Se c’è acqua c’è vita (tanto per dire: auguri Sandro!)

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di Paolo X Viarengo.

E’ di questi giorni la notizia che anche quest’anno il direttore di questa testata on line, Alessandro Mortarino, ce l’ha fatta: anche quest’anno è arrivato al suo compleanno. E a me, chissà perché, viene in mente Richard Feynman, fisico, premio Nobel per suoi osticissimi studi sull’elettrodinamica quantistica. Era solito dire che se si aveva capito bene una cosa, per quanto questa fosse astrusa, si sarebbe dovuti essere in grado di poterla spiegare anche ai bambini...


Quindi, niente termini tecnici o latinorum di manzoniana memoria: secondo Feynman, e molto immodestamente anche secondo me, denotano solo una poca comprensione. Quindi, perché mai l’acqua dovrebbe essere pubblica?
Lasciamo da parte i termini “cool” e le statistiche. Mettiamo da parte la Storia, il green, l’economia circolare e le altre frasi fatte e cerchiamo di capire cos'è l’acqua.

L’acqua è vita. Se c’è acqua c’è vita. Se non c’è acqua non c’è vita. Questa non è un’opinione ma un dato di fatto. Pertanto se uno possiede l’acqua, possiede la vita.
Se uno possiede l’acqua dove vivo io, possiede anche la mia vita. E se uno possiede la mia vita, io sono il suo schiavo: e anche questo è un fatto. Oramai le catene sono troppo appariscenti e, queste si, fuorilegge, ma resto sempre schiavo di chi possiede la possibilità di togliermi l’acqua, e quindi la vita. Come non esistono più le catene - o, per dirla meglio, sono meno appariscenti - al giorno d’oggi nessuno si sognerebbe di togliermi l’acqua. Nessun gestore privato farebbe questo.

Sicuri? Proprio recentemente il Comune di Asti, in un’ottica di “superamento” del campo nomadi e in virtù del fatto che erano indietro con i pagamenti delle bollette, ha razionato a donne, uomini e bambini che vivono lì l’acqua, riducendone il flusso a quello ritenuto il minimo indispensabile. Inaccettabile? E perché mai? Il Comune di Asti, tramite la sua partecipata Asp, ha il controllo dell’acqua che arriva al campo e può farlo.
 
Se io non pagassi, anche a me verrebbe fatta la stessa cosa. Mi taglierebbero la fornitura, così come può succedere per luce e gas, riportandomi all’età della pietra in un battibaleno. E il Comune di Asti è un Ente Pubblico, cioè rappresenta tutti i cittadini: paradossalmente io stesso ho tagliato l’acqua alle donne, agli uomini e ai bambini che vivono al campo nomadi. E, paradossalmente, se non pago le bollette, me la auto-taglio.
Se non che, il Comune di Asti ha appaltato la gestione delle acque all’Azienda Servizi Pubblici, un tempo sua ed ora, grazie a patti sociali scellerati e ad acquisizioni varie, non più tanto. Quindi, la mia acqua e la mia vita vengono gestite da un unico ente che ha per scopo il lucro. Così come l’azienda che mi fornisce energia elettrica, gas o riscaldamento.

Se pago e loro guadagnano tutto bene: se le due azioni non avvengono, subentrano i guai. Ma non pago già le tasse per ottemperare al principio di solidarietà sancito nella Costituzione Italiana, direte voi? Si, ma non bastano. Devo anche pagare per l’acqua, la luce, il gas. E per curarmi? Ancora non del tutto, anche se togliendo fondi alla sanità pubblica mi si spinge sempre di più fra le braccia del privato.

Torniamo un attimo a Feynman e al suo bambino, per capire la differenza tra pubblico e privato. Il pubblico sono io, che assieme a tutti gli altri eleggo delle persone di fiducia per gestire quello che è importante per tutti. Il privato sono sempre io, ma da solo, che faccio solo i miei interessi, nella speranza che coincidano anche con quelli di altri.
Capirete anche voi la pericolosità di lasciare la mia acqua, la mia luce, il mio gas, la mia salute, quindi, in ultima analisi, la mia vita, nelle mani di uno solo. Ci sono contratti e leggi che mi tutelano, per carità, non potrò cadere in schiavitù come, paradossalmente, ho scritto prima: siamo sicuri?

Siamo sicuri che in un sistema interamente privato e liberista, se non ho i soldi per pagare, potrei sopravvivere? Siamo sicuri che il reato di povertà non venga punito con la pena di morte?
Io, non tanto.
Già ora, con i tagli alla sanità e le attese bibliche per gli esami. Già ora, con il volontariato elevato a necessità e non a opera di bene o di buona volontà. Già ora, con la casa fredda e senz’acqua se non ci sono i soldi. Da qui il pericolo di lasciare tutto a me, privato. Gli indiani d’america, come spiega bene l’antropologo anarchico David Graeber, avevano le cinture di wampum per simboleggiare un debito che non si può estinguere. Cinture decorate e bellissime che servivano per accogliere i forestieri ma anche da dare in cambio della vita. Se un indiano si macchiava di un delitto orribile poteva tentare di calmare i parenti del defunto offrendogli cinture di wampum: non per comprare quello che non ha prezzo, ma proprio per simboleggiare l’esistenza di un debito inestinguibile, riconoscendo la propria colpa.

Ma io come faccio a comprare l’acqua? Che prezzo attribuisco all’acqua? Quello che mi serve per coprire le spese per portarla a casa mia in una mutualistica raccolta di fondi o gli do un prezzo di mercato, sulla base della sbagliatissima legge della domanda e dell’offerta? Vale più un diamante o l’acqua? Secondo il Mercato il diamante.

Questo è il mondo dove viviamo. E anche se magari non l’ha scritta proprio Cervantes, sono certo che anche lui sarebbe concorde nel dire “Cambiare il mondo, amico Sandro, non è né follia e né utopia ma solo giustizia”.
Tanti auguri, Sandro!