L'autostrada Asti-Cuneo non viene completata perché non serve

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Pubblichiamo tre interventi firmati da Guido Chiesa sull'argomento autostrada Asti-Cuneo. I primi due sono propedeutici alla lettura del terzo che è il cuore dell'intervento stesso e che quindi è stato pensato in modo da poter essere letto anche da solo. Indubbiamente la proposta contenuta nel terzo risulta più comprensibile se preceduta dalla lettura dei primi due...

PARTE I

Tutti a parlarne, tutti a arrovellarsi sul come risolvere il busillis. Nessuno volendo ammettere che all’origine di tutto il pasticcio sta l’evidente, banale fatto che non serve un’autostrada tra Asti e Cuneo e che sarebbe più che sufficiente un collegamento di minore livello. In altre parole: là dove sarebbe stato necessario un pulmino a 8 posti si è voluto un autobus da 60 persone.

E’ quasi certo che ci fosse la consapevolezza che si stava progettando un’opera sovradimensionata, ma nessuno ha potuto/saputo/voluto opporsi alla spinta di un territorio che, se non avesse avuto la sua bella autostrada, si sarebbe sentito emarginato dal resto del Paese. In un periodo - gli anni ’90 - in cui alla parola “sviluppo” si facevano corrispondere grandi opere, impianti industriali chisenefregaseinquinano, consumi superflui ma indispensabili per tenere in piedi una economia "drogata".

Focalizzato il peccato originale – indiscutibile, come vedremo in seguito - non serve a nulla piangere sul latte versato. Sarebbe tuttavia perlomeno di buon senso smettere di buttare via dell’altro latte per un’opera sbagliata.

I fatti (relativamente) recenti. Il 25 marzo 2016 la società Autostrada Asti-Cuneo S.p.A. (Gruppo Gavio 65%, Anas 35%) presentava una memoria in cui veniva riassunta la situazione delle opere incluse nel contratto in essere tra Concedente ANAS e Concessionario: 6 lotti di opere erano già stati ultimati, mentre era già stato approvato dal Concedente il progetto esecutivo del lotto II.6 Roddi-diga Enel ( i famosi 8 km che mancano). La fine delle operazioni di esproprio relative al lotto da realizzare era prevista per il 31 dicembre 2017, mentre la scadenza della Valutazione di Impatto Ambientale era prevista nel novembre 2016 qualora i lavori delle opere del lotto non fossero iniziati entro il luglio 2016.

In altre parole: se non ci fossero stati ripensamenti, i lavori del lotto mancante sarebbero iniziati circa 3 anni e mezzo fa ed ora, probabilmente, il Governo starebbe preparando la cerimonia per inaugurare l’autostrada A33.

La memoria evidenziava però altri due elementi del Piano Economico Finanziario (PEF) che sono, di fatto, all’origine dello stop ai lavori.

Il primo, relativo ai volumi di traffico. Che risultano del tutto insufficienti per ripagare negli anni, con i pedaggi, il costo delle opere. Infatti:  “ i dati di traffico rilevati nel 2014 sulla tratta in esercizio dell’autostrada Asti-Cuneo compresa tra l’A6 Torino – Savona e Cuneo con quelli previsti, evidenziano che il traffico medio giornaliero è di circa 4.500 veicoli a fronte dei 24.600 veicoli previsti nel PEF di gara, mentre sulla tratta incompleta compresa tra l’A21 Torino–Piacenza e l’A6 Torino–Savona è di circa 8.000 veicoli a fronte dei 26.300 veicoli previsti nel PEF di gara.

Il secondo ostacolo sta nel costo dei lavori. Il consuntivo delle opere già realizzate presentava infatti una spesa di circa 182 milioni di Euro maggiore della spesa prevista nel PEF di gara, mentre il preventivo del lotto ancora da realizzare presentava un incremento di 411,6 milioni di Euro, sempre rispetto a quanto previsto nel PEF.

