Verso la privatizzazione di Gaia

Stampa


di Alessandro Mortarino.


Entra nel vivo il dibattito sul nuovo piano industriale presentato dagli amministratori di GAIA-Gestione Ambientale Integrata dell'Astigiano, società per azioni a capitale completamente pubblico (gli azionisti sono 115 dei 118 Comuni della Provincia di Asti; tutti, cioè, tranne Moncalvo, Mombaldone e Moncucco Torinese), che prevede - anche e soprattutto - l'ingresso di un socio privato a cui verrebbe riservato il 45 % del capitale aziendale. E' una scelta giusta ? Un danno per la collettività ? Una opportunità o un male necessario ? Apriamo un dibattito, iniziando dalle considerazioni di Anna Bosia, responsabile della gestione degli impianti di Gaia oltre che consigliere di minoranza nel Comune di Asti ...


La "comunità" di AltritAsti è saldamente ancorata all'idea che il Pubblico debba gestire tutti i servizi primari; da questo punto di vista generale, dunque, la privatizzazione del 45 % di Gaia pare una ennesima sconfitta, difficile da digerire. Eppure è evidente che, alla base, esistano motivi concreti per giustificare questo drastico piano industriale presentato ai Comuni-Soci. Quali sono ?


Permettimi di risponderti con la visione del dipendente di Gaia, anzichè quella dell'amministratore pubblico. I motivi sono parecchi e cerco di sintetizzarli. In primo luogo gli impianti di Gaia S.p.A. sono ormai al loro 13° anno di vita, essendo stati avviati tutti all’inizio del 2003. Il trattamento dei rifiuti è un’attività piuttosto aggressiva per cui le linee di lavorazione oggi risultano molto usurate. Per continuare a lavorare con i buoni ritmi di oggi (e mantenere i posti di lavoro), è indispensabile procedere al rinnovo degli impianti. Faccio un esempio: l'impianto di Valterza lavora incessantemente 16 ore al giorno da 13 anni ...
Ora la legge di stabilità 2015 impone ai Comuni di accantonare le risorse economiche necessarie agli investimenti del triennio per le società “in house”, ma i Comuni  non hanno neanche i soldi per aggiustare i loro marciapiedi, per cui l’entrata di risorse dalla vendita delle quote diventa vitale ed indispensabile. Poiché il piano industriale prevede investimenti per oltre 10 ML di €, è improbabile riuscire a farsi finanziare con
mutui: le banche non sono poi così disponibili. Non fare questo passo, potrebbe significare perdere in poco tempo posti di lavoro.



Dunque per restare sul mercato, il soggetto pubblico Gaia deve trarre risorse finanziarie dall'ingresso di un partner privato ...

La vendita è a doppio oggetto. Questo vuol dire che l’acquirente dovrà avere i requisiti di soggetto operativo e quindi dovrà soddisfare due aspetti: entrare nella società con un aumento di capitale (mettere cioè i soldi nel fondo societario, non meno di 6 ML di €), ed avere un termovalorizzatore. In questo modo l’ATO di Asti potrà finalmente chiudere il ciclo integrato secondo le disposizioni della Regione, senza dover costruire un inceneritore sul proprio territorio (in quanto andrà a saturare un impianto già esistente). Inoltre i requisiti richiesti per la vendita a doppio oggetto sono tali da escludere tutte quelle ditte che potrebbero disporre del capitale richiesto, ma che potrebbero tuttavia non essere "affidabili". Il requisito di socio operativo dotato di inceneritore restringerebbe il campo alle ditte note, anch’esse miste pubblico/privato o quotate in borsa (A2A, Iren, Hera, LGH).


Questa operazione renderebbe quindi finalmente azzerato il vecchio dilemma sulla necessità di dotare Asti o l'astigiano di un inceneritore, termine che preferisco utilizzare in luogo del più "delicato" termine "termovalorizzatore" ...


Esatto. E occorre anche tenere ben presente che la discarica di Cerro Tanaro si sta velocemente esaurendo e non abbiamo al momento nessuna alternativa. Non fare questo passo potrebbe gettare il bacino astigiano nello sconforto dell’emergenza.


Anche se è da anni che la scadenza della discarica di Cerro è un dato certo e conosciuto da tutti, nonchè puntualmente costellato di proroghe.


Verissimo. Tutti lo sanno ma, nel tempo, nulla è stato approntato come alternativa.



In questi anni Gaia non si è limitata a trattare i rifiuti conferiti dai suoi Comuni-Soci ma ha partecipato e vinto anche bandi fuori provincia, con ottimi risultati.


