Asti, capitale del volontariato

di Paolo X Viarengo.

Recentemente è stata presentata la candidatura di Asti a Capitale Europea del Volontariato, traguardo prestigioso che ha visto vincitrici nel recente passato città del calibro di Barcellona. Nel 2020 era toccato all'italiana Padova, nel 2023 potrebbe toccare a noi. Due riflessioni sono d'obbligo. La prima, come purtroppo si è sottiolineato da più parti nella recente presentazione dell'iniziativa nel cortile di Palazzo Ottolenghi, è il ruolo insostituibile del volontariato. Ma, perchè purtroppo e perchè insostituibile?...

Al di là della retorica: perchè dei volontari devono accudirmi, aiutarmi, piuttosto che darmi la possibilità di fare la spesa? Perchè devono farlo gratuitamente e io posso usufruire delle loro cure esclusivamente grazie al loro grande cuore?
Il problema, serio, che si pone in questi casi è l'assenza dello Stato.

Ringrazio certamente tutti i volontari che in questi mesi difficili hanno aiutato, portato in ospedale, piuttosto che accompagnato a fare la spesa, chi ne aveva bisogno. Lo faccio di vero cuore e senza ipocrisia o sarcasmo.
Ringrazio un po' meno chi, invece, ha reso il loro lavoro così insostituibile e che, ora, li osanna come salvatori della patria. Europa, Stato, Regione: tutti egualmente coinvolti nel chiedere politiche di austerità. Nel tagliare servizi essenziali. Nel diminuire pensioni o stipendi, per far "quadrare" i conti. Sulla pelle dei cittadini. E poi, quando i buoi scappano inseguiti dal coronavirus, tutti ad incensare i volontari che con il loro lavoro, gratuito, hanno sopperito ai colpevoli tagli che ci sono stati propinati.

E che noi abbiamo accettato senza far saltare il tavolo: tanto toccavano i pensionati. Tanto toccavano i nullafacenti della funzione pubblica piuttosto che della Sanità. Sempre pubblica. Ora, il paradosso è che i miei diritti fondamentali come la Salute o la Dignità non mi vengono garantiti dallo Stato, come è scritto nella Costituzione, ma da volontari.

Come un favore, fatto da gente di buon cuore. E un favore si accetta e si ringrazia, non lo si pretende come si deve fare con un Diritto. Questo è il grosso pericolo insito nel volontariato: che il Diritto si trasformi in un favore o, peggio ancora, in un'elemosina.
Sempre, ripeto, con tanto di cappello, applausi e sincera gratitudine a chi questo favore me lo fa. Perchè ne ho bisogno. Perchè è un mio Diritto che, purtroppo, chi di dovere, per politiche belluine ed impostazioni economiche non al passo con i tempi, non può garantirmi.

La seconda riflessione parte invece da un libro scritto da David Graeber, s'intitola "Bullshitjobs", che tradotto in piemontese, suonerebbe come "lavori del menga".
In buona sostanza, partendo da un assunto di John Maynard Keynes, notissimo e studiatissimo economista, il quale sosteneva che con l'automatizzazione l'umanità avrebbe potuto lavorare non più di 12/15 ore a settimana e si chiede perchè invece continua a lavorarne 40.

Graeber sostiene che le ore in più sono coperte da lavori inutili, inventati esclusivamente per fornire uno stipendio ma completamente privi di qualsiasi utilità. Li suddivide e li elenca e ne consiglio la lettura: fa arrabbiare ma è istruttiva.
Graeber sostiene anche che questi lavori inutili abbiano però una loro funzione sociale: occupano il tempo delle persone che altrimenti potrebbero pensare a sè stessi. Alla loro vita. Alla bellezza. O fare la cosa più pericolosa di tutte: semplicemente pensare.

Infine, evidenzia come i lavori inutili siano sicuramente più retribuiti e abbiano una valenza sociale più alta dei lavori indispensabili che sono duri e malpagati. Da una parte lavoratori indispensabili e malpagati e dall'altra lavoratori inutili ma, in compenso, psicologicamente frustrati da questa loro inutilità. Bullshitjobs è un libro edito ben prima della pandemia che ha visto i malpagati cassieri dei supermercati rischiare la vita per fornire un servizio essenziale e gli avvocati delle Grandi Aziende lavorare, al sicuro, da casa e ben pagati: qual'era il lavoro indispensabile lo abbiamo visto tutti. Abbiamo visto imprese di pulizia sanificare gli uffici vuoti dei manager delle risorse umane che potevano stare a casa, in quanto non indispensabili. Abbiamo visto corrieri, infermieri, netturbini lavorare in presenza. Sfruttati. Senza vaccino. Lavorare lo stesso perchè se si fermavano loro ci saremmo fermati tutti: indispensabilità sottolineata anche tra le righe di "Fight Club" di Chuck Palanhiuk.

Poi, però, c'erano anche i volontari. Quelli che durante la pandemia sono stati in grado di fare turni massacranti. Anche loro a rischio della vita. Gratuitamente.
E allora mi vien da pensare che la molla che spinge l'umanità a fare qualcosa non sia lo stipendio. Che non si può quantificare il lavoro di un uomo con dei soldi. Fermo restando che, oggi, si dovrebbe avere capito quanto è sbagliato il sistema di quantificarlo: in questa pandemia avreste pagato di più per avere aperto un supermercato o uno studio legale?

Tirando le somme, quindi, dovremmo lavorare tutti non più di 12/15 ore alla settimana. Come paghiamo gli stipendi oggi è sbagliato e, soprattutto, un dato di fatto che l'umanità, per lavorare, non ha bisogno di essere pagata. Le molle sono altre.
Sempre Graeber, in altri suoi trattati come "Debito-i primi 5000 anni" spiega, in maniera scientifica e documentata, che la prima economia umana non era basata sul Baratto, come postulava Adam Smith, ma sulla condivisione e sul dono. Le cose erano in comune e chi ne aveva bisogno vi attingeva. La moneta nacque per dichiarare che esistevano debiti che non si potevano ripagare: le cinture di Wampum degli indiani irochesi venivano offerte per sottolineare questo, in caso di delitti piuttosto che matrimoni. Cioè quando la persona era in gioco e nessuna persona si può comprare: nemmeno con tutto l'oro del mondo.

Almeno questo credevano a quei tempi. La valuta, i soldi come li conosciamo noi, vennero dopo. E non sono nati per contabilizzare e rendere più semplice un baratto: il percorso semmai è stato proprio l'inverso.
Quindi, ricapitolando, abbiamo la possibilità, data dall'automazione di lavorare poco o nulla. Abbiamo risorse a disposizione che, se solo fossero equamente divise, basterebbero per tutti. Abbiamo la forte spinta interiore a lavorare per qualcosa che ci piace e che riteniamo giusto, senza pretendere nulla in cambio. Abbiamo le capacità per rendere belle e meravigliose le nostre vite. Senza schiavi. Senza padroni. Senza privilegiati. Senza denaro. Senza lavoro imposto. Senza economia di mercato. Senza pochi che hanno molto e molti che hanno poco.

A ognuno le proprie conclusioni...

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