In altre parole: se nei 3 anni a seguire il Governo avesse stanziato i 593 milioni necessari per far fronte ai maggiori oneri (di cui 182 già spesi), ossia circa 200 milioni/anno, oggi i cuneesi starebbero per festeggiare la conclusione di una vicenda iniziata negli anni ‘90 dello yuppismo.

Le vicende successive riguardano tutte le modalità con cui i governi che si sono succeduti hanno tentato di far fronte al problema delle risorse mancanti (in altre parole, a chi far pagare il conto di un’opera sbagliata). Nessuno si è lontanamente preoccupato di mitigare l’impatto dell’errore iniziale.

Ma tutto questo sarà l’argomento della prossima puntata.

 

PARTE II

Dato che il Governo non aveva la minima intenzione di stanziare 200 milioni/anno per 3 anni per completare la A33 Asti-Cuneo, sono iniziate le grandi manovre per cercare una via d’uscita. Che consentisse, da un lato, di ridurre la spesa; dall’altro, di ottenere il via libera da parte dell’Europa ad una remunerazione extra contrattuale al Concessionario.

Il primo filone ha portato a ipotizzare la sostituzione del tratto in galleria dei primi 3,2 km degli 8 mancanti con una soluzione all’aperto ai piedi della collina di Verduno. Probabilmente in sopraelevata. Il secondo ha portato a ragionare sulle scadenze della concessione del gruppo Gavio sulla autostrada A4 Torino-Milano.

La soluzione in galleria prevedeva la realizzazione di due tunnel paralleli, a 2 corsie per ogni senso di marcia più una terza corsia di emergenza, collegati tra loro da cunicoli di sicurezza. Una soluzione nel rispetto delle norme e degli standard di sicurezza, adottata per evitare di superare una zona all’aperto fortemente edificata - con i conseguenti problemi di esproprio – e su terreni di non buona qualità. Che inoltre avrebbe consentito di non andare ad impattare sul paesaggio della collina di Verduno già compromesso dalla realizzazione dell’Ospedale di Alba e Bra e dalla relativa viabilità di accesso. Elementi questi passati in secondo piano nella ricerca di una soluzione di minor costo. Con il tacito consenso da parte di associazioni ambientaliste della provincia.

Purtroppo, a tutt’oggi non è ancora stato reso di pubblico dominio il progetto delle opere all’aperto. Non sono stati eseguiti gli espropri, non è ancora stata eseguita la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), né tantomeno ottenuta la relativa autorizzazione. Non è dato sapere quando tutto questo iter potrà essere terminato, né quanto verrà a costare. Si parla di risparmi per centinaia di milioni, ma il confronto reale potrà essere effettuato solo quando si avrà un preventivo di costo con la stessa definizione del progetto esecutivo che includeva le gallerie.

L’ostacolo dell’autorizzazione dell’Unione Europea a un finanziamento extracontrattuale al Gruppo Gavio sembrava essere stato superato grazie all’azione dell’allora ministro Delrio, che nel 2017-2018, aveva ottenuto l’ok al “cross-financing” delle opere: il Gruppo Gavio avrebbe avuto 4 anni di proroga per la A4 Torino-Milano (dal 31/12/2026 a fine 2030), con anche aumenti tariffari annuali pari (al massimo) all’inflazione, più lo 0,5%, in cambio dell’obbligo a finanziare i supposti 350 milioni mancanti alla Asti-Cuneo.

Purtroppo la fine della legislatura ha giocato un brutto scherzo ai cuneesi: il ministro Toninelli ha infatti cancellato la soluzione Delrio per sostituirla con una soluzione che poneva comunque a carico del Gruppo Gavio il completamento dell’opera, ma in cambio dell’aumento del valore di subentro, ossia della cifra che il Concessionario subentrante avrebbe dovuto pagare al Gruppo Gavio dopo la gara prevista per il 2026 per la nuova concessione della Torino-Milano. Nell’eventualità che fosse ancora Gavio a vincere la gara, era previsto che avesse diritto a considerare tale valore di subentro come investimento da ammortizzare in tariffa nel futuro piano economico-finanziario (piano che tuttavia non risulta abbia ancora ottenuto l’approvazione della Commissione Europea).

