Siamo ladri



di Mohandas Karamchand Gandhi.

Voglio dirvi che, in certo modo, siamo ladri.
Se prendo una cosa della quale non ho bisogno per mio uso immediato e la tengo, la rubo a qualcun altro. Oso dire che è legge fondamentale della natura, senza eccezioni, che la natura di giorno in giorno produce quel tanto che basta alle nostre necessità, e se soltanto ciascuno prendesse quello che gli è sufficiente e nulla di più, in questo mondo non ci sarebbe miseria, in questo mondo non ci sarebbe gente che muore di fame. Ma fino a quando accettiamo l’ineguaglianza, rubiamo ...

Non sono socialista e non voglio espropriare coloro che posseggono, ma dico che, personalmente, quelli tra noi che vogliono vedere la luce oltre le tenebre devono seguire questa regola. Non voglio spossessare nessuno. […] Se qualcun altro possiede più di me, sia pure. Ma in tanto in quanto la mia vita dev’essere regolata, dico che non oso possedere nulla di cui non abbia bisogno.
[…] Non-possedere è legato a non-rubare. Una cosa che originariamente non sia stata rubata, deve tuttavia considerarsi proprietà rubata, se la si possiede senza averne bisogno. […] La nostra ignoranza o indifferenza riguardo alla legge divina, che di giorno in giorno dà all’uomo il suo pane quotidiano e nulla più, ha dato origine alle ineguaglianze e a tutte le relative miserie. I ricchi hanno una quantità superflua di cose di cui non hanno bisogno, e che perciò sono trascurate e sciupate, mentre milioni di individui muoiono di fame per mancanza di sostentamento.
Se ciascuno possedesse soltanto quello che gli occorre, nessuno sarebbe nel bisogno e tutti vivrebbero soddisfatti.

Così come stanno le cose, i ricchi sono insoddisfatti non meno dei poveri. Il povero vorrebbe diventare milionario, e il milionario multimilionario. I ricchi dovrebbero prendere l’iniziativa di privarsi dei loro possessi allo scopo di diffondere universalmente lo spirito di appagamento. Se soltanto mantenessero le loro proprietà entro limiti moderati, l’affamato sarebbe facilmente nutrito e imparerebbe insieme al ricco la lezione dell’appagamento.
[…] L’eguaglianza economica è la chiave di volta dell’indipendenza non-violenta. Lavorare per l’eguaglianza economica vuol dire abolire l’eterno conflitto tra capitale e lavoro. Vuol dire da un lato abbassare i pochi ricchi nelle cui mani si concentra la maggior parte della ricchezza della nazione, e dall’altro innalzare i milioni di individui nudi e semiaffamati.

Un sistema di governo non-violento è evidentemente impossibile fino a quando persiste il profondo abisso tra i ricchi e le moltitudini di affamati. […] Una rivoluzione violenta e sanguinosa è inevitabile, un giorno o l’altro, a meno che non si giunga a una volontaria rinuncia delle ricchezze e del potere che le ricchezze danno, e a una loro suddivisione per il bene comune. […] È vero che è difficile da attuare. Anche la non-violenza è difficile da conquistare.

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