Il verde deve precedere l’urbanistica, non inseguirla

Pubblicato il Rapporto 2025 redatto dal Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico, organismo a supporto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Il Rapporto tratteggia una fotografia che raffigura lo status quo e l’evoluzione delle politiche del verde in Italia (siamo giunti alla 5° edizione) e, conseguentemente, è lo strumento ideale per definire le sfide che dobbiamo affrontare…

 

I principali Trend

1. La superficie di aree verdi urbane accessibili cresce (anche se lentamente): da 8,3 m² ogni 100 di superficie urbanizzata nel 2014 a 8,9 m² nel 2023.

Restano però forti differenze territoriali: si passa dai 44 m² di Monza a meno di 2 m² a Imperia e Crotone.

2. Sempre più Comuni monitorano il rischio cedimento alberature: dal 38,5% nel 2014 al 68,8% nel 2023.

Purtroppo si registrano forti squilibri Nord-Sud.

3. La forestazione urbana è riconosciuta come strumento chiave per il clima, la qualità dell’aria, la riduzione delle isole di calore e l’equità sociale.

4. Il nuovo Regolamento UE sul ripristino della natura chiede agli Stati membri di mappare entro il 2030 le aree da rinaturalizzare, comprese quelle urbane.

Le maggiori criticità

A oltre dieci anni dall’entrata in vigore della Legge 10/2013, i dati disponibili restituiscono un quadro in cui l’applicazione della norma presenta margini di miglioramento e significative differenze tra i territori. In numerosi casi:

– i Piani del verde risultano ancora assenti o non aggiornati;

– le procedure di gestione non sono pienamente accessibili o definite;

– la documentazione tecnica non sempre consente una valutazione chiara degli interventi;

– il verde urbano non è sistematicamente integrato nei processi di pianificazione territoriale, nonostante siano necessari e taluni anche previsti dalla legge (piano del verde, bilancio arboreo, regolamenti);

– sussistono disomogeneità territoriali: città del Nord in forte vantaggio rispetto a Sud e Isole, dove permangono deficit strutturali.

Iniquità del diritto al verde

Barbara Negroni, Consigliera CONAF-Consiglio dell’ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali – così commenta: «Il Rapporto sancisce che il verde urbano non è più un “ornamento”, ma una vera infrastruttura ambientale e sociale. Tuttavia, i dati mostrano che in Italia il diritto al verde non è ancora equamente distribuito: chi nasce in una città del Nord ha fino a 20 volte più accesso ad aree verdi rispetto a chi vive al Sud.

Per colmare questo divario serve uno scatto politico e amministrativo, ma anche tecnico. Pianificare, progettare e curare il verde urbano con competenza scientifica e visione sistemica è l’unica via per evitare che le città si limitino a interventi frammentari, mentre dovrebbe essere inteso quale fattore di salute pubblica, resilienza climatica e coesione sociale. Sono temi che oltrepassano l’aspetto tecnico per racchiudere fondamenti etici. Il ruolo dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali nei prossimi anni sarà quello di accompagnare la cosiddetta “rigenerazione green” evitando che si trasformi in un’operazione di gentrificazione senza attenzione alle fasce deboli».

«In questo quadro – commenta Marco Visconti, Presidente del Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblicola Strategia Nazionale del Verde Urbano, avviata nel 2018, costituisce un riferimento programmatico utile, che merita di essere maggiormente integrato nei documenti di pianificazione locale, al fine di costruire un quadro operativo multilivello.

La Legge 10/2013 resta il principale riferimento normativo in materia, ma alla luce dell’esperienza maturata e degli obiettivi sovranazionali già vigenti, è necessario promuovere un aggiornamento della disciplina, volto a:

– definire obblighi più chiari per gli enti locali;

– introdurre criteri tecnici omogenei e standard minimi di qualità ecologica urbana;

– valorizzare l’applicazione dei CAM e delle corrette pratiche di arboricoltura urbana;

– attivare forme di monitoraggio e accompagnamento tecnico permanenti;

– prevedere misure di incentivo e, laddove necessario, dispositivi sanzionatori proporzionati.

La sfida non può più ridursi alla manutenzione, spesso frammentaria o emergenziale: occorre affermare una cultura della cura, fondata sulla continuità della pianificazione, sulla gestione consapevole e sulla progettualità di lungo periodo».

Qui il rapporto integrale.

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