Consumi o scegli?

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Sabato 30 aprile Asti ospiterà Alessandro Franceschini, presidente di Altromercato, per un appuntamento dalla doppia valenza: riflettere sul vero significato della sostenibilità per diventare consumatori consapevoli e attivisti e, anche, per sostenere le attività del nostro Altritasti. L'iniziativa voluta e proposta dalla cooperativa "Della Rava e della Fava" si svilupperà attraverso la presentazione del prezioso libro di Franceschini che prende spunto dall’esperienza più che trentennale di Altromercato nel Commercio Equo e Solidale e con la destinazione ad Altritasti del 5% dell'incasso che le due botteghe astigiane di Altromercato registreranno durante l'intera giornata...

Consumi o scegli?” è il titolo del lavoro di Franceschini, edito da Altreconomia, il cui punto di partenza è proprio la sostenibilità: una parola inflazionata, utilizzata per abbellire i discorsi pubblici senza mai trasformarsi in azione concreta. La vera sostenibilità, secondo l’esperienza di Altromercato, è agìta, non solo raccontata.

Nel corso dei diversi capitoli del libro si ripercorre il significato di questa sostenibilità agìta attraverso il racconto del modello di sviluppo promosso da Altromercato a 360 gradi nel suo lavoro: dalle filiere etiche dal mondo e dall’Italia, al sistema di garanzie sociali e ambientali del Fair Trade, che riguarda non solo i prodotti ma anche le organizzazioni stesse; dalle Botteghe del Commercio Equo e Solidale, i negozi di prossimità presenti su tutto territorio dove si creano relazioni e conoscenza, alle altre realtà e reti vicine al mondo del Fair Trade che mettono al centro la persona e l’ambiente, quali la finanza etica, i Gruppi di acquisto solidale, l’agricoltura biologica e sociale, l’informazione indipendente.

“È (…) il momento di attivare nuove energie, come 30 anni fa, per cambiare il sistema”, scrive Alessandro Franceschini. “A differenza di allora, quando bisognava inventare delle alternative percorribili, oggi abbiamo già a nostra disposizione degli strumenti efficaci e di pronto utilizzo per agire sui guasti della macchina: sono le pratiche del consumo critico e dell’economia sostenibile e solidale. Dovremo essere sempre più capaci di trasformare la passività del consumo nell’attivismo delle scelte”.

A partire da un tema di forte attualità come il cambiamento climatico, il testo di Franceschini spiega, ad esempio, perché la transizione ecologica sarà possibile solo se la sostenibilità sarà messa in pratica, esattamente come dimostra il lavoro del Commercio Equo e dei suoi produttori, sia in Italia che nel mondo, che da tempo sono impegnati per individuare le soluzioni più adatte per contribuire nel loro piccolo ad appianare le conseguenze della crisi climatica.

Transizione ecologica o meno, la richiesta di un’economia più rispettosa delle persone e dell’ambiente non può essere ignorata da nessuno. Com’è possibile, tuttavia, emergere e farsi ascoltare dai consumatori in un contesto in cui ormai tutti i grandi colossi industriali si proclamano (almeno a parole) sostenibili?

In un’ampia intervista raccolta nel libro, Paolo Iabichino, scrittore pubblicitario e direttore creativo, spiega che le realtà “native sostenibili” possono farsi ascoltare solo con un messaggio forte, coerente e “politico”. È il caso della campagna “Consumi o scegli?”, con cui lo scorso anno si è lanciata una call to action provocatoria ai cittadini affinché scelgano da che parte stare, trasformando i propri consumi in scelte capaci di produrre cambiamento.

Con la campagna “Consumi o scegli?”, e anche con questo libro che ne porta il nome, l’intento è quello di parlare direttamente ai cittadini, con la speranza che possano diventare dei “consumattivisti” e impegnarsi in prima persona, proprio come noi, per la sostenibilità agìta.

