Referendum, dalla sconfitta cerchiamo di imparare qualcosa per il futuro

Stampa

di Luisa Rasero.

I motivi fondamentali della sconfitta sono due, ormai ampiamente noti e dibattuti. Primo: il quorum molto alto richiesto in Costituzione e la tendenza sempre più massiccia all’astensione, combinato disposto che rende agevole il truffaldino stratagemma di far prevalere il NO non recandosi alle urne (truffaldino perché la non partecipazione, pur prevista in Costituzione per il referendum, dovrebbe applicarsi ad un giudizio di irrilevanza del quesito: arduo sostenere che lavoro e cittadinanza fossero tali). Secondo: in questo caso specifico, il venir meno del trainante quesito sull’autonomia differenziata, qualcuno ha usato l’immagine di vagoni senza locomotrice...

Questi due fattori hanno pesato per... il 90%? Il 95%? Comunque parecchio. Resta però un 10% o 5% (o anche meno se volete, comunque un pezzettino) di errori commessi da noi sostenitori dei referendum - ovviamente a mio parere - e vorrei provare a delinearli per non commetterli più in futuro.

I quesiti sul lavoro erano troppo difficili, tranne forse il primo sul Jobs Act. Anche in passato, i referendum che hanno funzionato meglio sono stati su grandi questioni, semplici e chiare, facilmente riassumibili con uno slogan o con pochissime parole: divorzio, aborto, nucleare, acqua pubblica!
Non solo: tranne appunto il primo, gli altri tre quesiti, se approvati, avrebbero condotto a risultati solo parziali. I contratti a termine non venivano aboliti, ‘solo’ limitati. I dipendenti licenziati dalle piccole imprese non avrebbero avuto il reintegro, ma ‘solo’ la possibilità di un risarcimento più alto. Gli appalti non sarebbero stati vietati ma si sarebbe ‘solo’ resa la vita più dura al committente.
Attenzione: risultati rispettabilissimi e importanti, se presentati alla fine di una trattativa o dopo uno sciopero. Metto il ‘solo’ tra virgolette proprio per dire ‘solo si fa per dire’. Purtroppo, come quesiti referendari non funzionavano benissimo, spiegandoli si doveva andare troppo sul tecnico, mancavano di quell’elemento mobilitante, quello che fa infiammare gli animi, che fa dire ‘o di qua o di là’. E, anche in quel caso, la partita sarebbe stata difficile lo stesso, perché la precarietà lavorativa e la connessa individualizzazione/atomizzazione hanno scavato nel profondo.

Comunque la Cgil – che li ha proposti e che ha lavorato tantissimo - qualcosa porta a casa. Non è poco aver convinto più del doppio dei propri iscritti, vuol dire affermarsi come una forza importante nella società. E il ricorso al referendum è stato anche un modo di allargare la sensibilità generale sul tema del lavoro, oggi oscurato. Tutto ciò porterà frutti in futuro, secondo me.

Referendum sulla cittadinanza. In questo caso, dobbiamo paradossalmente rallegrarci di non aver raggiunto il quorum, perché altrimenti avrebbero prevalso i NO. Mi pare evidente: sono andati alle urne sostanzialmente solo i favorevoli ai cinque quesiti, questo si è piazzato peggio degli altri, se si aggiungevano i contrari che hanno disertato... era fatta. E un quesito sconfitto è un arresto molto più duro di un mancato quorum, credo ci sia proprio l’impossibilità di ripresentarlo per un tot di anni.

Era un quesito difficile come quelli sul lavoro? Macché, era facilissimo, tecnicamente il più semplice da spiegare. Politicamente, invece, era quasi impossibile, e allora bisogna porsi qualche domanda.
L’Italia è in buona parte una società razzista, che siano i razzisti cattivi alla Salvini o i razzisti di reazione, intendo gli impoveriti che sono indotti alla guerra tra poveri. E’ un fenomeno da combattere? E ci mancherebbe altro, da combattere con tutte le nostre forze! Ma visto che non lo abbiamo ancora sconfitto, anzi ne siamo ben lontani, era opportuno questo azzardo? Certo, a volte bisogna forzare, dare uno scossone. Vero. Ma la mia deformazione professionale da ex-sindacalista (in Cgil) mi porta anche a considerare l’effetto boomerang di una battaglia persa, persa perché incauta. Proprio pensando al danno che ne può derivare alle persone che si volevano avvantaggiare. Quando si propone un referendum di questo tipo, si scommette su di una sensibilità popolare più avanzata rispetto alle leggi vigenti, com’è stato per nucleare e acqua, ma bisogna valutare con molta attenzione.  

(E, guarda caso, chi ha proposto questo quesito? Gli eredi del Partito Radicale, vale a dire il colpevole affossatore dell’istituto referendario. Ve li siete dimenticati, i referendum presentati all’ingrosso, 10 quesiti alla volta, spesso su argomenti astrusi e strampalati? I referendum avevano iniziato a mancare il quorum anche prima che l’astensione esplodesse, per colpa di queste follie. Chissà perché queste cose sono state perdonate così facilmente e perché Emma Bonino continua ad essere santificata, mah!)

In ogni caso, anche questo quesito mancava del fuoco necessario, non era lo Ius Soli dal forte impatto simbolico, ma da 10 a 5 anni... siamo di nuovo agli onorevoli risultati parziali, come già detto per il lavoro.

Infine, su questo quesito – pur facile – si è commesso un errore di comunicazione. Noi dicevamo di voler di abbassare gli anni per la cittadinanza da 10 a 5: sbagliato, perché per fare ciò avremmo avuto bisogno del referendum modificativo, che in Italia non esiste. Disponendo solo del referendum abrogativo, noi chiedevamo – per l’appunto – di abrogare una legge, e nello specifico la legge che alcuni anni fa ha aumentato gli anni necessari (che in Italia erano sempre stati 5 come in tutta Europa), addirittura raddoppiandoli a 10. In sostanza, NON chiedevamo un miglioramento per le persone immigrate, ma l’eliminazione di un peggioramento, l’eliminazione di un atto di crudeltà che aveva unicamente scopo vessatorio. Sono giochi di parole? Può darsi, ma i pubblicitari con questi giochi di parole impostano le campagne vendita, perché badano molto all’impatto psicologico, cosa che noi facciamo poco. Oltre alla testa c’è il cuore, la fantasia, il sentimento. Alla pancia, ci pensano già altri.   

Quando avremo risolto i veri grossi problemi, cioè modificato le leggi referendarie e recuperato l’astensionismo, magari servirà tenere presente anche queste cosette, forse non inutili e che sintetizzo così:
    1. Quesiti semplici e di impatto
    2. Possibilmente un quesito solo per volta
    3. Valutazione realistica dei rapporti di forza
    4. Comunicazione efficace non solo dal punto di vista intellettuale.

Alle prossime battaglie!