di Alessandro Mortarino.
La frase del nostro titolo è la citazione testuale di una dichiarazione dei giorni scorsi di Luca Dal Fabbro, presidente di Iren SpA, durante il lancio di un programma obbligazionario da 5 miliardi di euro e ammesso da Borsa Italiana alla quotazione sul MOT (Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato). Iren è uno dei principali player italiani del settore idrico e l'affermazione non può quindi essere trascurata. E Iren è anche uno dei soci di uno dei quattro gestori acquedottistici astigiani, che entro il 2030 dovranno diventare un unico gestore. Operazione complessa...
Da mesi le trattative tra i quattro gestori procedono serrate ma ancora senza esiti. Il problema di fondo - ne abbiamo trattato più volte - sta nella composizione sociale dei quattro gestori. Tre sono interamente a capitale pubblico (due sotto forma di SpA e uno di consorzio fra comuni) mentre il quarto, cioè ASP SpA, vede la presenza di un socio privato che detiene il 45% delle quote sociali. Si tratta di Nos-Nord Ovest Servizi SpA, di cui Iren controlla il 75% dell'azionariato.
Iren è oggi una delle più grandi multiutility italiane, attiva nei settori dell’energia elettrica, del gas, dell'energia termica per teleriscaldamento, della gestione dei servizi idrici integrati, dei servizi ambientali e dei servizi tecnologici. Un percorso di crescita progressivo che l'ha portata dall'essere l'azienda municipale di Parma, Torino, Genova, Reggio Emilia a ciò che è oggi: nel suo "piccolo" una "piccola e nostrana multinazionale", quotata in Borsa e non più controllata dai suoi soci pubblici ma da un consiglio di amministrazione. Un'azienda, insomma, che come tale è fortemente legata a performance di bilancio e a profitti.
Il suo amministratore delegato, giustamente, alza oggi un grido di allarme: "l'Italia è sull'orlo di una grande crisi idrica".
Di fronte a un pericolo occorre attrezzarsi, nel nostro caso immaginare un percorso che identifichi il prossimo futuro Gestore Unico come soggetto rigorosamente ed esclusivamente pubblico. Questione di sicurezza e di garanzia.
Per farlo, occorre dunque immaginare un percorso "politico" che elimini Iren dalla proprietà e dalle scelte decisionali.
La discussione sull'acqua astigiana sta tutta qui e per ora è una questione che non vede la cittadinanza coinvolta. E in questi giorni, fatti di conciliaboli stretti-stretti, il risultato è che le ipotesi sono state formulate ma si è ancora lontani da accordi condivisi.
Se ne parlerà in autunno, stagione delle piogge...
Intanto, problemi permangono anche nell'area cuneese dove Iren minaccia ricorsi ostacolando la decisione (già assunta) di affidare tutta l'acquedottistica della Granda a una società esclusivamente pubblica.
Ci pare siano molto chiare ed esaustive - e valide anche per l'astigiano - queste dichiarazioni di Roberto Colombero, presidente di Uncem Piemonte (Unione comuni ed enti montani): «Credo che la politica dovrebbe avere la supremazia sul mercato, soprattutto quando si parla di acqua. Egea ha fatto perdere tempo e denaro (pubblico) in ricorsi sempre persi. Ma erano privati. Iren, subentrata ad Egea, continua con lo stesso atteggiamento. Se, dal punto di vista industriale, si capisce come può dispiacere perdere un settore di mercato così importante (e sempre di più lo sarà), dall’altro, far finta di non comprendere che,su questa questione, l’ultima parola deve averla la politica e non i tribunali significa essere “spregiudicati”, incuranti della decisione dei sindaci della provincia, ignorare colpevolmente che l’alternativa alla gestione pubblica è una gara europea (a cui Iren può partecipare ma senza garanzie alcune) e non una società con Iren senza gara. E che tutta questa “spregiudicatezza” sia portata avanti da una società mista pubblica in cui il socio pubblico risponde al nome dei Comuni di Torino, Genova, Reggio e altri…. è ancora più grave».