Che il coronavirus ci insegni a gestire l'emergenza climatica

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di Maurizio Bongioanni.

Abbiamo già detto perché il fatto che il coronavirus abbia più che dimezzato le emissioni di CO2 nell'aria non sia una buona notizia (QUI). L'autore dell'articolo ci ha spiegato che non dev'essere quello il paradigma di lettura di questa emergenza, perché finirebbe per dare ragione ai neoliberisti puri secondo i quali l'unico modo per salvarci dal cambiamento climatico sia quello di bloccare l'intera economia. E quindi non si può fare.

Però, se vogliamo lanciare una provocazione, questo virus può anche essere una "benedizione": da come usciremo da questa emergenza, infatti, dipenderà la nostra reazione all'altra - e forse più grande - minaccia, quella "climatica"...

Pensate alla reazione dei politici di fronte al dilagare dell'epidemia: non vi ricorda la stessa reazione che i governi di questo mondo hanno adottato nei confronti delle minacce da cambiamento climatico? Solo che essendo i tempi più dilatati non abbiamo ancora visto il "dietrofront"... Mi spiego: arriva una minaccia, in questo caso rappresentata dal virus che, ricordiamolo, arriva per la terza volta a minacciare l'umanità senza che nelle due volte precedenti sia stata potenziata la ricerca né tanto meno il sistema sanitario (anzi, quest'ultimo ha seguito il principio di invincibilità che sembra accompagnare l'uomo moderno e quindi è stato continuamente dissestato). Arriva la minaccia, dicevamo, e la Cina che fa? Niente. Non solo non fa scattare l'allarme ma punisce anche chi osa parlarne. Ma presto le dimensioni sono tali, e la rapidità di diffusione così veloce, che la Cina è costretta ad ammettere l'esistenza del problema. Così il virus si diffonde a macchia d'olio in Europa. Dove trova sicuramente un approccio più democratico ma altrettanta sufficienza da parte dei responsabili politici: state tranquilli, è una normale influenza, #MilanoNonSiFerma, aperitivi con i cinesi ecc. Con il risultato che ora tutti stiamo vivendo qui in Italia.

L'esempio dell'Italia non è servito a nulla agli altri paesi. Non i paesi europei (dell'Unione), che si sono trincerati ognuno dietro i propri confini ma pure non hanno fatto nulla per mettersi al riparo in tempo: vedi la Gran Bretagna, dove il primo ministro ha addirittura abbozzato l'idea - basata su una clamorosa insufficienza di dati scientifici - di lasciare che il virus si propagasse indisturbato. Per poi, naturalmente, fare dietrofront e adottare il cosiddetto lockdown pure per i britannici (per non parlare - c.v.d. - delle sue attuali condizioni di salute).

Nel resto del mondo, intanto, il presidente della potenza economica più importante del pianeta, gli Stati Uniti, ha minimizzato in un primo momento, per poi rendersi conto - sempre troppo tardi - che la situazione stava sfuggendo di mano e dichiarare "se riusciamo a stare sotto i 100mila contagiati avremo fatto un buon lavoro". A parte che una frase così fa raggelare il sangue per quanto dimostrativa dell'incapacità di uno statista di gestire una situazione sì difficile ma se non evitabile almeno che poteva essere contenuta meglio, e poi comunque i contagiati negli Usa sono già abbondantemente sopra i 100mila, quindi nemmeno questo (scellerato) obiettivo è stato mantenuto.

Un altro esempio calzante è la reazione del terrificante presidente del Brasile Jair Bolsonaro il quale ha esordito dicendo che si trattava di "un'influenzetta", per poi insistere dicendo che "i veri uomini non vengono infettati dal virus" (tra l'altro la stampa estera ha scritto che Bolsonaro era stato colpito dal virus ma lui ha smentito) e ora i suoi collaboratori hanno rimosso le fake news che il presidente stesso (ma ci rendiamo conto?) faceva circolare su Twitter per evitare che il Brasile possa collassare sotto il peso dell'isteria collettiva, invitandolo a concentrarsi sul sistema sanitario in serio pericolo.

Tutto questo per dire: non vi sembra esattamente il tipo di reazione che i politici hanno avuto e continuano ad avere nei confronti della minaccia del cambiamento climatico? Prima il mondo si divide tra chi nega la sua esistenza e chi minimizza, poi si ammette che il problema è reale (tanto più che non si parla più di "arrestare" il cambiamento climatico ma piuttosto di "contenerlo" e di "adattarsi") ma che gli strumenti adottati per contenerlo sono insufficienti (e possiamo dire di essere in questa fase, attualmente), infine quando il problema minaccerà l'esistenza dell'uomo si correrà ai ripari gestendo un'emergenza con il poco che si sa e si ha, continuando a ripetersi "potevamo pensarci quando eravamo in tempo".

Insomma, perché gli attuali 82mila morti da coronavirus non siano morti invano, impariamo la lezione che la storia ci sta dando e impariamo dai nostri errori. Primo quello di sottovalutare pericoli che arriveranno tra 10 anni (perché la data limite la sappiamo: è il 2030) e intanto, se proprio dobbiamo affidare la responsabilità di gestire l'economia mondiale a qualcun altro, spendere il nostro voto evitando politici pericolosi e irresponsabili che con il coronavirus stanno dando il peggio di sé*.

*Per limitarci al caso italiano, leggete quale irresponsabile propaganda stanno veicolando due politici quali Salvini e Meloni: http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/la-ricetta-di-salvini-per-uscire-dalla-crisi-coronavirus-un-mega-condono-edilizio-e-fiscale/