Se le donne sono povere

Stampa

di Penny.

Il 37 per cento delle donne non ha un conto corrente. Ci ritroviamo a settembre e nulla é cambiato: 79 i femminicidi da gennaio. Un’altra donna che ha detto No, un’altra madre, un’altra figlia rimasta orfana.
Si possono inasprire le pene ma ci vuole di più. Le donne devono essere credute, accompagnate e sostenute dentro alla “denuncia”. A volte ritorniamo sui nostri passi per il bene dei figli, ma é davvero il loro bene se poi molte di noi finiscono ammazzate? Ci convincono che siamo cattive se proviamo a far valere i nostri diritti, ad andarcene: che madre sei? Così ci mettiamo delle pezze, proviamo la via della conciliazione. Capirà. Non basta mai, non siamo noi che faremo cessare la violenza...

Deve cambiare l’azione all’interno della scuola: lavorare sugli stereotipi é una necessità educativa didattica. Un’urgenza. Le bambine devono essere viste, esistere anche a livello linguistico, devono essere narrate nella storia.

Il lavoro sulle emozioni non può essere solo una prerogativa femminile, i maschi hanno bisogno di addentrarsi dentro a ciò che provano e non sopprimere i propri sentimenti per la richiesta maschilista di prevaricazione del nostro paese.

Iniziare già dalla primaria a parlare di consenso, di femminismo, di sessualità. Se conosco il mio corpo so gestirlo, capirlo, dare un nome. I no sono no. Si dirli e so rispettarli.

Cambiare la narrazione della famiglia: le relazioni possono finire ed é un diritto potersi lasciare, non siamo madri peggiori se non amiamo più il nostro partner, il sacrificio non ha nulla a che fare con l’amore.

Certo, per fare questo, ciò che rimane necessaria, é l’emancipazione economica delle donne. Il 37 per cento non ha ancora un conto corrente, molte di noi sono precarie o disoccupate.

Le leggi attuali ci spezzano le gambe: non ci sono servizi per i figli – che spesso rimangono a nostro carico nella gestione quotidiana – e noi non sappiamo come fare. Siamo povere sempre di più, a volte restiamo, a volte intraprendiamo battaglie legali che ci tolgono le poche autonomie senza nessun risultato, a volte ce ne andiamo, denunciamo e moriamo.

Non c’è pena aspra che ci salverà, solo un cambio di cultura potrà aprire la strada al cambiamento ma, soprattutto, senza una modifica sostanziale delle nostre condizioni economiche, moriremo ancora e molto. É l’emancipazione socio-economica lo spazio della salvezza, quella che rende possibile la libertà. E questo ha un costo, un costo che nessun governo per ora ha voluto spendere per salvarci.

Salvare noi vuol dire allargare e salvare lo spazio dei diritti per tutti e tutte le fasce deboli e discriminate.

Se siamo povere siamo dominabili e il potere prevaricante maschile rimane intatto. Rendeteci libere con il lavoro, i servizi e quindi la cultura. L’indignazione qua e là non é sufficiente per tenerci in vita. Quante di noi devono ancora morire? Essere stuprate, restare sottomesse?

Tratto da: https://comune-info.net/se-4-donne-su-5-non-hanno-un-conto-corrente

Cinzia Pennati (Penny) è insegnante, scrittrice e madre di due ragazze adolescenti.