L'anno prossimo ad Asti si vota ...

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ImageLa scorsa settimana vi abbiamo proposto il testo di un appello rivolto alle forze della sinistra astigiana in vista della prossima scadenza elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di Asti, che ha ricevuto qualche commento pubblico e molte considerazioni private.

Questa settimana vi invitiamo a leggere due opinioni integrative ...

Alessandro Mortarino:

In molti mi hanno chiesto negli ultimi giorni di aderire ad un appello "elettorale" ( https://www.altritasti.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1144&Itemid=1 ) rivolto alle forze politiche della sinistra astigiana, cosa che ho preferito non fare non essendo io un elettore della città di Asti (sono un astigiano, sì, ma della provincia ...). Ho confessato, però (e credo sia corretto farlo ora pubblicamente), che oltre alla mia "scusa" anagrafica esiste anche una mia discreta ritrosia sul contenuto stesso dell'appello.

Che certamente andrebbe firmato per "spirito di corpo", per amicizie personali, per condivisione di battaglie pluriennali.

Ma, allo stesso tempo, NON andrebbe firmato in quanto manca di necessarie (a mio avviso) proposte preventive; tanto da correre il rischio di essere scambiato per una richiesta quasi supplichevole: "ascoltateci, teneteci in considerazione" ...

Diciamo che questo appello forse andrebbe rivisto, ridotto, reso drasticamente a prova di possibili equivoci.

Pochissime parole, ad esempio:

Appello: "...affinché anche Asti possa vivere il vento di cambiamento!".

Noi sottoscritti, semplici cittadini elettori, simpatizzanti e militanti delle forze politiche del centro sinistra e della sinistra, animatori di associazioni ambientaliste, di coordinamenti e movimenti per la difesa dei beni comuni, per la difesa e la valorizzazione della dignità delle persone, per la difesa del lavoro e della dignità nel lavoro,

Ci appelliamo

alle forze politiche del centro sinistra e della sinistra affinché anche Asti possa vivere il vento di cambiamento che si è respirato nel Paese in occasione dei recenti referendum e delle elezioni amministrative, facilitando un percorso di partecipazione ampia che ponga le basi per i programmi di una prossima coalizione che si candidi alla guida del Comune di Asti, definendo alcune prioritarie tematiche sociali ed ambientali chiaramente già suggerite dal percorso che (tanto a livello nazionale, quanto a livello locale) cittadini, Movimenti e Reti organizzate hanno promosso e proposto negli ultimi anni e che si indirizzano verso un definito obiettivo collettivo: contribuire al cambiamento di un modello di società basato sui consumi.

In particolare:

1. Restituire dignità al ruolo dell'amministrazione pubblica e salvaguardare i Beni Comuni, individuando criteri corretti di gestione pubblica di tutti i primari servizi locali (anche con appositi percorsi di ri-pubblicizzazione), come suggerito dalle azioni del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e dalla rete delle 67 organizzazioni che danno vita al Comitato Astigiano a favore delle Acque Pubbliche;

2. Arrestare il dilagare di una urbanizzazione senza confini, attraverso questo semplice “schema” suggerito dal Movimento Stop al Consumo di Territorio:

a. Sospendere il Piano Regolatore Comunale attualmente in vigore, basato sull’ipotesi di una città con oltre 120.000 residenti.

b. Effettuare un rapido censimento che metta in luce il numero e le metrature delle abitazioni e dei capannoni presenti in città ma vuoti/sfitti.

c. Creare un tavolo obbligatorio di analisi di questi dati aperto a tutti i cittadini, ai tecnici ed agli amministratori pubblici, con un preciso obiettivo: costruire assieme la nuova pianificazione urbanistica della città per i prossimi 10 anni (almeno).

Questa, che potrebbe apparire come una sorta di utopica “rivoluzione”, è la strada che già diversi Comuni italiani hanno intrapreso; dal censimento è emerso che un dato medio pari al 30-40 % degli edifici presenti nelle rispettive città è tristemente vuoto e non utilizzato.

Forti di questo dato, i cittadini hanno scelto – tutti assieme - di creare un nuovo Piano regolatore a “crescita zero”: niente più nuove costruzioni ma solo recupero dell’esistente …

3. Mettere in campo un concreto piano di assistenza ai ceti più deboli: alloggi a canone sociale, asili nido a misura delle esigenze delle famiglie, case protette per i soggetti più svantaggiati ecc., come suggerito dal Coordinamento Asti Est. Tutti questi servizi potrebbero essere finanziati attraverso la fiscalità generale ed i risparmi ottenuti attraverso una attenta analisi dei bilanci comunali (sul modello della campagna “Sbilanciamoci”) e relativi tagli delle spese non strettamente strategiche.

4. Stimolare lo sviluppo di iniziative imprenditoriali in forma cooperativa da parte delle giovani generazioni, in particolare negli ambiti dell’agricoltura biologica/biodinamica (incentivando parallelamente la nascita di Gruppi di Acquisto Solidali e/o Collettivi), delle energie alternative (impianti fotovoltaici, geotermia ecc.), del turismo culturale, della ricerca.

Con un appello del genere/simile (ovviamente con tutte le opportune modifiche ed aggiunte opportune) si sarebbe offerto a chiunque la possibilità di ragionare su proposte-cardine e non soltanto su un “meccanismo” che rischia di portare tutti ad un gran lavorio per raggiungere i “numeri” per vincere le elezioni anziché individuare (da subito …) soluzioni reali, abbordabili, condivisibili, condivise.

