Il saluto di Nonna (gatta) Gerardina



di Alessandro Mortarino e Marisa Pessione.


La sua settima vita, l'ultima come ben sapeva, volle fosse un'esistenza completamente diversa, una sorta di quintessenza o di sublimazione. E scelse per sè il vezzo di una settima vita all'insegna della nonviolenza. Inusuale - molto inusuale - per una gatta ormai ventenne. L'ispirazione le venne probabilmente durante un campo estivo del Movimento NonViolento che per una settimana sconvolse il suo territorio: le foto la ritraggono immersa nella lettura di Gandhi, Capitini e Lanza del Vasto ...






Ne uscì fortificata, almeno nello spirito. E trovò così il conforto necessario per accettare la crescente debolezza delle sue zampe posteriori che da autentica preoccupazione si trasformò nell'imbocco di una nuova strada della sua vecchiaia, guidata dalla chiara percezione che fosse il segno voluto, anche per lei, dalla Natura.

D'altra parte era ancora memore della sua prima vita, esaurita rapidamente al fondo di un pozzo. Gettata dalle mani villane e imbecilli di qualcuno che così amava disfarsi, per probabile inveterata abitudine, degli eccessi demografici della propria colonia felina. Lei, Gerardina, nel fondo del pozzo vi era sprofondata assieme a qualche fratello e sorella e non aveva accettato la sorte. Aveva manifestato, in un primo atto di nonviolenza, con la voce, l'urlo, il richiamo; quello che si dirige ai cuori ben più che alle orecchie. E qualche cuore aveva ascoltato, aperto la botola e calato un cesto dalla lunga corda, da cui era riemerso dagli abissi un carico di naufraghi: due sorelle, la spilufrita Spilù e la Trovato detta Gerardina (per un gioco di assonanze con una cantante sanremese allora sotto i riflettori).

Insomma, scelse la nonviolenza. Smise di inseguire le lucertole assorte al sole d'estate tra le crepe del muro, non annunciò più il suo ritorno dalla caccia ai cuccioli di lepre perchè semplicemente abbandonò quel suo cruento diletto tra le vigne, iniziò a contemplare per ore e mezze giornate l'orizzonte tentando di dissimulare il suo autentico ronfare ad ufo.
Iniziò ad amare la pastasciutta più ancora della carne, le carezze anche dagli sconosciuti; la visita inopportuna di qualche cane del vicinato iniziò a considerarla degna di un'accoglienza disponibile e fin festosa, ignara di ogni rischio possibile.

Quando la settima vita iniziò a chiedere il conto, non parve affatto rancorosa. In pochi giorni smise di trascinarsi, si ritirò in casa - la dolce casa - a contemplare e dormire cullata dai rumori e le voci di quei padroni affettuosi. Parve dire loro: sono serena e questa è la mia ultima vita, lasciatemela concludere così come lei - la vita - lo vorrà.
E la sua serenità ebbe la meglio.
La pena che i suoi padroni provavano si trasformò in un patto: che tu possa andartene da sola, senza aiuto umano; purchè senza sofferenza.
E Gerardina accettò. E la sua acquisita nonviolenza trasformò in atto sereno anche l'ultimo percorso. Pochi giorni. Sempre meno reazioni, il rifiuto del cibo, poi dell'acqua. Senza un lamento.
Fino al saluto finale.

Ora riposa in pace, tra il corpo di un grande cane e quello minuto di un cucciolo di gatto.
Due margherite su di lei, sopra una spanna di terra inumidita da rugiada salata, come le lacrime di un pensiero.

La terra è vita.
Grazie per avercelo ricordato.

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