Cancelliamo il nome del generale assassino

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di Gino Scarsi.

La città di Alba e i vicini paesi di Langa e Roero, furono duramente colpiti dalle tragiche vicende della prima guerra mondiale. La ricorrenza del centenario di quei quattro lunghi anni di guerra, unitamente alla verità storica finalmente acquisita, impongono di rimediare al giudizio parziale, che ufficialmente le nostre comunità, sulla stessa, hanno sinora espresso. Il libro di un albese, Aldo Cazzullo “La guerra dei nostri nonni”, bene esprime con drammatiche testimonianze l’assurdità di una guerra non sentita, non voluta ma pagata con la vita e con inaudite sofferenze, in particolare dal mondo contadino, in trincea dagli stessi soldati, dai famigliari nei casolari più sperduti ...

Quella guerra non la volevano i liberali dello statista Giovanni Giolitti, il Papa e i cattolici, i socialisti, e ad essa era contraria la maggioranza del parlamento italiano, eppure una minoranza di favorevoli, guidata dai conservatori di Salandra, dai nazionalisti di Gabriele D’Annunzio e dagli industriali, Fiat in testa, la imposero. Fu una “ inutile strage”, e il “suicidio dell’Europa civile”, parole di un Papa, Benedetto XV, pronunziate purtroppo nel 1917 ormai a carneficina avanzata, e comunque dopo la ignominiosa benedizione degli eserciti di ambi gli schieramenti da parte della chiesa cattolica.

Testimonianze di quella guerra sono presenti nella toponomastica albese (Piazza Vittorio Veneto, via IV Novembre, via Armando Diaz, via Luigi Cadorna), come in tutti i paesi di Langa e Roero; noi qui vogliamo soffermarci sulla figura del general Cadorna, da sempre molto discussa. Comandante supremo dell’esercito italiano fino alla disfatta di Caporetto, fin da subito si distinse per la scarsa o nulla considerazione della vita dei poveri soldati, sia per quelli che mandava all’assalto senza speranza o possibilità di restare in vita, sia per quelli che decimava senza alcuna pietà.

“Lucida follia” fu il termine utilizzato da Antonio Gramsci per quel suo trattare i soldati non come esseri umani ma come “carne da macello”. Già nella circolare del 28 settembre del 1915 avente come oggetto “disciplina di guerra”, il generale scriveva : “Nessuno deve ignorare che in faccia al nemico una sola via è aperta a tutti: la via dell’onore, quella che porta alla vittoria od alla morte sulle linee avversarie, ognuno deve sapere che chi tenti ignominiosamente di arrendersi o di retrocedere, sarà raggiunto - prima che si infami- dalla giustizia sommaria del piombo delle linee retrostanti o da quello dei carabinieri incaricati di vigilare alle spalle delle truppe, sempre quando non sia stato freddato prima da quello dell’ufficiale”. Un anno dopo, in un telegramma inviato a tutti i reparti militari sul fronte, il 1 novembre 2016, Cadorna intimava: “Ricordo che non vi è altro mezzo idoneo per reprimere i reati collettivi che quello della immediata fucilazione dei maggiori colpevoli, e allorchè l’accertamento dell’identità personale dei responsabili non è possibile, rimane ai comandanti il diritto e il dovere di estrarre a sorte tra gli indiziati alcuni militari e punirli con la pena di morte”.

Furono celebrati 470.000 processi per renitenza e oltre un milione per diserzione e altri gravi reati (procurata infermità, disobbedienza aggravata, ammutinamento). E questo ci fa capire quanto vasta e di massa sia stata l’opposizione alla guerra. Una opposizione che Cadorna represse in modo criminale, aggiungendo all’assurdità delle motivazioni del conflitto una inumana crudeltà.

Per questi motivi e per ristabilire un minimo di giustizia storica, anche se postuma, richiediamo al Sindaco di Alba e ai Sindaci dei comuni con vie intitolate al Gen. Cadorna di sostituire l’intitolazione di queste vie, perché, come ha scritto Ferdinando Camon, se “aver dato il nome di Cadorna è stato, ieri, un errore, mantenerlo ancora diventa, ormai una colpa”.

Proponiamo di dedicare le stesse vie a Giuseppe Pasquero detto “Giuspa”, contadino priocchese nella grande guerra, ben conosciuto in seguito in ambito diocesano, che in nome del vangelo e del quinto comandamento “non uccidere” si rifiutò categoricamente di sparare su altri uomini. In alternativa si dedichi questa via ai moltissimi giovani, non soltanto italiani, spesso contadini analfabeti, obiettori, renitenti, disertori, che pagarono con la vita o rifiutarono il massacro cercando di salvarla : “ Via degli obiettori alla guerra.”