Happy holiday o felice vacanza?

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di Marisa Pessione.

Si parla di valorizzazione del territorio, di attenzione agli usi, costumi e tradizioni di un luogo legando questi concetti alle proposte e pacchetti da offrire a turisti che vengono da lontano e sono curiosi di conoscere e assaggiare sia con gli occhi che con la bocca quello che quel nuovo contesto vacanziero gli può offrire...

E’ nell’autenticità di un luogo, nelle persone che ci vivono e  ci lavorano, nella terra, nel cibo, nelle variazioni del paesaggio, nel linguaggio e nei variegati dialetti, fatti di espressioni alcune volte intraducibili, che sta la bellezza e l’unicità degli innumerevoli piccoli comuni e frazioni che punteggiano il nostro territorio italiano.

Ma spesso, e quasi ormai come consuetudine, si accolgono le persone che viaggiano con termini, parole d'ordine e insegne che nulla hanno a che fare con la storia del territorio, pensando che tale tipo di offerta possa rendere più appetibile e accattivante la proposta di soggiorno. E quindi si fa uso sempre più frequente di parole di derivazione inglese con la motivazione che sono ormai nel linguaggio conosciuto e utilizzato da tutti.

Quindi se cerco un posto dove dormire, ho la possibilità di un bed & breakfast, di una room, di un hotel, di un relais, o - addirittura - di un host o un greeter che ci può accogliere anche nella sua home: tutti termini ormai usuali che però non fanno parte del nostro vocabolario (o, forse, del nostro vecchio vocabolario).

E se ho voglia di bere c’è sempre un wine bar che ci aspetta.
E se ho voglia di camminare e stare a contatto con la natura posso fare un trekking, un’experience o avventurarmi in un forest bathing… una full immersion molto slow.

Non sarebbe più bello sentir risuonare correntemente termini come locanda, affittacamere con colazione, albergo, albergo di lusso, ospitalità diffusa, mescita di vini, passeggiata o camminata in un bosco? Non si sta forse perdendo quel patrimonio di termini - non solo italiani ma anche dialettali - che caratterizzano il nostro territorio?

Perdere e veder scomparire piano piano termini dialettali ma anche luoghi che li simboleggiano, come ad esempio le piole e gli ostu con i loro cibi autentici ma nello stesso tempo ricercati nella loro semplicità (non solo delle materie prime ma anche nell’ospitalità), non è forse un allontanarsi sempre più dal concetto di preservare caratteristiche peculiari del nostro territorio?

L’accoglienza è fatta di piccoli gesti veri che con lo sguardo al passato sa offrire nel presente il gusto e la sensazione piacevole della memoria di quello che è stato.
E noi siamo i portatori di questi saperi... non lasciamo che si perdano nel mondo della globalizzazione.