Cosche, cemento sul territorio e ... fioriere

Imagedi Gian Carlo Caselli, tratto da “Le due guerre” (2009, Melampo Editore srl).

Un’altra differenza rilevante tra la protezione ai tempi del terrorismo e quelli della mafia fu la presenza del Defender della Polizia che per oltre sette anni, dal 1993 al 2000, ventiquattr’ore su ventiquattro, stazionò sotto il portone della mia casa torinese. Una presenza che – con qualche disagio iniziale – il quartiere accettò. Non tutti per la verità: spesso si ricevevano lamentele per quel motore ogni tanto acceso nelle notti d’inverno ...

Ma soprattutto ci fu la comica – chiamiamola così – iniziativa di un ignoto casigliano che, oltraggiato dalla spesa (peraltro irrisoria) che il condominio avrebbe dovuto affrontare per la pulizia del bagno utilizzato in cortile dai poliziotti, pensò bene, una notte, di murarne in parte l’ingresso. Credo avesse avuto qualche problema con i sindacati di Polizia, oltre con la mia famiglia, che alla fine si accollò interamente quella minima spesa.

Nulla a che vedere con certe reazioni palermitane contro Falcone e Borsellino, invitati (con tanto di lettere sdegnate ai giornali locali) a rinchiudersi in qualche ghetto, per non turbare oltre la pace cittadina, violentata da scorte e sirene.

Un’altra novità che il quartiere dovette registrare fu l’installazione di blocchi di cemento intorno alla mia abitazione torinese, con conseguente divieto di parcheggio. All’inizio c’erano anche, fra un blocco e l’altro, alcune fioriere, che i negozianti della zona curavano amorevolmente, poi rimosse nel timore che vi si potessero nascondere ordigni.

Che la mafia sia una causa della cementificazione del territorio è risaputo ma, almeno questa volta, la cementificazione non è stata una speculazione delle cosche ...

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