Progetto 19 Pari: accompagnamento alla vita adulta, perché adulti lo diventiamo tutti!

di Cristina Giorgione, Università di Torino.

Il progetto “19 Pari” è un progetto attuato dal Centro Studi Universitario per i diritti e la vita indipendente dell’Università di Torino, con responsabile scientifico Cecilia Marchisio e coordinatrice Natascia Curto, promosso dal Centro Down di Asti Cepim in collaborazione con il Comune di Asti e altre associazioni del territorio ...


“19 Pari” è un progetto  - che si sta svolgendo sul territorio astigiano - di accompagnamento all’attuazione dell’articolo 19 della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, che invita gli Stati Parti a riconoscere l’eguale diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella comunità, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, attuando misure efficaci e appropriate al fine di facilitare il pieno godimento di tale diritto e della piena inclusione e partecipazione all’interno della comunità.

Il progetto si è rivolto a famiglie e a persone con disabilità nella fascia dei 20-40 anni, interessate a intraprendere un percorso di sostegno alla vita adulta, partendo dalla dimensione dei sogni e dai dialoghi aperti sul futuro, senza distinzioni di gravità. Al momento si supportano una decina di persone interessate al percorso di vita adulta e di sostegno lavorativo.

Il lavoro dei tutor per la vita indipendente
Io mi chiamo Cristina Giorgione e sono una delle tutor per la vita indipendente che ha la fortuna di partecipare a questo progetto. Il lavoro dei tutor è un lavoro di tipo educativo che accompagna le persone nell’attuazione dei propri piani individualizzati, non “speciali”, che consentano il godimento dei propri diritti. I  professionisti sono al servizio delle persone e delle famiglie, supportano la possibilità di scelta attraverso l’attivazione della rete, l’allargamento del campo esperienziale, la riflessione sull’esperienza, il riconoscimento e la valorizzazione della dimensione adulta. Le persone con disabilità non sono “poverine”, come non sono bambini o ragazzi: sono cittadini che come tutti hanno desideri e sogni di indipendenza e felicità sul proprio futuro.

La co-progettazione con le famiglie
Tutto parte dalla Co-progettazione con le famiglie e con la persona con disabilità e ciò avviene in tutte le fasi del progetto, con la condivisione totale di obiettivi, azioni e metodologia di intervento, coinvolgendo attivamente tutte le figure di riferimento (formali e informali) presenti nella vita della persona.
La Co-progettazione è ciò che permette di andare tutti verso una stessa direzione, è ciò che consente di decidere insieme e che permette di essere davvero protagonisti del proprio progetto di vita. Si lavora sui sogni, sul futuro, sulla dimensione della volontà e non sul ventaglio delle possibilità che solitamente viene offerto alle persone con disabilità.

L’attivazione della rete
La co-progettazione con le famiglie ha come modello teorico di riferimento il dialogo aperto di Jaakko Seikkula, modello finlandese di cura basato sull’attivazione della rete. Partendo da questa visione, non è la persona con disabilità che deve imparare a fare delle cose, ma è compito della comunità supportare le persone nella pratica e nel raggiungimento dei propri diritti, come l’andare a vivere da soli, lavorare, svolgere volontariato, scegliere dove e con chi vivere.
È la rete sia formale che informale, che con il giusto sostegno si rende disponibile nella ricerca di strategie e adattamenti utili alla realizzazione dei diritti. Ciò vuol dire lavorare nel contesto delle persone con disabilità, coinvolgere attivamente i colleghi di lavoro nelle aziende, gli animatori delle parrocchie, gli autisti del pullman, gli edicolanti, i baristi, i bagnini delle piscine ecc. tutte le persone dei luoghi di vita frequentati, affinché le persone con disabilità possano avere dei ruoli e mansioni utili alla società e possano esser trattate da adulte aldilà delle loro caratteristiche fisiche o cognitive.

Considerazioni personali
Personalmente trovo molto emozionante sia la co-progettazione con le famiglie che la conoscenza e il sostegno della rete delle persone. In questi mesi di lavoro, ho potuto sperimentare relazioni autentiche e vere, conoscere tante belle persone e realtà del contesto astigiano. Partendo dall’esser ospite nelle case delle famiglie, ho avuto la fortuna di conoscere pian piano anche i loro famigliari, amici e quartieri.  
Ciò di cui mi sto sempre più rendendo conto è che per attuare un vero e proprio cambiamento c’è bisogno prima di tutto di un lavoro culturale, un lavoro lungo e impegnativo dove le persone si incontrano, confrontano, scontrano, conoscono e soprattutto si rendono disponibili nel creare uno “spazio aperto” di libertà reciproca e di rispetto altrui. Con questo metodo il cambiamento in sé e negli altri non è dovuto o imposto, ma naturale e vero perché le persone si interessano, si stanno a cuore.

Le persone con disabilità, o meglio tutte le persone, non devono cambiare per poter essere accettate e accolte, si è come si è, e la ricchezza sta nel trovare modalità affinché si possano avere assicurate eguali opportunità sociali.
Credo che una società inclusiva sia possibile e ciò che fa la differenza è il come si cerca di costruirla insieme.

Contatti e recapiti
Per ulteriori approfondimenti si può seguire la pagina fecebook “Centro Studi Universitario DiVi – per i Diritti e la Vita Indipendente”, vedere la web serie “Asti Express” o contattare il Centro Studi all’indirizzo email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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