Apartheid urbano

di Carlo Sottile, Coordinamento Asti-Est.

I “tetti blu” sono il nucleo di Erp (Edilizia Residenziale Pubblica) compreso tra corso Casale e Valgera. Nelle cartografia del PRG, l’area è ancora identificata con la sigla Cp1. Ho sotto gli occhi una carta del '92 quando l’urbanistica declinava, ormai solo a parole, arte e funzionalità nell’interesse pubblico. Poi l’accento è caduto definitivamente sulla proprietà e sul mercato. L’urbanistica ha sciolto la sua natura programmatoria, dunque democratica e prescrittiva, in una contrattazione senza fine e senza esiti prevedibili, tra assessori e possidenza a vario titolo ...

Ebbene, i “tetti blu” si possono iscrivere, come vedremo, in questa seconda e perdurante urbanistica.
Vista da vicino, quell’area è un esempio dell’apartheid urbano che va facendosi anche nella nostra città (sopra i ricchi sotto i poveri), come un po’ dovunque, nelle città ad “alta tensione abitativa” (dove c’è una cospicua parte della popolazione che fa fatica a trovare casa).
Nell’area Cp1 è molto attiva un'Associazione (Madre Teresa di Calcutta). I suoi interventi più visibili, tra i molti tutti lodevoli - parlo della cura del verde pubblico, nella parte più prossima alla collina e dell’organizzazione di un ricorrente evento ludico/commemorativo, rivolto ai bambini di tutta l’area - mostrano paradossalmente e a dispetto degli stessi promotori, come agiscono sul tessuto sociale ed urbano le differenze di classe, la disuguaglianza, e le presenti politiche di trasformazione del territorio.

I “tetti blu”, quattro condomini di Erp, che sorgono nella parte dell’area Cp1, più prossima a Corso Casale, assommano tutte le caratteristiche di una urbanizzazione che, fin dalla progettazione degli edifici (modello case di ringhiera ... anni '40), si fa “estranea” alla storia sociale che va condensandosi nei suoi d’intorni. In altri termini, il lungo percorso di privatizzazioni di beni pubblici, compreso il bisogno abitativo dei ceti popolari - che la la legge Lupi/Renzi 80/2014 ha portato a definitivo approdo, rendendo residuale la Erp e criminalizzando la povertà (art. 5) - ha avuto lì, ai “tetti blu”, uno dei suoi esiti peggiori.
Non c’è alcuna traccia di autogestione, modalità ormai accreditata solo nei Regolamenti dell’Atc. Un'assenza che si osserva soprattutto negli spazi condominiali, dove la tutela della privacy e i modi di vita sottratti a qualsiasi regola comunitaria (ognuno per se e Dio per tutti), hanno prodotto uno straordinario (sontuoso e babilonese) fai da te, insieme ad una altissima conflittualità tra gli stessi assegnatari.

C’è chi si è costruito la piscina, chi il personale soggiorno all’aperto, chi ha trasferito i confini della privacy sulle balconate comuni, con piccole opere di ristrutturazione, muretti, cortine arboree. C’è ovviamente chi ha subito e subisce tutto questo.
Ma non c’è neppure traccia di una presenza attiva dell’Atc (Agenzia Territoriale della Casa).
L’amministrazione dei condomini è delegata ad improbabili imprese, che neppure documentano il loro operato. I bilanci consuntivi e preventivi sono disponibili solo a richiesta. L’Agenzia, sollecitata dagli assegnatari, vuoi per opere di manutenzione, vuoi per l’uso degli alloggi, spesso improprio, come si è visto, non risponde o tacitamente acconsente o dichiara la propria impotenza.
“Non ci sono più soldi” è una frase ricorrente in bocca ai funzionari, che suona involontariamente come la parodia degli omologhi protagonisti dei noti episodi di corruzione. Mentre un alloggio con l’ingresso murato da tempo, assurge involontariamente a simbolo di un bisogno abitativo definitivamente negato. Le graduatorie sempre più affollate e senza fine, ne sono un efficace indicatore.

Se l’Agenzia è assente, l’amministratore pubblico non lo è da meno (il Comune, l’Assessorato ai Servizi Sociali). La realtà multietnica non viene in alcun modo rilevata. Ci vorrebbe un mediatore culturale, ma i problemi di socializzazione che porrebbe richiederebbero almeno un luogo per le riunioni, che non c’è. Se si osserva lo stato del verde pubblico, fuori dalla porzione curata dall’Associazione Madre Teresa di Calcutta, l’immagine è quella dell’incuria e dell’abbandono. Se si osservano l’uso e la dislocazione dei cassonetti dell’igiene pubblica, l’immagine è quella negativa e contagiosa dell'assenza di cultura civica. Non c’è traccia di una vigilanza urbana.
Con uno sguardo più lontano dal suolo ma più attento ai processi reali, si potrebbe concludere che tutto ciò che si vede in quella situazione non è redimibile, perché quella situazione è il riflesso della cultura dominante, del cinismo e dell’opportunismo, così conformi all’agire mercantile di singoli individui, proprietari e non, in competizione tra loro.

Noi, ovviamente - e sono certo anche i volontari dell’Associazione Madre Teresa di Calcutta - siamo di un altro avviso. Presumiamo di essere capaci di sciogliere positivamente le ambivalenze, che pure ci sono, nella realtà dei fatti come nelle coscienze dei cittadini che abitano quell’area. Ma non possiamo essere i soli a sostenere questo impegno. L’idea di una autogestione degli spazi pubblici e condominiali nonché degli edifici dell’intera area Cp1, “tetti blu” compresi, non può fare a meno di un radicale cambio di passo dell’Agenzia e del Comune.

Posso sintetizzarlo così: beni comuni e diritti di cittadinanza, anteposti ai valori immobiliari e al diritto di proprietà.

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