Lettera alla Presidente del Consiglio dei Ministri

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A cura del Coordinamento Donne Cgil Asti e della Camera del Lavoro di Asti.
Quest'anno, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, le Donne della Cgil di Asti vogliono porre l'attenzione su di un particolare tipo di violenza, quella che nega alle donne una scelta libera sulla maternità.
Ovviamente ci riferiamo alla difesa e alla piena piena attuazione della Legge 194, in Italia troppo spesso non realmente applicata, rendendo la scelta dell'interruzione di gravidanza di difficile attuazione. E questa è una lesione intollerabile di un diritto sancito per legge, un diritto che corrisponde al rispetto della libertà delle donne. E' violenza...

Ci riferiamo anche ad un'altra violenza, quella di una maternità negata. In Italia le gravidanze, più che essere interrotte, in tantissimi casi non vengono neanche iniziate.
 
Le donne, le coppie, rinunciano, perché non hanno un lavoro stabile e dignitosamente pagato e nessuna prospettiva di accedervi in un futuro ragionevolmente programmabile.

Rinunciano perché sanno che i servizi sociali che dovrebbero aiutare sono sempre più in difficoltà e il vero welfare sono i nonni e le nonne, che però non sempre ci sono o non sempre possono o non sempre sono disponibili, perché è anche legittimo volersi godere la terza età!

Rinunciano perché il costo della casa è proibitivo, che sia affitto o mutuo. In queste condizioni, mettere al mondo figli e figlie può apparire un atto temerario al limite dell'irresponsabilità.
 
Che si pensi di ovviare a tutto ciò con l'obolo che gli antiabortisti potrebbero distribuire nei consultori, come proposto ad esempio dalla Regione Piemonte (Assessore Marrone di FdI)... appare francamente offensivo. Anche questa è violenza, è un atto di intimidazione verso le donne che vogliono abortire. Senza nulla risolvere per chi vorrebbe avere figli ma non può per la precarietà a cui è condannata/o da un iniquo sistema economico.

Questo abbiamo provato a spiegare in una lettera aperta alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, prima donna a questa carica e, Lei sì, felice esempio di conciliazione tra vita familiare e vita professionale al più alto livello.
 
Questa lettera la distribuiremo sabato 26 novembre dalle ore 10 alle ore 12 sotto i Portici Anfossi di Piazza Alfieri.
 
Saremo felici di incontrarvi e discutere con chi vorrà passare al nostro banchetto.

Ecco la lettera inviata:

Presidente Meloni,
noi vorremmo per le donne che vivono nel nostro Paese quello che è stato possibile per Lei: una vita familiare e una vita professionale, senza dover sacrificare né l’una né l’altra. No, non pretendiamo di diventare tutte Presidenti del Consiglio o Segretarie di partito o Parlamentari della Repubblica. Ci accontentiamo di molto meno.

Ci basterebbe poter diventare madri nonché vivere una vita di coppia nonché adempiere ai nostri doveri di figlie verso i genitori anziani. E farlo in tranquillità, senza:

rischiare il licenziamento perché al momento dell’assunzione ci hanno fatto firmare una lettera di dimissioni in bianco

non vederci rinnovato il contratto precario giunto a scadenza perché “tanto adesso faremo un mucchio di assenze”

essere licenziate appena nostro figlio o nostra figlia ha compiuto un anno di età

essere poste forzatamente in part- time con lo stipendio decurtato e che non basta più

non ottenere il part – time che ci è indispensabile per far fronte a tutti i nostri impegni, obbligandoci alle dimissioni

vederci demansionate o emarginate o considerate non più affidabili sul lavoro, anche se cerchiamo di dare il massimo e siamo bravissime a ottimizzare i tempi
scordarci ogni prospettiva di crescita professionale, scordarci la ‘carriera’ che magari ci meriteremmo alla grande

essere trasferite in sedi lontane da casa o dall’asilo o dalla scuola, quell’asilo e quella scuola che avevamo scelto giusto per essere più vicine alla sede di lavoro….o lontane dalla casa dei nostri genitori che hanno bisogno di assistenza

non riuscire a far quadrare il bilancio perché i nostri stipendi sono troppo bassi, e anche quelli dei nostri compagni non scherzano

fare lo slalom, vere e proprie acrobazie, tra gli orari del lavoro, della scuola, delle visite mediche, dei supermercati, della gestione della casa…..avere sempre il fiatone e la sensazione di non riuscire a fare tutto, avere il rimorso di togliere del tempo alle relazioni con le persone care nonché a noi stesse

scontrarsi con la carenza dei servizi sociali che dovrebbero supportarci

scontrarsi con affitti e/o mutui troppo alti, perché le case popolari sono state abbandonate e in generale non si fanno più politiche per abitazioni accessibili a tutte le tasche.

Potremmo continuare, e Le possiamo garantire che questi problemi sono vissuti – certo in forme diverse – dalle più svariate categorie di donne, operaie-impiegate-addette alle pulizie-commesse- dottoresse-infermiere-managers-insegnanti-badanti-professioniste-artigiane….

Ecco perché nel nostro Paese molte rinunciano ad avere figli e figlie, non iniziando una gravidanza o interrompendola. Non è egoismo ma triste consapevolezza che essere madri in Italia espone a fatiche e solitudini acutissime. E spesso è proprio oggettivamente impossibile: lavori precari e sottopagati non consentono neanche di uscire dalla casa dei genitori, come pensare a costruire una famiglia propria? Si pensa che basti la mancetta che le organizzazioni antiabortiste vorrebbero devolvere nei consultori?????

E poi ci sono quelle donne, quelle coppie, che un figlio lo desiderano, lo pianificano e possono mantenerlo, ma si trovano davanti ad una diagnosi impietosa di grave disabilità. Vuol dire trovarsi di fronte ad una scelta straziante, più dolorosa di quanto si possa immaginare. Qui si impone una doverosa riflessione sulle falle dei servizi a sostegno della frequenza scolastica del bambino disabile nonché dell’inserimento lavorativo della persona disabile adulta, della domiciliarità e della legge “Dopo di Noi”.

Rinunciare alla maternità o viverla con tutto questo disagio, per noi è VIOLENZA.

Non rispettare la libera scelta di una donna sul proprio corpo e sulla propria vita, che la può indurre a interrompere una gravidanza per mille motivi su cui nessuno ha diritto di sindacare, per noi è VIOLENZA.

Lei ha parlato di diritto a non abortire. Siamo d’accordo, ma non esiste in Italia alcun dovere di abortire, anzi un uso strumentale dell’obiezione di coscienza rischia di vanificare la Legge 194. Esiste invece una grave difficoltà di gestione familiare, ma per questo non si tocchi una Legge che noi difenderemo con tutte le nostre forze. Abbiamo già vinto un referendum anni fa, non ci fa paura un’altra battaglia per una così giusta causa.

Si faccia invece quello che è giusto: eliminare la precarietà del lavoro, alzare gli stipendi, provvedere buoni servizi sociali e case economiche. Lo Stato deve fare la sua parte e deve anche, sì, ‘disturbare quelli che producono’, la classe imprenditoriale, chiedendo un contributo al benessere comune a partire dalla fedeltà fiscale e da una tassazione realmente progressiva come prevede la Costituzione.  Il contrario di quello che Lei ha detto alle Camere chiedendo la fiducia.

La salutiamo augurandoLe buon lavoro e augurando all’Italia che una Presidente del Consiglio, la prima donna a quest’alta carica, faccia la differenza.