Il regime “in house” delle aziende interamente pubbliche, come è Gaia S.p.A., penalizza molto il loro sviluppo in quanto limita al 20% il fatturato che si può raggiungere con attività che non siano a favore dei Comuni facenti parte dell’ATO, mentre sono proprio queste le attività che permettono di contenere la tariffa di smaltimento per i Comuni stessi. Gaia è ormai al limite di tale percentuale. Con l’entrata del socio privato verrebbe a cadere questa limitazione, dando a Gaia la possibilità di ulteriori attività di sviluppo con vantaggi economici per i Comuni e incremento dei posti di lavoro.


Detto così parrebbe che l'avvento del socio privato (o misto pubblico/privato) darebbe uno sviluppo al "business" dell'azienda Gaia. Ma il dubbio che molti cittadini e numerosi Sindaci, Assessori, consiglieri comunali che abbiamo avuto modo di interpellare in queste settimane continuano a indicare è che la rilevanza delle quote acquisite dal privato potrebbe causare scelte dolorose per i nostri impianti ...

Chi sostiene che con la privatizzazione, e l’incremento delle attività, il polo di trattamento rifiuti di Valterza diventerà una pattumiera di Asti e non solo, è piuttosto disinformato: la gran parte del lavoro per i soggetti diversi dai Comuni si svolge nell’impianto di valorizzazione dei rifiuti da raccolta differenziata. Si tratta di carta, plastica, imballaggi vari che entrano in impianto per essere selezionati e valorizzati e escono verso altri impianti di recupero. Sono materiali che non comportano impatto ambientale, non inquinano e non puzzano. Sono invece occasione preziosa per l’occupazione e i posti di lavoro. In questi anni Gaia si è specializzata in attività che riguardano il recupero dei materiali dai rifiuti ed ha sviluppato occupazione in questo campo. Peraltro una ulteriore richiesta che verrà fatta al socio privato è di sviluppare l’attività commerciale proprio per sviluppare questa parte di attività.
Dal punto di vista della normativa, dopo il referendum nazionale del 12 e 13 giugno 2011, visto che lo smaltimento rifiuti è un servizio pubblico, Gaia sarebbe a posto restando pubblica, ma le motivazioni sopra elencate ci fanno credere che le scelte operate siano il miglior modo per superare il groviglio normativo in cui le aziende pubbliche si trovano.


Questo, in sintesi estrema, è il quadro di riferimento attuale: il socio privato (o pubblico/privato) pare la conditio sine qua non per consentire a Gaia ed ai suoi impianti di proseguire l'attività in termini accettabili anche sotto il profilo normativo e finanziario.

Alternativa possibile ? Dal punto di vista finanziario occorrerebbe la volontà dei Comuni astigiani ad impegnarsi nel progetto di sostenere direttamente il piano industriale di Gaia, dunque versando i 6 ML. (almeno) di euro individuati per la copertura degli investimenti del prossimo triennio. Questi fondi crediamo che i nostri Comuni non li abbiano e il sistema bancario "normale" difficilmente sarà disponibile a sostenere un progetto simile (oggi le banche non finanziano neppure gli investimenti pubblici per il settore idrico ...).
Quindi occorrerebbe premere sul governo centrale per ridare alla Cassa Depositi e Prestiti quel ruolo di finanziatore degli Enti Pubblici, gravemente abbandonato nel tempo.
Occorrerebbe dunque un'azione politica, rapida ed incisiva. Per farlo occorre un po' di volontà e di coraggio, tenendo presente che il bilancio 2014 di Gaia chiuderà con un risultato positivo attorno ai 500.000 euro. Che ci auguriamo non vengano distribuiti ai Comuni-Soci ...

Le questioni normative (quota di fatturato extra per le società in house e obbligo di prevedere la gestione completa del trattamento dei rifiuti sino alla discarica ed all'inceneritore), invece necessiterebbero di una seconda azione, altrettanto rapida ed incisiva, per modificare i parametri attuali.

La parola, ora ai Comuni e ai loro amministratori.
Come cittadini, noi chiediamo di "provarci" prima di dover cedere a scelte obbligate. I tempi sono ormai strettissimi ed è un peccato che per mesi il dibattito sia stato tenuto ai minimi termini per trovarci, ora, con le armi spuntate a domandarci "che fare ?".

I cittadini chiedono di "provarci".
Lo chiediamo alla politica ...

Il dibattito è aperto.