Agrivillage e Porta del Monferrato: uno scippo per il territorio

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di Guido Bonino.


In un momento in cui l'economia, non solo del nostro territorio, appare asfittica e con sporadici quanto deboli segnali di ripresa, il volersi appropriare di una parte di essa appare non solo uno sgarbo verso coloro che negli anni hanno resistito impegnando le loro risorse e sovente i loro risparmi per sostenere i propri esercizi commerciali, ma anche un affronto in quanto ciò significa impossessarsi delle tradizioni e del patrimonio storico e culturale  ai soli fini di fare cassa per il proprio tornaconto ...

Se anni – o secoli – hanno creato un'identità del Monferrato, e con essa i suoi prodotti, la sua enogastronomia frutto del lavoro delle vigne delle nostre colline, di un'orticoltura di pregio, di allevamenti selezionati, di rispetto della natura, oggi - nel nome di un rilancio economico dell'Astigiano -  c'è chi si vuole impossessare di tale patrimonio per convertirlo ai propri interessi.

Il presentare concentrazioni commerciali quali poli di attrazione sul territorio, ben sapendo che l'interesse dei visitatori non sarà altro che la novità proposta con il passaggio dalle casette in cartongesso degli outlet oggi esistenti, alle riproduzioni di cartapesta di quelle cascine che da sempre occupano – e ne sono il simbolo - le nostre campagne ed i crinali dei nostri paesi, con l'unico scopo di sostituire l'immagine ormai stereotipata ed obsoleta dei primi, con quella nuova del “tipico” associandovi la vendita di prodotti da sempre patrimonio del nostro territorio.

Sì, “TIPICO MONFERRATO”, ovvero lo slogan che per anni è campeggiato alle sagre settembrine, sta per essere scippato agli agricoltori, alle loro stalle, alle loro cantine, per vendere un prodotto che non sarà più il loro, ma destinato a diventare richiamo, specchietto per le allodole, di punti vendita che nulla hanno a che vedere con il loro lavoro,  le loro tradizioni.
Se Oscar Farinetti, nel diffondere i suoi prodotti ed i suoi punti vendita, afferma che la massima sua attenzione sta nel dialogare con il consumatore, spiegargli le origini di un prodotto per far sì che ne comprenda la genuinità e la tradizione che lo ha generato, come si potranno proporre alimenti ed artigianato in strutture create ad arte là dove si è sempre solo praticata la fienagione per un caso (Agrivillage) o si sono prodotti manufatti elettrici e non (Porta del Monferrato) ?

Il binomio tempo e spazio, il primo da sempre utilizzato per le produzioni di pregio, ed il secondo proprio della diffusione di tali produzioni nel nostro territorio, verrebbero “concentrati” in due iniziative immobiliar-commerciali che se per loro stessa origine negano tali premesse, mirano esclusivamente ad impossessarsi di un patrimonio da sempre prodotto nel rispetto di tale binomio.
Se l'agricoltura e l'artigianato  hanno da sempre dato le loro produzioni, che attraverso un sistema commerciale “diffuso” sul territorio giungevano al consumatore, ora ci si vuole impadronire del loro prodotto finale per gestirne la vendita. Non ipermercati – anch'essi ormai scartati ed obsoleti -, ma formule che richiamino il “tipico”, dando accesso attraverso una porta dalla quale i clienti della grande città entreranno ed usciranno, in spazi artefatti ove le merci di sempre faranno la loro comparsa per popolare poi i bagagliai con i quali indaffarati turisti del fine settimana avranno l'effimera sensazione di aver toccato con mano, respirato, vissuto il “TIPICO MONFERRATO”.
Chiariamo allora loro cos'è la porta di una cascina, di una cantina, di una stalla, ma anche e specialmente di un negozio del nostro concentrico che da anni ricerca, gestisce e seleziona prodotti, e che da sempre ha costituito la risorsa commerciale ed alimentare dei suoi cittadini dando spazio a quei sapori che l'industria agroalimentare non riesce a produrre o riprodurre proprio a causa delle sue dimensioni e produzioni asservite sin dall'origine all'economia di scala.
Comunicazione, strade prive di buche, parcheggi, segnaletica dei percorsi del “tipico” (e non già quegli orribili cartelli che vorrebbero pubblicizzare le strade del vino) sono gli elementi sui quali il “pubblico” deve agire per non lasciare da soli quei commercianti che non solo rappresentano da sempre occupazione, ma anche e soprattutto non devono essere “scippati” delle loro attività.