Nostra intervista esclusiva al Leader del PCNC (Partito Che Non C'è)

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Esaurita l'abituale pausa di Agosto, la newsletter settimanale di Altritasti torna nelle vostre caselle di posta elettronica e ci solleticava l'idea di riprendere il filo dei nostri dialoghi con un “botto”. Essendo nel mezzo di una quasi surreale campagna elettorale, rapida quanto mai accaduto nella storia della nostra Repubblica e nel pieno della disattenzione estiva di coloro che dovranno sancire il nuovo assetto parlamentare, ci siamo dati da fare per trovare un buon modo per affrontare il tema del “chi votare” con questa intervista (surreale?) alla forza politica che tutti i sondaggi danno come certo trionfatore della lotteria del 25 settembre...

Buongiorno Signor Leader, vorremmo donare ai nostri lettori qualche spicchio di conoscenza della sua figura.

Molto volentieri, grazie. Ma vi prego di non chiamarmi Leader, il Partito Che Non C'è non ha Leader ma tanti, tanti volti e personalità che lo rappresentano.

Ma come? Tutti i migliori prezzolati spin doctor stanno da settimane lavorando per posizionare nell'immagine pubblica una figura che incarni una specifica proposta politica...

Appunto.

Appunto cosa?

Appunto. Dovremmo sgretolare la convinzione che la politica sia spettacolo e one man show. Il Pianeta è in bilico e non sarà una persona a rimetterlo in equilibrio, ma masse consapevoli, coinvolte, partecipi, non-deleganti.

Va bene, non parliamo di lei ma del suo Partito.

Non è mio.

… del Partito Che Non C'è...

Non c'è molto da dire: è una forza che chiede alla Politica di essere onesta.

Onestà, onestà. Questa si è già sentita.

Non mi riferisco solo all'integrità morale del personale politico, intendo “onestà” nel senso di raccontare l'odierna realtà per ciò che è davvero, l'opposto di quanto tutte le attuali forza politiche stanno facendo.

Ci spieghi.

E' molto semplice: oggi tutti i Leader – come voi li chiamate - ci raccontano come orienteranno il Paese qualora dovessero trovarsi nella condizione di guidarlo. Ogni Partito propone qualche aspetto interessante, ma nessuno ha il coraggio di dire che si tratta di piccoli palliativi. Perché il problema sta nel modello di società e nei limiti del sistema. Tutti propongono di migliorarlo, nessuno di trasformarlo o sostituirlo. Ma bisogna essere onesti, accettare la necessità impellente di un cambiamento sostanziale e cambiare. Cambiare. A lettere maiuscole.

Lavoro, occupazione, ambiente, legalità, istruzione, sanità, economia. Da dove si inizia, secondo lei? Scusi... secondo voi?

Da tutti questi temi e da nessuno. Mi spiego con un esempio: lavoro e occupazione. C'è chi propone  di introdurre un salario minimo retribuito con 9 euro all'ora, chi lo vorrebbe a 10 euro, chi suggerisce di ridurre il numero dei contratti nazionali, chi vorrebbe premiare le aziende che assumono, chi vorrebbe incentivare la capacità “calmierante” del mercato. Ma la domanda vera è: nel futuro c'è lavoro per tutte e tutti? Giovani e meno giovani?

Secondo lei?

Tutte le nostre società si basano sul principio economico, ormai egemone su ogni ganglio della nostra vita. E' un principio terribilmente semplice che fa leva su un elemento: il consumo.
Crescita. Sviluppo. L’economia basata sui consumi. E' la regola di tutti gli economisti di ieri e di oggi: far crescere i consumi. Ma quando in una famiglia ci sono già 2 o 3 televisori, altrettante auto, una lavatrice supermoderna e mille oggetti di arredo, la regola principe dell’economia rischia di non funzionare più: le fabbriche sono tante e fortemente in competizione tra loro, producono ma non vendono, gli operai perdono il lavoro e senza stipendio acquistano e consumano meno. E’ la crisi, bellezza ! E poi scopri che più consumiamo e peggio stiamo, che stiamo danneggiando irrimediabilmente il nostro Pianeta,  che ci stiamo mangiando il nostro futuro e quello dei nostri figli. E’ come se continuassimo a segare il ramo su cui siamo seduti: prima o poi il ramo si spezza. E tu … per terra ! Se la smettiamo di consumare, che fine fa il nostro bel modello di società opulenta ?

E quindi cosa proponete?

Di essere onesti. Di immaginare un futuro in cui il lavoro sia centrale ma per “aggiustare” ciò che è di proprietà comune e non per un salario. Abbiamo una enormità di situazioni da “aggiustare”: fiumi, mari, colline, boschi, città, ghiacciai... di tutto e di più.

Non le pare che ci vorranno decenni per un passo così rilevante?

Dipende da quando si inizia, il tempo non può possedere un termine se manca un avvio. E la Politica, oggi, ha il DOVERE di costruire il cambio del paradigma e non limitarsi a proporre ritocchi all'esistente. Che non possono funzionare, se non – forse e se siamo fortunati – per il breve periodo prima di un nuovo crollo. Ma il muro ha una crepa rilevante e una minima scossa rischia di allargarla. Fino a farla crollare. Abbiamo chiara la situazione? Pandemie e misure di confinamento, guerre ovunque, emergenza climatica planetaria, siccità, riduzione delle produzioni agroalimentari, shock energetico, migrazioni di massa, criticità gravi in ogni ambito: cosa stiamo aspettando ancora per intervenire drasticamente? Invece, in Italia, ci preoccupiamo di finanziare con il PNRR nuove infrastrutture, di sostenere i debiti della compagnia aerea nazionale (anziché limitare il traffico nei cieli e stimolare la mobilità dolce e collettiva) e tante altre marginalità per “tamponare”. Cioè per una crescita e sviluppo che non solo non servirà a nulla, ma andrà a peggiorare il quadro dell'esistente. Una guerra, un'alluvione, un terremoto provocano danni e distruzione e poi una ricostruzione, che produce crescita e sviluppo: è questo che vogliamo per il nostro futuro?

Non crediamo che sulle schede elettorali il 25 settembre troveremo il simbolo del  Partito Che Non C'è...

Infatti.

Peccato...

I cittadini-elettori possono, però, iniziare a chiedere alle forze politiche di non prenderli in giro: se le masse chiedono, la Politica sono convinto che finirà per rispondere.

Voi le vedete queste masse?

Da qualche parte. Un po' distratte, però...