Lo sbilancio delle Province e delle Città Metropolitane

Stampa

A cura del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua.

Appare tragicamente surreale il dibattito (se tale è) che si sta svolgendo in questi giorni sullo sbilancio economico delle Province italiane e delle Città Metropolitane: surreale in quanto dimentica di riconoscere quanto demagogica e fallimentare sia stata l'intera impresa di “abolizione” delle province ...


Nata sull'onda di uno squallido rastrellamento di voti al grido di “aboliamo gli enti inutili”, la farsa deve oggi cedere il passo alla realtà, con gli stessi protagonisti costretti a confessare che le Province continuano ad avere più o meno le stesse funzioni di prima, ma molti soldi in meno per funzionare. Tutta l'operazione è stata concepita e messa in atto in modo a dir poco dilettantesco, iniziando dai “piedi”, cioè azzoppando gli enti prima di avere messo in funzione i soggetti destinati a sostituirli.

Non si è voluto mai riconoscere che certe funzioni non sono per nulla “inutili” né sostituibili: anzi, il loro ambito “naturale” (nel senso di più adatto, più efficiente) è proprio quello che sta a un livello intermedio tra quello locale e quello regionale. Ma era molto più redditizio in termini elettorali parlare alla pancia dei cittadini tacciando le Province di inutilità e i loro lavoratori di essere tutti dei fannulloni assenteisti: e così si è fatto. Non a caso i dipendenti delle Province hanno passato anni di lacerante incertezza sul proprio futuro, stretti tra l'indifferenza dei più e la protervia di quanti tenevano in mano il loro futuro personale.

Ma l'arroganza ha fatto fare l'errore fatale alle finissime menti ideatrici del piano, quando hanno incluso il “pacchetto Province" nel più ampio tentativo di stravolgimento della Costituzione, certi di averne già il risultato in tasca. Per fortuna gli elettori - se si danno loro il tempo e gli strumenti - si informano, ascoltano, confrontano, leggono e poi decidono; e il 4 dicembre hanno detto un sonoro NO a un nuovo assetto della società che determinava una secca riduzione dei loro diritti.

Ora i Presidenti delle Province italiane e i Sindaci Metropolitani, a corto di mezzo miliardo abbondante di risorse per chiudere i bilanci, non trovano di meglio da fare che chiedere al Presidente della Repubblica di intercedere a loro favore per ottenere i soldi necessari a funzionare: e come unica soluzione alternativa al disastro annunciato in cui sono stati messi (val la pena di sottolineare che sono passati tre anni, non tre settimane, dalla illuminata ed efficiente riforma Delrio), alcuni di loro non trovano di meglio che ipotizzare di lasciare a casa un po' di dipendenti (con formule eufemistiche come “è necessaria una struttura più leggera”).
 
Ma come? Le funzioni non sono rimaste più o meno le stesse? Parte del personale non è già stato riassorbito dagli altri livelli a cui sono state conferite alcune funzioni? Ma allora l'organico delle Province era superiore al necessario sin dall'inizio? O al contrario le Province svolgono funzioni inutili, servizi ai cittadini che si possono oggi tranquillamente eliminare?

In realtà forse (come alcuni commenti di ambito sindacale finalmente suggeriscono) il vero obiettivo è proprio quello non di rendere più efficiente il sistema Italia, ma di soffocarne le capacità, in modo da favorire il ladrocinio di servizi fondamentali da parte dei privati, che hanno già iniziato da anni il rastrellamento dei beni dei comuni, altrettanto strangolati quanto le Province. Sta già avvenendo con gli immobili di pregio storico,  venduti sul mercato a facoltosi privati con l'unico scopo di fare disperatamente cassa.  Noi lo ripetiamo da almeno dodici anni e i risultati sono davanti agli occhi di tutti, su tutto il territorio nazionale.

Ciliegina sulla torta, in questa ridda di populismi travestiti da grandi riforme, è che nessuno (neppure tra le forze politiche che si stanno affannando a commentare rimpallandosi la patata bollente) abbia la correttezza di riconoscere la prima e più immediata, banale conseguenza del voto del 4 dicembre: che occorre restituire ai cittadini il maltolto, cioè il nostro diritto di decidere con il voto chi deve governare una Provincia e una Città Metropolitana. Una Provincia o una Città Metropolitana non sono un Comune e non sono una Regione. Hanno altre attribuzioni ed altri poteri, operano in altri settori. Forse (ad essere maliziosi) si è ritenuto conveniente, viste le disastrose condizioni ambientali del territorio italiano, togliere ai cittadini il diritto di scegliere direttamente quale forza politica sia più credibile e affidabile in materia ambientale; quale indirizzo politico sia da privilegiare quando si parla di servizio idrico o di sistema scolastico, ad esempio (guarda un po', beni comuni e cultura).

Bene, oggi noi riteniamo che non sia più rimandabile il ripristino totale e immediato dei nostri diritti di voto, mettendo in mora tutte le amministrazioni provinciali e metropolitane recentemente elette a scrutinio indiretto, prevedendone il rinnovo con voto diretto dei cittadini alla prima occasione possibile. A un Presidente della Repubblica bisogna chiedere rispetto della Costituzione, oltre che soldi. Noi attivisti dell'acqua pubblica siamo già passati e viviamo tuttora nel non rispetto di un esito referendario: vorremmo che l'Italia smettesse di comportarsi in modo così indegno.