Silenzio...

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di Emilia De Rienzo.

Il silenzio è il grande assente nella vita dei ragazzi. La mancanza di suono, ma anche di rumore è qualcosa che ci turba. “Ho paura del silenzio” mi ha detto in modo esplicito una ragazza, “ho bisogno sempre di sentire delle voci o della musica”.
Non parlo naturalmente di quel silenzio che un insegnante chiede quando entra in classe. “Fate silenzio” o “state zitti” è ciò che spesso si dice. Un silenzio imposto che perde tutto il suo fascino e il suo valore e fa scattare la voglia di trasgredire...

Siamo, sono troppo immersi nelle parole tra quelle che diciamo, sentiamo o ci arrivano da tutti quegli apparecchi di cui ormai ogni casa è piena, tutte quelle parole che ci raggiungono senza incontrare la minima resistenza, cascano a grappoli da tutte le parti senza che si riesca ad afferrarle. Certo allora che il silenzio può far paura, può darci il senso di un vuoto nel quale pare di precipitare.

Che senso ha il tempo intimo, il tempo sospeso del silenzio e della riflessione in una società in cui il valore di una persona sembra misurarsi sempre di più su velocità di esecuzione, performance e risultati?

Devono sperimentarlo il silenzio i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, toccare personalmente la bellezza del raccoglimento, del fermare per un momento tutte le stimolazioni che arrivano dall’esterno, belle o brutte che siano, tutte. Quel rumore che riempie, non lascia spazi, impedisce le pause, i puntini di sospensione. Imparare a stare: chiudere per un momento gli occhi, entrare in contatto con quello che scorre dentro di sé. Smettere di fare alcunché, ascoltare il proprio respiro, lasciare che i pensieri, liberi, vengano lentamente. Sperimentare l’espandersi del tempo che si fa più lento.

Non importa se non siamo soli. Nella classe tutti insieme ci si ferma. Tutti così come siamo. Ci proviamo, ci continueremo a provare. Ascoltarsi, imparare a sentirsi. E poi riaprire gli occhi e raccontare quello che si è provato. O scriverlo. Questo è l’inizio di ogni poesia. Dal silenzio nasce il linguaggio poetico e la capacità poetica di sentire.

Pian piano, il bambino, il ragazzo impara ad avere più consapevolezza del proprio corpo, della propria individualità del proprio funzionamento mentale, delle proprie emozioni, delle proprie reazioni, dei propri sentimenti. Impara a scoprire quello che è suo proprio. Ad accogliere con fiducia ciò che capita. La paura del silenzio passa e apre delle porte inaspettate, un dentro e un fuori da esplorare.

Fare silenzio insieme è una profondissima comunione. Alla fine ci si dice come è andata, come si sta. E in quei momenti si impara che il silenzio può insegnare anche come ascoltarsi l’un l’altro. Nessuno interrompe, nessuno ride quando si parla. Si accolgono le parole dell’altro. Si comprende che non è importante capire subito, che è importante lasciare che l’altro si esprima, sia finalmente libero di parlare. Tutti saranno ascoltati, anche se non hanno ancora nulla da dire. Si accoglierà il loro silenzio. Un silenzio che non è fatto né di approvazione, né di disapprovazione, ma di attenzione.

Saper stare nel silenzio è importante e non è qualcosa che si impara una volta per tutte, si aiutano i ragazzi a cercarlo nei momenti in cui è necessario per scegliere il senso che si vuole dare alle proprie azioni, alle proprie parole, ma anche per ascoltare i discorsi degli altri, per uscire dagli stereotipi, dai sentiti dire, dalla reattività.

Il silenzio è poi il luogo di incontro tra noi e gli altri. È segno della disponibilità ad accogliere l’altro così com’è, senza piegarlo al proprio discorso. Mantenere il silenzio di fronte all’altro è un modo di riconoscerlo in quanto altro, di manifestargli rispetto per quello che è. Il silenzio è un modo di dire all’altro che non si ha la pretesa di conoscerlo, che gli si offre uno spazio in cui esistere. Il proprio silenzio dichiara all’altro di non sapere tutto, che si è disponibili ad ascoltare una verità che non è la propria ma la sua.

Questo atteggiamento è ancora più importante in un periodo che sempre più diventa multiculturale.

L’insegnante con questo modo di vedere, non dirà “Fate silenzio”, ma “Facciamo silenzio”, apriamo la nostra mente e il nostro cuore. Oggi è un nuovo inizio. Sempre può essere un nuovo inizio. Quando entrerà in classe l’insegnante, saluterà i suoi allievi. Li guarderà per un momento e attenderà che tutti siano pronti. Con calma. È così che inizia la giornata, partendo dall’attesa, dalla condivisione di uno spazio silenzioso da cui ricominciare, insieme.

È sempre stato per me un bellissimo momento quello in cui i ragazzi smettevano di fare chiasso, alzavano la testa verso di me pronti a cominciare.

Questo articolo di Emilia D Rienzo – insegnante per oltre trent’anni a Torino – fa parte di una ricerca che prova a scavare intorno a diverse parole/concetto con le quali favorire il passaggio da una scuola del “Non si può” a una “Scuola del dialogo”.

Tratto da: https://comune-info.net/scuole-aperte/silenzio/