Agromafie e caporalato

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A cura di Libera Asti.

Di “agromafie e caporalato” si è parlato mercoledì 6 marzo durante il terzo e ultimo appuntamento del corso di formazione “La cittadinanza negata: mafie e corruzioni”, organizzato dal Coordinamento provinciale dell’associazione “Libera”, in collaborazione con Astiss e Acli.
Una numerosissima e attenta platea di docenti, rappresentanti delle forze di pubblica sicurezza, giornalisti e cittadini ha seguito con grande partecipazione l’intervento di Giancarlo Caselli, Presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Agromafie e Presidente Onorario di Libera ...

Presentato dal giornalista Beppe Rovera, che gli ha inizialmente posto alcune domande su momenti della sua carriera di magistrato e procuratore, Caselli ha voluto far precedere il suo intervento sulle agromafie partendo da ciò che ne sta a monte, ossia il concetto di legalità. Rivolgendosi agli insegnanti presenti, ha chiesto loro di parlare ai propri allievi di legalità come vantaggio per la qualità della vita. «Il rispetto delle regole» ha detto «migliora la convivenza civile, perché ogni recupero di legalità è un passo verso la migliore distribuzione di risorse verso la giustizia sociale».
E mafia, corruzione ed evasione fiscale sono i tre mali che rubano una ricchezza enorme alla nostra società, privandola del diritto a vivere meglio e alla felicità.

Ha poi sviluppato il discorso della legalità applicata alla filiera agroalimentare, a tutela del cittadino e dell’economia virtuosa. Le mafie, ha continuato, sono massicciamente presenti in tutti i segmenti del settore agroalimentare: nel possesso di terreni agricoli, addirittura nella proprietà dell’acqua, nella gestione della piccola e grande distribuzione, nel controllo dei grandi mercati ortofrutticoli, nel dominio del trasporto su gomma, nel possesso di alberghi e ristoranti, nel mercato dell’italian sounding. Ciò accade per molteplici cause: perché il settore agroalimentare offre ottime opportunità di investimento con una bassa intensità espositiva; perché la normativa nell’agroalimentare è vecchia e non più in grado di porre freni a comportamenti criminali; perché siamo di fronte a una mafia “liquida”, che ai vecchi metodi associa quelli delle nuove generazioni, laureate presso le più prestigiose università italiane e straniere: una mafia che assume i migliori cervelli sul mercato, grazie ai quali si affina mostrando un aspetto “perbene”, che le permette di accedere a fondi come quelli europei o ai finanziamenti pubblici.
È la mafia “camaleonte”, che si trasforma e si adatta alle diverse esigenze di tempo e luogo per il nuovo business mafioso, che agisce sottotraccia e incrocia rapporti con politica, finanza ed economia.

Come fare per combattere le agromafie?
Basterebbe usare la moneta elettronica, controllare con banche dati le auto in entrata e in uscita, seguire il denaro, ossia le criptovalute, l’offshore, i fondi di investimento. Inoltre, facendo riferimento alla Commissione per la revisione dei reati agroalimentari da lui presieduta e istituita dal ministro Orlando durante Expo 2015, Caselli ha indicato quelli che potrebbero essere strumenti efficaci per contrastare fenomeni di contraffazione, ad esempio l’introduzione di nuovi reati quali il “disastro sanitario”, il reato di “agropirateria”, l’estensione dei limiti di ammissibilità delle intercettazioni, una nuova disciplina per le operazioni di prelievo e campionamento a sorpresa, la possibilità di ricorrere ad accertamenti tecnici più incisivi (come l’esame del DNA).

Citando poi il generale Dalla Chiesa, ha ricordato che la più importante azione di contrasto alla mafia si fa attuando una “antimafia sociale e dei diritti”, diritti che in diverse aree del nostro Paese non sono ancora soddisfatti dalle istituzioni pubbliche. È questa insoddisfazione che viene intercettata dal sistema mafioso, che trasforma i diritti in favori per poi esigere sudditanza e acquiescenza.

Nell’ultima parte del suo intervento, l’ex-magistrato ha parlato della piaga del caporalato, che non riguarda solo il settore agricolo, ma anche quelli dell’edilizia, della logistica... Una delle sue cause è da ricercare nelle cosiddette aste al doppio ribasso, che strozzano il venditore e il produttore, e che stanno al vertice di quella catena che porta poi alle forme di schiavismo che purtroppo conosciamo.
Il caporalato è drammaticamente diffuso in tutto il mondo, dalla Nigeria, alla Birmania, al Vietnam, alla Spagna. In Italia è presente in molte regioni e pone in stato di vera e propria schiavitù migliaia di persone, sia straniere provenienti dai paesi slavi e africani, sia italiani, costretti a lavorare in condizioni disumane per pochi soldi e senza alcuna tutela. È difficile però contrastare tale fenomeno, anche perché esiste la percezione del caporalato come qualcosa di normale, che fa girare l’economia e ne è elemento strutturale.
Per sconfiggere questo sistema criminale esistono dei rimedi, basterebbe accorciare la filiera, renderla trasparente (attraverso l’etichettatura parlante), responsabilizzare i protagonisti, l’opinione pubblica e l’informazione.

