare in modo imprevedibile.

Sul piano economico emergono talune notizie sulla relazione finale della task force, con a capo il manager Colao, la quale ha compiuto il suo lavoro dicendo che ora le decisioni passano al governo...

A nostro avviso, tranne il riferimento alla valorizzazione del lavoro femminile, si tratta di un piano intellettualmente molto povero, che ricalca i vari problemi del Paese ricorrendo soltanto al rimedio degli incentivi alle imprese, alle quali si concedono somme, anche al fine della preparazione dei lavoratori.

Molto poco si dice a proposito dell’ambiente, per il quale si prevede una semplice riduzione delle emissioni inquinanti e non il passaggio, graduale, ma completo, alla green economy, tra l’altro richiesta in modo esplicito dall’Europa.

Inoltre trascurata del tutto è la situazione di crescente povertà esistente in Italia, una situazione che potrebbe sfociare in situazioni insostenibili dal punto di vista sociale, con tutto ciò che questo comporta.

In sostanza questo piano ignora completamente la Costituzione e non coglie l’elemento essenziale necessario per la ripresa dello sviluppo economico del nostro Paese.

A nostro avviso esso avrebbe dovuto sbloccare innanzitutto l’azione delle banche, le quali sono molto restie a finanziare opere produttive, preferendo l’acquisto di prodotti finanziari, il cui utilizzo si risolve spesso nell’acquisto di beni già esistenti e non nella produzione di questi.

Nonché prevedere almeno una banca pubblica e la riconversione della Cassa Depositi e Prestiti da S.p.A in azienda di Stato, in modo che essa non sia più tenuta, quale banca di investimento (S.p.A.) a perseguire gli interessi dei soci, e torni a perseguire gli interessi della collettività e, specialmente, degli enti territoriali locali.

Nulla si dice in relazione al grosso problema della revisione del nostro debito pubblico, il quale, come è noto, deriva in massima parte dalla speculazione dei mercati, la quale, essendo un atto illecito, non può creare obbligazioni di restituzione giuridicamente valide. Una revisione di questo tipo libererebbe il nostro bilancio dal peso enorme della restituzione del debito e del pagamento dei relativi tassi d’interesse.

Altro elemento importante è il silenzio sulle indispensabili nazionalizzazioni delle fonti di produzione di ricchezza nazionale, che sono passate indebitamente, attraverso le privatizzazioni, in mano a singoli privati per lo più stranieri, dando luogo a delocalizzazioni, licenziamenti di operai e perdita di ricchezza nazionale.

Soprattutto il piano tace sulla necessità per l’Italia di evitare lacci e lacciuoli impostici dall’Europa, la quale concede prestiti, la cui restituzione graverà sulle future generazioni ed è ben lontana dal ritenere possibile una monetarizzazione del debito degli Stati membri colpiti dal corona virus.

In sostanza questo piano appare confermativo del sistema economico predatorio neoliberista che ha distrutto quasi per intero il patrimonio pubblico italiano, come si è visto a proposito della privatizzazione della sanità in occasione dell’emergenza provocata dal corona virus.

Il cambio di passo, purtroppo anche a dispetto di quanto afferma il PD, deve consistere in un ritorno graduale al sistema economico keynesiano che prevede la distribuzione della ricchezza tra i lavoratori e l’intervento dello Stato come protagonista dell’economia. Fatti questi decisivi, ma completamente ignorati da Colao e dall’intera sua task force.

Per un piano di tal genere non occorreva di certo ricorrere a degli specialisti, consistendo esso nella enumerazione di singoli problemi indipendentemente da una visione generale del contesto economico europeo e mondiale che sta soffocando l’Italia e dal quale occorre difendersi soprattutto con una revisione degli assetti proprietari, che facciano capo a un ampliamento dei beni appartenenti al Popolo (beni demaniali) e per questo inalienabili, inusucapibili e inespropriabili, e comprenda non solo l’attuale demanio naturale, ma anche i beni comuni, le principali fonti di produzione di ricchezza, le rotte aeree (vedi Alitalia), le vie di comunicazione (vedi le Autostrade), le industrie strategiche (vedi Ilva), le frequenze televisive (vedi Mediaset che ha la sua sede fiscale in Olanda), internet e così via dicendo.

Si tratterebbe di applicare l’articolo 43 della Costituzione, secondo il quale devono essere in mano pubblica o di comunità di lavoratori e utenti i servizi pubblici essenziali, le fonti d’energia e le situazioni di monopolio.

Se davvero si volesse salvare l’Italia, si dovrebbe fare in modo che la ricchezza del Popolo sovrano torni al Popolo e che questo non sia concepito come la vittima sacrificale dello spostamento di sovranità dal Popolo alle multinazionali e alla finanza. Una linea, quest’ultima, che appare pienamente condivisa chiaramente dal piano di Colao.

https://www.attuarelacostituzione.it/2020/06/09/il-piano-colao-affossa-la-ricchezza-del-popolo-italiano-e-calpesta-la-costituzione/