La prefazione al libro è di don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e dell’Associazione Libera, ed è certamente molto esaustiva nel tratteggiare i contorni di un oggi che vorremmo molto più radicato e consapevole nella riduzione del ruolo dell'economia rispetto ai Beni Comuni. Vi proponiamo le parole di don Luigi:

LA LEVA CULTURALE PER UN CONSUMO DIFFERENTE
di don Luigi Ciotti.

Siamo in tanti, sempre di più. Ma siamo in pochi. La questione del consumo “critico” si gioca intorno a queste due affermazioni, entrambe vere.
L’economia è oggi il regno dei numeri, dei flussi, dei volumi. La produzione vive di numeri. La promozione vive di numeri. Il commercio vive di numeri. La finanza, che tutto sovrasta, vive ovviamente di numeri.
Dove prima c’era spazio per la qualità, la creatività, il rapporto umano, oggi è rimasta quasi solo la quantità a dettare legge: quanti prodotti, quanto conosciuti, quanto remunerativi, quanto veloci ad arrivare a destinazione. Quanti soldi creati e bruciati ogni giorno sull’altare del profitto, sull’altare dei numeri.
Dietro a tutte queste cifre, in questa corsa a produrre, consumare, accumulare beni e ricchezze immateriali, inevitabilmente scompaiono i volti, i nomi e le storie di milioni di uomini e donne, con le loro fatiche e speranze, il loro diritto di vivere in modo dignitoso, di far studiare i figli, di tutelare la propria salute. E scompaiono anche porzioni sempre maggiori di natura e biodiversità: tutte le terre violate dallo sfruttamento senza limiti, inquinate, sconvolte nei loro cicli naturali, negli eventi climatici, nell’equilibrio dei loro ecosistemi.
Quando parliamo di consumo consapevole, ci riferiamo a tutto questo.
Alla coscienza che un sistema economico del genere non sarà sostenibile sul lungo periodo, e che già ora rende insostenibile l’esistenza di chi nasce dalla parte degli sfruttati, degli asserviti alle logiche del lavoro a basso costo, senza diritti né forme di protezione dalla miseria.
Ecco perché anche noi siamo obbligati a partire dai numeri, quei numeri così astratti ma capaci di condizionare in modo concreto la vita delle  ersone. E il dato che emerge è solo apparentemente contraddittorio.
Ho esordito dicendo che siamo in tanti a voler scardinare i meccanismi perversi di un’economia che appare ormai completamente svincolata dall’etica. Un sistema che, al di là delle sue derive criminali, è illegale alla radice, poiché tradisce la legge intesa come legame sociale, linguaggio della nostra interdipendenza e comune appartenenza al genere umano.
Siamo in tanti perché, se pensiamo ai primi capitoli della storia del consumo critico, a quella riflessione iniziale, in contesti ristretti, intorno alle ingiustizie del sistema economico mondiale, e al ruolo che i cittadini-consumatori potevano svolgere per contrastarle, è chiaro che il movimento è cresciuto. Sempre più persone si sono rese conto del potere delle proprie scelte, e in particolare della possibilità di ribellarsi, attraverso semplici acquisti, allo sfruttamento.
In alcuni ambiti il peso della pubblica opinione, esercitata attraverso il portafoglio, è stato tale da costringere persino le grandi industrie a fare qualche passo avanti pur di salvare la reputazione - e di conseguenza la propria quota di mercato. Pensiamo al settore agroalimentare. Oggi la gente è più esigente rispetto a cibo e bevande, legge le etichette, si informa sull’origine dei prodotti. Tante aziende hanno scelto di rinunciare agli ingredienti meno sani, alcune reinvestono parte dei profitti in attività di promozione sociale e sostenibilità nelle terre da cui provengono le loro materie prime. Sarà davvero un sussulto etico a guidare queste operazioni, o piuttosto di nuovo il richiamo del profitto, il desiderio di cavalcare quella che alcuni cercano di derubricare a banalissima “moda” salutista?