Su questo punto il Governo pare trovarsi in una situazione di stallo, ossia non aver ancora deciso quale dei due piani adottare. Probabilmente perché ciascuno dei due proponenti appartiene a uno dei due maggiori partiti di governo e nessuno dei due vuole cedere a favore dell’altro. Tant’è che l’Europa si è recentemente sentita in dovere di sollecitare una decisione in merito.

L’aggrovigliarsi di tutti questi problemi, di non facile soluzione, sta alla base della mancata partenza dei cantieri della A33. E, francamente, a poco sembrano valere le lamentazioni che si levano alte nei cieli della provincia e della Regione Piemonte. Al punto da far dire che, in un paese che bada al sodo e taglia con coraggio i nodi gordiani delle situazioni difficili, sarebbe forse più facile inseguire una soluzione che ponga fine alle incertezze e provi a rimediare, almeno parzialmente, agli errori commessi nel passato.

Di questa possibile soluzione parleremo nella prossima puntata.

 

PARTE III

Frastornata dal profluvio di dichiarazioni, interrogazioni, polemiche, promesse, succedutisi sul tema dell’Asti-Cuneo, l’opinione pubblica cuneese ha finito per non aver ben chiara l’idea di cosa, alla fine della fiera, potrà aver ottenuto.

La previsione più ragionevole porta a dire che, se tutto dovesse procedere così come è stato avviato, tra un numero imprecisato di anni - su quanti nessuno può azzardare un pronostico - i cuneesi si ritroveranno con:

a) una autostrada dal percorso cervellotico, largamente sotto utilizzata e, di conseguenza, con tariffe mediamente più alte;

b) la tangenziale di Alba probabilmente a mezzo servizio tra traffico locale e utenti dell’autostrada, con le complicazioni del caso;

c) una striscia di cemento per il tratto all’aperto ai piedi della collina di Verduno;

d) la certezza di aver elargito a spese dei cittadini l’ennesimo regalo ai concessionari delle autostrade  (che di regalo si tratti, più o meno grande, è fuor di discussione. I calcoli dell’indennizzo non possono che basarsi su conteggi necessariamente approssimati eseguiti a partire da ipotesi – è nella natura delle cose - favorevoli al Concessionario, che altrimenti non accetterebbe la transazione).

In un paese "normale" questa soluzione susciterebbe forti perplessità. Tutte le persone di buon senso si domanderebbero se non esiste un’altra soluzione in grado di modificare una situazione che non soddisfa. Ad esempio:

1) prendere atto che le previsioni di traffico sono state clamorosamente sbagliate e che una autostrada non è l’opera più adatta per soddisfare le esigenze del territorio. Di conseguenza, assumere la drastica decisione di ridurre il tratto autostradale dal casello di Alba est sino ad Asti - completando nel più breve spazio di tempo le opere che mancano - e di declassare il tratto Cuneo-Alba est a strada extraurbana principale (classe B). Nella convinzione che, eliminato il pedaggio, la nuova via di comunicazione attirerebbe, ben più dell’autostrada, il traffico che oggi grava sulla viabilità ordinaria, sempre sull’orlo della crisi. Soluzione poi che consentirebbe l’utilizzo della tangenziale di Alba senza complicazione alcuna anche per raggiungere l’ospedale di Verduno;

2) spostare il casello da Cuneo a Carrù, ripristinare il casello di Marene della Torino-Savona e mettere fuori servizio il casello di Cherasco, immediatamente liberalizzando la circolazione nei due tratti di strada già realizzati;

3) cambiare la ragione sociale della esistente società Autostrada Asti-Cuneo in Autostrada Alba-Asti e cessione al miglior offerente delle quote della società in capo all’ANAS (35%), ponendo così fine all’esistente commistione di interessi tra Concedente Anas e Concessionario. In altre parole restituire a ciascuno il proprio ruolo: il concessionario che completa e gestisce l’autostrada, l’ANAS che controlla i lavori e il Ministero che controlla la gestione (possibilmente, manutenzione inclusa);