Se i 4 punti che ho prima indicato sono nell’agenda di una prossima possibile coalizione, e tra le priorità essenziali, bene: lo si dica e si agisca di conseguenza.

Se i 4 punti NON sono alla base di un programma condiviso, allora lo si dica. E non si parli più di “fare politica”, ma solo di come gestire i consensi ed il potere che ne potrebbe (con il condizionale) derivare …

Alessandro Mortarino

Carlo Sottile:

Certo che aderisco. Per due ragioni. Perché qualunque coalizione si presenti, purché incontri anche solo sul piano elettorale le ragioni di un malessere ormai diffuso in ampi strati della società, ha grandi possibilità di successo (è il succo della cosiddetta alternanza). Perché una coalizione che in qualche misura ha già incontrato le ragioni di quel malessere, ne ha colto la natura, ne ha già valorizzato il potenziale di alternativa, può forse attraverso l'esperienza del governo locale e delle spoliazioni di sovranità che quel governo ha già subito (si può dire, a ragion veduta, che ormai è prossimo ad essere una succursale della banca europea), cogliere meglio i nessi sociali e politici di una alternativa di sistema.

Dico due parole su questa seconda ipotesi, che è quella che è affiorata spesso nelle molte discussioni che ho avuto con i compagni, rimanendo però allo stato di preliminari. E' una ipotesi con alcune premesse che vanno però esplicitate. La prima è la natura della crisi. E' una crisi di sistema che consegue all'affermarsi planetario del neoliberismo, vale a dire l'idea che il mercato e tutti i suoi sofisticati strumenti possano essere la misura di tutte le cose e di tutte le umane aspirazioni, libertà compresa. Questo affermarsi non ha prodotto i risultati attesi anzi, ha prodotto uno sviluppo sociale ed economico insostenibile, guerre, bombe ecologiche, abissali disuguaglianze, la rottura di legami sociali che avevano trovato conferma nella cultura e nelle Carte, segnando un secolo. Questo disastro ha generato però anche degli anticorpi, quelli che noi abbiamo indicato e ancora indichiamo genericamente “movimenti”, le insorgenze di un altro mondo possibile, vale a dire tutte quelle soggettività che si sono caratterizzate con una critica/pratica del sistema, in tutte le dimensioni degli umani comportamenti, dal consumo di cultura ai consumi, dal mercato al rapporto con il territorio, dalla affermazione dei diritti (costituzionali) alla ridefinizione dei “beni” e delle forme della democrazia.

L'altra premessa, che discende naturalmente dalla prima è che le forme dell'agire politico che si stanno “necessariamente” sperimentando sono assai lontane da quelle di cui molti di noi (di una certa età) hanno avuto esperienza di pratica e di cultura.

Quelle forme sono esauste, per non dire morte, dobbiamo rassegnarci. Provo a semplificare. Non ha più senso dire “i movimenti devono trovare una sponda politica”, sottintendendo che quella forma sono i partiti con il relativo corredo di sovranità, dunque di rappresentanza, e di luoghi in cui esercitarla. Per la semplice ragione e ovviamente per coerenza di analisi, che anche il più modesto “movimento” si trova “necessariamente” a dover affrontare subito, ai limiti più prossimi del proprio agire, problemi politici (nel senso di polis), e dunque di sovranità (di potere), di forme in cui esercitarla nonché problemi di senso (nel senso di visione del mondo).

Quando si dice, giustamente, che il neoliberismo ha chiuso (o sta definitivamente chiudendo) ogni spazio di compromesso sociale, bisogna trarre tutte le conseguenze di una simile affermazione. Non solo per raziocinio ma perché quella chiusura, un processo che si è protratto per più di vent'anni, comincia ad annunciare adesso, attraverso le contraddizioni che mostra, la rovina dei suoi protagonisti, banchieri e finanzieri con la corte di economisti e premi nobel e con i funzionari della governance planetaria, senza legittimazione democratica. Vorremmo seppellirli con una risata se non fosse che anche il ridicolo è confuso ancora da troppi con la saggezza.

A me pare che il recente testo pubblicato dal Manifesto “Siamo indignati, costruiamo l'alternativa” esprima bene questo punto di vista e possa costituire la griglia di indirizzi di “politica comunale” (nel senso di polis), con cui promuovere un pubblico confronto. Io dico semplicemente: non si può pensare di poter governare “dal palazzo” senza valorizzare i “movimenti” (forme di democrazia diretta, partecipata), solo così possono avere senso ed efficacia indirizzi (tutela dei diritti costituzionali, promozione di uno sviluppo socialmente ed economicamente sostenibile, un nuovo apprezzamento del valore delle cose) che “rompano” la pratica amministrativa precedente (soprattutto in materia urbanistica e dei servizi sociali).

Ciò che si vede adesso, è una rappresentazione pubblica del gioco di rimessa che caratterizza le alternanze, la miseria di una politica estenuata, senza spazi di cultura e di pensiero in cui esercitarsi, insomma l'ordinaria amministrazione che, dato il contesto, conferma una perenne emergenza sociale e rischia costantemente la deriva dell'ordine pubblico, del pregiudizio, della superficialità.

C'è bisogno di disubbidienze responsabili, di azioni non conformi, del piacere di fare la cosa giusta.

Carlo Sottile