Una Rete sociale per contrastare le crisi del Sistema

Introduzione di Carlo Sottile (letta da Michele Clemente) all'incontro tra la cittadinanza attiva di Asti e Giuseppe De Marzo del 24 gennaio scorso.

Naturalmente saluto tutti i presenti che hanno raccolto le suggestioni di questo incontro, chi avendo letto il libro, chi avendo partecipato alle discussioni preparatorie. In quanto alle presentazioni di De Marzo, c’è il suo biglietto da visita, quello che è apparso almeno 50 volte sulle locandine che abbiamo distribuito ovunque, dunque Economista, giornalista, attivista e scrittore, nonché Coordinatore della Rete dei Numeri Pari e Responsabile delle politiche sociali di Libera, ha lavorato per dieci anni sul campo con i movimenti sociali latinoamericani al fianco delle popolazioni indigene e rurali. Nel 2002 viene arrestato in Ecuador per le sue attività contro le multinazionali petrolifere. Tra i coordinatori della campagna referendaria 2011 per l’acqua pubblica e contro il nucleare...

Massimo rispetto dunque a Giuseppe De Marzo.
La mia presentazione la farò, ovviamente a nome di tutti, ma non sarà il distillato di una consuetudine a lavorare insieme delle ventisette associazioni che hanno promosso questo incontro, perché questa consuetudine, voluta ed auspicata, è ancora da venire, ed è una consuetudine che questo incontro vuole promuovere e favorire, e qui cito alla lettera il nostro - delle 27 associazioni - documento/carta di intenti, che afferma “Solo un’alleanza che parta dal basso, su obiettivi e impegni concreti, capace di promuovere giustizia sociale e ambientale allo stesso tempo ricostruire nuove modalità di relazione e partecipazione, è in grado di sconfiggere la crisi di sistema e di visione che ci ha portato a essere uno dei paesi più diseguali, impoveriti e fragili del nostro continente”.
E’ indubbiamente l’espressione di un monito che ci mette alla prova.

Farò dunque una presentazione di De Marco legata alle esperienze e alle sensibilità dell'associazione di cui sono militante, che sconterà inevitabilmente le troppe differenze che ci sono ancora tra noi, i troppi indugi a lavorare insieme, e le inevitabili differenze di linguaggio, di analisi, di sensibilità alle cose. E da questo punto di vista sono sicuro che non risulterò escludente, come temono alcuni miei sodali, anzi susciterò interesse. In quanto alle differenze d’ambito e di merito delle rispettive pratiche sociali, delle rispettive azioni non conformi alla pratica e alla cultura dominanti - come le chiamo io - sono, come si dice, la nostra ricchezza e il nostro futuro, la prova che non deleghiamo ad altri, che accompagniamo le nostre parole ai fatti.
Ma se non facciamo crescere in potenza queste nostre azioni non conformi, dall’occupante di case, al soccorritore dei migranti, al coltivatore della biodiversità, al componente il gruppo d’acquisto, fino ai lavoratori più sfruttati nelle varie reti della logistica, se questa porzione di moltitudine consapevole, non supera la soglia della riconoscibilità, mi vien da dire del potere politico, resteremo lontani dallo sconfiggere la presente e minacciosa, crisi di sistema, come si diceva prima.

Uno degli antecedenti dell’evento a cui stiamo partecipando, è l’iscrizione dell'Associazione di cui sono Presidente, il Coordinamento Asti-Est, alla Rete dei Numeri Pari, promossa come è noto da Libera. Chi ne frequenta il sito web, necessariamente come persona singola, riceve subito e in molta evidenza un invito: coopera, muoviti, pensa. Ma l’invito è anche un messaggio, rivolto giustamente alla persona singola. Perché dobbiamo partire da quella, per ricostruire le comunità che il neoliberismo ha sciolto in moltitudine, una moltitudine in cui prevale l’individuo narcisista e competitivo. Tra l’altro, questa prevalenza è una delle condizioni della cosiddetta governance, una modalità di gestire il potere che fa a meno della democrazia rappresentativa e demonizza quella partecipata. Ma mostra anche un neoliberismo meno aggressivo meno scopertamente predatorio.

Ma torno agli antecedenti dell’evento a cui stiamo partecipando. I sodali del Coordinamento Asti-Est, io stesso, avevamo alle spalle, una stagione di grande impegno in difesa del diritto ad abitare, con una esperienza di quattro occupazioni, di edifici ridotti al loro valore di scambio, senza funzione sociale, si diceva, con riferimento all’art. 42 della Costituzione, una esperienza spenta a norma di decreto Minniti, e di governance locale, cioè con azioni di sgombero e azioni di riduzione del danno, quelle che non affrontano mai le cause dei problemi e alla lunga li aggravano.
Eravamo dunque alla fine di un ciclo, come si dice, alla ricerca di una voce consonante alla nostra, nella analisi, nella proposta nel linguaggio e ovviamente nei sentimenti. Abbiamo così incontrato la Rete dei Numeri Pari e Giuseppe De Marzo. Un incontro virtuale, dunque, come s'addice di questi tempi, utilizzando le tecnologie e le opportunità offerte dalle piattaforme dei Big/Data, precisamente quelle che mettono a profitto la nostra vita quotidiana e che saranno uno dei temi, credo, del dibattito che oggi faremo. E un incontro, in parallelo, vissuto allo stesso modo,
dentro le situazioni del movimento romano o della cittadinanza attiva di Roma, che De Marzo frequenta, o nei commenti, letture, presentazioni del libro, di cui è autore.

Un incontro che oggi si è fatto finalmente reale, con la persona in carne ed ossa, con la sua intelligenza e le sua passione politica. Vorrei insistere sulla passione politica, sulla sua intelligenza ci penserà lui. Perché è la passione che accompagna la speranza, e la speranza è il sentimento che non ci fa dubitare di noi stessi e delle cose che facciamo, il sentimento che ci fa condividere la vita reale delle persone e delle comunità che, nonostante tutto, sopravvivono, con qualche forma vigile di coscienza, alla distruttività sociale delle disuguaglianze, quelle distributive che di per sé sono le più appariscenti, e quelle del mancato riconoscimento, della mancata partecipazione, della irrilevanza sociale.

E’ la condivisione di queste mancanze, per trovarne l’opposto, che distingue un'associazione filantropica da una cittadinanza attiva non conforme. Perché di filantropia che non sia propedeutica ad una buona politica non se ne può più, soprattutto della filantropia di Stato, quella che conosciamo bene anche qui ad Asti, quella che funziona come dispositivo di assoggettamento e di disciplinamento, che è ostile ad ogni “noi consapevole”, che quando il “noi consapevole” diventa conflittuale, evoca le ottocentesche classi pericolose.

Bene, la mia presentazione di De Marzo è finita ed auguro a tutti noi un buon lavoro.

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