4) avviare a rapida conclusione i lavori del lotto mancante. La decisione di declassare il tratto da completare da autostrada a strada extraurbana consentirebbe di realizzare, lungo quel tratto, importanti risparmi, tali consentire di mantenere il suo tracciato in galleria, come previsto dal progetto originario. Evitando così tutte le procedure di esproprio, di analisi geognostiche dei terreni, di Valutazione di Impatto ambientale - con le relative perdite di tempo e il devastante impatto sul paesaggio - che la soluzione alternativa all’aperto richiede;

(Il declassamento da autostrada a superstrada comporterebbe infatti l’eliminazione della terza corsia di emergenza e la sua sostituzione con una banchina di 1,75 m, con una interessante riduzione del consumo di suolo lungo tutto il tratto mancante. Il diametro delle gallerie potrebbe essere ridotto di un paio di metri e il volume di scavo di oltre il 30%. Con i conseguenti risparmi sulle opere di sostegno e di rivestimento. Sarebbe eliminato il casello di Alba ovest che, oltre alla riduzione dei costi, comporterebbe una ulteriore riduzione di consumo di suolo. Si eviterebbe lo sfregio di una pesante striscia di opere in cemento armato ai piedi della collina di Verduno in una area al limite di una zona ad alto valore turistico. La limitazione della velocità a 110 km/h porterebbe infine ad una diminuzione delle emissioni nocive in atmosfera).

5) indire una nuova gara d’appalto delle opere di completamento del Lotto, che andrebbe ovviamente assegnata a prezzi di mercato. Questo semplice fatto consentirebbe un notevole risparmio rispetto al costo delle opere calcolato in base ai prezzi del contratto esistente, vecchio di 12 anni, probabilmente aggiornati in base ad una rivalutazione prezzi che notoriamente aggrava i costi a tutto vantaggio delle imprese. L’Anas dovrebbe procedere ad aggiornare rapidamente il progetto e ad emettere la nuova gara recuperando, probabilmente, molto del tempo che andrebbe perso nelle procedure necessarie per ottenere le autorizzazioni a spostare il percorso all’aperto.

6) Sulla questione del reperimento dei fondi per la realizzazione delle opere mancanti assumere la decisione di reperire i capitali necessari nelle pieghe del prossimo Documento di Economia e Finanza (DEF) ripartendo la spesa nei tre anni 2021-2023. In tal modo si darebbe un taglio definitivo alle discussioni su quale delle due proposte, la Delrio del PD o la Toninelli del Movimento 5 stelle, fa il maggior regalo ai concessionari delle autostrade. Né necessiterebbe dell’autorizzazione dell’Europa perché la procedura rientrerebbe nel normale iter delle gare per la realizzazione di opere di pubblica utilità. Il tutto in linea con le richieste dell’Europa di incrementare le spesa per investimenti nel bilancio dello Stato e con il recente indirizzo del governo di ridare all’ANAS il ruolo di protagonista nella gestione della rete viaria del nostro paese.

Qualcuno potrebbe obiettare che in questo modo i cittadini della provincia di Cuneo avrebbero in regalo una viabilità senza pedaggi. Ebbene, a costoro andrebbe risposto che la provincia di Cuneo merita quel regalo perché ha troppo a lungo pazientato a causa di un progetto sbagliato. Inoltre, che il suo contributo all’economia del paese è di gran lunga superiore a quanto riceve e che è meglio fare un regalo ai cuneesi piuttosto che ai Concessionari di autostrade a spese degli utenti. Infine, che l’investimento sulla viabilità di una zona estremamente produttiva ripagherà lo sforzo fatto dalla collettività in un breve spazio di tempo. Una spesa finalizzata ad un investimento ad alta intensità di lavoro invece delle tante spese fatte male, cui sono stati purtroppo abituati i cittadini di questo paese.

Ma forse è un sogno troppo ardito sperare che le persone con responsabilità di governo provino a cambiare un corso degli eventi che lasciano intravvedere solo un lontano finale dall’amaro gusto in bocca.

Si chiamerebbe "cambiamento". 

Guido Chiesa