Lettera a Taddeo, che ora non abbaia più

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di Alessandro Mortarino e Marisa Pessione.
ImageSi diceva una volta che “il privato è politico” e se così è ancora, allora queste nostre riflessioni su Taddeo, il nostro cane dalle sedici primavere, saranno forse accettabili da tutti e, in particolare, dai molti tra voi che hanno avuto modo di frequentare la nostra casa tra i noccioli delle colline, là tra Langa e Monferrato. Perennemente sorvegliata dal fidatissimo Taddeo, appunto, arruffato meticcio dalle orecchie attente e dalla voce stentorea.
Che da poche ore ha scelto di stare in silenzio, vinto dalla fatica di combattere qualche malanno troppo profondo per le sue semplici reazioni istintive da cane rustico ...

Era entrato a far parte della nostra comunità sin dal momento della sua fondazione, cioè dal primo giorno da cittadini emigrati in campagna: noi come lui, del resto, che nella periferia della Falchera (il “Bronx di Torino”) era stato visto correre come il più libero e spaventato dei cuccioli, tratto in salvo proprio in quanto cucciolo libero e spaventato, curato e coccolato fino al patto tra soci ed azionisti di un nuovo da avanzare e costruire.

Con lui avevamo condiviso il poco di pronto che c'era in quella prima sera punteggiata di camion da scaricare, mobili da spostare, bauli da trascinare: un piatto di minestra calda per spezzare il gelo di quell'inverno più intenso che mai, così rigido da rendere umida la poca legna disponibile per la stufa, e un materasso su cui confondere gioco e riposo. Una stanza-ripostiglio raggiungibile solo da quadrupedi adulti e temerari, dati i troppi scalini ripidi che separavano il fango del prato dal focolaio casalingo e che a lui apparivano come un ostacolo insuperabile. Il coraggio è una dote che deriva dall'esperienza: sta nel sangue, ma occorre che il cervello si faccia molla per metterlo in azione.

Il nostro primo Veterinario lo definì da subito un “molossoide” e la cosa ci intimorì non poco: sarebbe,dunque, divenuto un temuto difensore di suoli privati e di usci anziché restare il cucciolone svagato ed entusiasta che sembrava ? A giudicare dalla coda mai ferma e dal perenne caracollare non si sarebbe detto, ma i Veterinari sono professionisti della scienza, posseggono certezze rintracciabili, non sbagliano mai: come i dottori, i chirurghi, i dentisti.
E non aveva sbagliato. Solo che “molossoide” identificava la stazza e non la dirittura morale, che continuò ad essere “intrattenibile”.
A chi ci chiedeva “di che razza è ?” potemmo così continuare a dire “è un tornaacasaLessie, certamente incrociato con ben altro ...”. Al che, chiunque chiosava: “un bastardo, insomma”.
No, guarda, bastardo proprio no ... Diciamo fetente, al limite”.

Amava inventare giochi pericolosi come, ad esempio, inseguire motorini lungo strade asfaltate in discesa, magari con una gallina viva in bocca; correre dietro a bombe di fango delle vigne d'inverno, opportunamente pressate dai suoi poveri educatori; riconoscere a distanza di chilometri una crosta di pane secco spezzarsi; catturare al volo un calabrone in ricognizione, sgranocchiarselo, scoprire che in realtà era una vespa dal pungiglione venefico e che la lingua duole dove l'insetto batte; piluccare i “rapulin” di moscato restati in vigna dopo la vendemmia (a Novembre pieno, il miglior “passito” che un intenditore possa selezionare); abbaiare a qualsiasi rumore, sospetto e non sospetto, perché distinguere tra abitudine e norma avrebbe potuto sembrare esercizio razzista e un po' troppo snob.

Negli ultimi anni era entrato in una spirale senza grandi aspettative di futuro. Ma lui, questo, non poteva capirlo, perché solo l'uomo è animale dotato di conoscenza (ri-conoscenza) del sé e, dunque, del divenire; per Taddeo il futuro, semplicemente, non esisteva. Lo si capiva da come nascondeva un osso dopo la prima mezza giornata di sessione di “rosicchiatura”: nel medesimo posto, ad appena pochi centimetri sotto terra così che chiunque potesse rintracciarlo. Cosa che gli provocava perenni nuovi singulti di stupore, come se pure la memoria fosse parte della sua nozione di “futuro”.

E che dire delle sue giornate, sempre uguali ? Le cose importanti – le uniche cose importanti – erano mangiare-bere-giocare: tutto qui in una esistenza ?
Che vita è, quella di un animale ?
O, in fondo, non è la stessa cosa per noi uomini ?
E così non dovrebbe essere ?
Mangiare-bere-giocare, già ...
La vita è tutta qui. E il futuro ...

Le zampe posteriori avevano poi iniziato ad indebolirsi: normale per un molossoide in avanzamento d'età. Progressivamente aveva perso gran parte dell'udito e la cataratta era entrata maestosa a far baluginare ombre di fantasia tra la sua (fino ad allora) perforante visione centrale e quella periferica, che rende diversi gli animi sensibili. Un percorso senza ritorno, a cui potevi solo offrire placebo e gentilezze, non certo moine che un “rustego” non amava ricevere, tanto da segnalarlo con eloquenti arricciamenti del naso “non mi piaci quando fai così, stammi alla larga: can che avvisa non dorme”.

All'ultimo, una pena. Fino al punto di guardarti con occhi supplichevoli che potevano suggerire parole di aiuto estremo. Perché non sono le primavere a pesare sulle groppe dei nostri quadrupedi, quanto le estati torride ed improvvise che tolgono forze, fantasie, allegrie, entusiasmi ...

Ora Taddeo non abbaia più. Così pare, almeno.
Nelle nostre orecchie qualcosa – molto – è rimasto del suo vociare deciso: forse avrà fame o sete o vorrà correre e giocare ancora un po' ...
Chissà. Dicono che questa sia la vita. Ma ogni volta se ne resta sorpresi.
E' questo il vero segreto ?