In ogni caso, l’attenzione maggiore delle persone si traduce in consumi più oculati. E questo è certamente un bene.
Ma pensiamo ad altri settori, ad esempio quello della moda. Mentre perdeva terreno, perlomeno a livello culturale, il “fast food”, ne acquisiva parecchio il “fast fashion”, ossia la tendenza ad accumulare abiti di bassa qualità, quasi usa-e-getta, adatti per aderire alle tendenze del momento e poi subito dismessi, con una produzione incredibile di rifiuti anche inquinanti, come le plastiche legate ai tessuti sintetici, e la conversione di enormi terreni agricoli alla produzione di fibre naturali.
Siamo in pochi a volerci accorgere di questo. In pochi ad andare verso una riduzione generale dei consumi e un acquisto selettivo solo di quei beni la cui filiera sia trasparente e rispettosa dell’ambiente e degli altri.
Tanti, eppure pochi. In aumento, ma ancora “al palo”.
8I numeri sono oggi più che mai importanti. Sono quello che fa la differenza fra un deciso e urgente cambio di rotta, e l’attitudine a perpetuare le proprie abitudini, senza chiedersi che conseguenze avranno sugli altri.
Diventa allora fondamentale continuare ad avanzare su un doppio binario. Da una parte migliorando i nostri stili di vita, e provando a contagiare - in positivo - chi ci è più prossimo. E dall’altro non rinunciando a esercitare pressioni sul mondo dell’economia e della politica, a chiedere con forza regole più stringenti per i grandi operatori economici, incentivi per l’economia circolare e per le produzioni etiche, nuovi paradigmi di sviluppo che non lascino indietro nessuno.
Ma questo ancora non basta. Siamo partiti dai numeri, ed è chiaro che l’obbiettivo a lungo termine dev’essere quello di invertire il rapporto fra i tanti e i pochi, le scelte acritiche delle masse e quelle dei singoli consumatori “critici”. Per incidere nella mentalità presente non sarà sufficiente “dare l’esempio”, e neppure trovare occasionalmente ascolto presso i decisori pubblici e privati. La vera leva del cambiamento, lo sappiamo bene, è quella educativa e culturale. È sul quel piano, simbolico ma capace di orientare le azioni, che occorre oggi più che mai investire, per evitare che i disastri già ora evidenti diventino irreparabili.
Ben vengano allora i libri come questo, e qualsiasi altro contributo inteso a raccontare alle persone, con semplicità ed efficacia, quanto ciascuna di loro possa fare la differenza. Affinché il consumo “critico” non sia più tale in futuro, ma diventi il modo abituale di affacciarsi a qualunque mercato, con rispetto, umanità, lungimiranza, amore per il creato e tutte le creature.

Alessandro Franceschini è Presidente di Altromercato e da quasi 30 anni è impegnato attivamente nell'ambito del Commercio Equo e Solidale italiano. Già Presidente della Cooperativa Pace e Sviluppo di Treviso ha ideato e coordinato la Fiera 4Passi di Treviso fino al 2019. Dal 2010 al 2016 è presidente di ACICES, oggi Equo Garantito, associazione di categoria delle organizzazioni di FairTrade italiane, periodo durante il quale ha seguito l'iter di approvazione alla Camera dei Deputati della Legge Nazionale sul Commercio Equo e Solidale (marzo 2016). Nel 2015 ha promosso con Equo Garantito l'organizzazione della FairTradeWeek a Milano, il più grande evento mondiale di Commercio Equo e Solidale mai organizzato. Dal giugno 2020 è Presidente di Altromercato ed è coordinatore del Comitato Brand Identity di Altromercato. Autore di numerosi articoli sull'economia sostenibile, ha scritto testi teatrali, racconti per bambini e il saggio "Riprendiamoci la terra!" (Altreconomia).