Violenza maschile sulle donne: a che punto siamo?

Stampa

di Luisa Rasero, Coordinamento Donne Cgil Asti.

Sarebbe bello, ogni 25 novembre, fare una rassegna di quello che è successo durante l’anno. Mi limiterò agli ultimi giorni. L’organizzazione Action Aid ha svolto un monitoraggio sui fondi ai Centri Antiviolenza, e non è un bilancio positivo. I fondi sono stati aumentati, ma sono ancora insufficienti al bisogno e, soprattutto, tardivi nell’arrivare a destinazione. Al 15 ottobre 2020, le Regioni avevano erogato il 72 % dei fondi relativi alle annualità 2015/2016, il 67 % per il 2017, il 39 % per il 2018 e solo il 10 % per il 2019. Anche in questo campo, si conferma la storica incapacità italiana di spendere i fondi, come succede per quelli europei. E si conferma l’inefficienza dell’Ente Regione, già dimostrata nell’emergenza sanitaria...

La pandemia ha sicuramente moltiplicato i problemi. L’Istat ad agosto ha rilevato che le chiamate al numero antiviolenza 1522, tra marzo e giugno 2020 sono aumentate del 119 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche le richieste tramite chat sono passate da 417 a 2666! E sono quasi sparite le richieste di aiuto da parte delle donne migranti, segno di come il confinamento (inevitabile, certo) abbia danneggiato soprattutto le persone più vulnerabili.

Cattive notizie anche sul gender gap, la disparità salariale tra donne e uomini. Da un recente rapporto Censis-Tendercapital, il tasso di occupazione in Italia è il 58,4 % per le donne e il 66,6 % per gli uomini. 20 punti di differenza. In periodo di pandemia, il tasso di occupazione femminile è diminuito di un ulteriore 2,2 %, quello degli uomini dell’1,3. La metà. E se il 39 % degli uomini ammette che in questi mesi sono aumentati stress e fatica, le donne lo dicono al 54 %. Segno che lo smart working non regolato ha effetti negativi principalmente sul genere femminile.

A proposito: un recente questionario della Cgil Nazionale sullo smart working ha rilevato un elemento significativo. Uno dei motivi di gradimento da parte delle donne è che, lavorando da casa, si sottraggono alle molestie sessuali sul posto di lavoro. Susanna Camusso ci ha invitato a considerare la ‘stranezza’ di questa risposta, nell’ambito di un questionario che parlava di altro, non di molestie. E concludeva che, molto probabilmente, questa risposta ci indica che il problema delle molestie è molto più grave e più diffuso di quanto riusciamo ad intercettare.

E sul fronte della cultura? Un quotidiano nazionale propone una nuova collana di libri, questa volta sulla filosofia. 45 filosofi, tutti maschi. Come se nel corso della storia non fossero esistite pensatrici di valore. Basta cercarle, se si vuole farlo.

Qualche nota positiva... Un bel progetto promosso dall’Università Vanvitelli della Campania insieme ad altri soggetti: un biennio di formazione rivolto a chi opera nel mondo della giustizia, delle forze dell’ordine, dell’informazione. Il titolo è Never again (Mai più). Il titolo si può leggere in due modi. Certo l’auspicio che azioni di violenza non si verifichino più. Ma anche che la violenza non venga replicata, che non avvenga “di nuovo” quando una donna trova la forza di denunciare. Pensiamo alle modalità di un processo, al linguaggio di certe sentenze o di certi articoli di giornale.

Nel nostro piccolo, ad Asti, stiamo preparando un vademecum per aiutare le donne a evitare le dimissioni. Molte lavoratrici non riescono più a tenere insieme i pezzi della loro vita, quella professionale e quella familiare. E gettano la spugna, si dimettono. Noi abbiamo raccolto e​ messo in fila tutte le normative che consentono quanto meno di tirare il fiato. Certo, siamo nell’ambito della pura e semplice conciliazione, e Susanna Camusso ci ha invitate a diffidare di questo concetto. La conciliazione vuol dire che una donna si concilia con se stessa, cerca di far stare insieme tutto e il contrario di tutto. Ci vorrebbe, invece, la condivisione. Siamo consapevoli di questa contraddizione, diciamo che queste sono soluzioni di emergenza per non perdere per strada delle lavoratrici.

Buone notizie dalla Germania. Un recente disegno di legge prevede la presenza di almeno una donna in ogni Consiglio di Amministrazione delle società tedesche quotate in Borsa. Ma, se lo Stato detiene la quota di maggioranza, il numero di donne dovrà essere pari al 30 %. Non è una cosa che riguardi solo poche donne ai vertici economici. L’ingresso nei luoghi che contano serve a tutte quante. Non per nulla il Bdi (l’Associazione federale delle industrie, insomma la Confindustria tedesca) si è subito raccomandata che la nuova legge venga introdotta con gradualità e prudenza. Paura eh?

Per finire, auguri di buon lavoro a Kamala Harris, la prima donna alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Auguri sinceri, ne avrà bisogno.