A conclusione dell’intervento, Caselli ha citato Peppino Impastato che definì la mafia “una montagna di merda: frase che deve essere un monito per tutti coloro che, in particolare nel settore agroalimentare, su di esso fanno affari.

In tre ore fitte di esposizione, Giancarlo Caselli ha incantato un’aula magna gremita di persone, che lo hanno seguito con grande interesse, sottolineando più volte con applausi le sue parole.

Il prossimo appuntamento di Libera ad Asti sarà il 21 marzo, “Giornata Nazionale della memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” che verrà celebrata in diversi luoghi della città – la Questura, l’Ospedale Cardinal Massaia e i cortili e i corridoi delle scuole Baussano, Cagni e Goltieri - con momenti di lettura pubblica dei nomi delle vittime di mafia a cui tutti i cittadini sono invitati a partecipare.

NOTA DELLA REDAZIONE:
Ringraziamo Isabella Sorgon e tutti gli amici di Libera Asti per questa ottima sintesi dell'incontro con Caselli: raccontarlo per intero, nei suoi preziosi dettagli, sarebbe impresa titanica tanto approfondita e appassionata è stata la sua analisi di un "pezzo" di storia del nostro Paese che va dalla lotta contro le Brigate Rosse all'assassinio di Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa, dal controverso rapporto Stato-Mafia alle collusioni con la Politica.
Alla sintesi di Libera Asti vogliamo ancora aggiungere qualche "titolo" su cui Caselli si è soffermato, che lasciamo alle riflessioni personali dei nostri lettori:

- Dopo gli attentati a Falcone e Borsellino, il magistrato Antonino Caponnetto a Palermo disse: «è tutto finito, non c'è più niente da fare». Anche oggi la magistratura è sistematicamente sotto attacco.

- «A seconda dei momenti, sono stato accusato di essere prima fascista (mentre indagavo sulle BR), poi comunista (inchieste su Berlusconi e Dell'Utri), poi nuovamente fascista (azioni criminali contro la TAV): purtroppo i giudici vengono attaccati non per le loro eventuali mancanze o errori, ma per pura ideologia e secondo precisi disegni».

- Giulio Andreotti è stato giudicato e condannato dalla Corte d'Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Era stato assolto in primo grado, ma nell'ultimo grado di giudizio, la II sezione penale della Corte di Cassazione ha citato il concetto di "concreta collaborazione" con esponenti di spicco di Cosa Nostra fino alla primavera del 1980, presente nel Dispositivo di Appello. Il reato commesso non era però più perseguibile per sopravvenuta prescrizione e quindi si è dichiarato il "non luogo a procedere" nei confronti di Andreotti.
Poche settimane fa la sua figura è stata ricordata prima attraverso una mostra fotografica al Senato, alla presenza della presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, poi al Parlamento Europeo...

- Ai giovani bisogna far comprendere che la legalità conviene: se vincono le "guardie", a ciascuno di noi viene molto in tasca. Per questo non bisogna delegare solo alle Forze dell'Ordine la lotta alla criminalità: senza regole vincono sempre i violenti e gli arroganti. E il nostro obiettivo è la felicità!

- Cosa sono le regole e a cosa servono? Immaginiamoci un semaforo, la regola delle regole. Il semaforo è un elemento oggettivo: esiste. E' anche un elemento soggettivo: devo evitare di andarci a sbattere contro e devo anche evitare di causare un incidente e scongiurare un pericolo per me e per chiunque. Ma è anche un elemento etico: un semplice metodo, riconosciuto e accettato da tutti, per vivere insieme e meglio.

- Qualche cifra sulle agromafie in Italia: un giro d'affari di quasi 24,5 miliardi di euro all'anno con un balzo del 12,4% nell`ultimo anno; 60 miliardi di euro all'anno di "Italian sounding" (il ricorso improprio a denominazioni geografiche che si rifanno all’Italia per indurre all’acquisto di prodotti che in realtà non sono italiani); 130/150 miliardi di euro all'anno derivanti da minori occupati regolari. In totale circa 230 miliardi di euro all'anno che finiscono nelle tasche della criminalità anzichè nell'economia sana del Paese.

- Infine Caselli ha posto una domanda a tutti i presenti (ma non ha fornito la sua risposta....): da un punto di vista etico e morale, c'è una sostanziale differenza tra le catene della Grande Distribuzione Organizzata che riducono i margini dei loro fornitori attraverso aste al ribasso e i mafiosi che chiedono il "pizzo"? Il richiamo alla questione del pecorino sardo (anzi, romano) balza facilmente alla memoria...