E se disertassero tutti?

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di Paolo X Viarengo.

E se disertassero tutti? E se all’improvviso tutti buttassero via i fucili e non premessero più i bottoni per lanciare i missili? E se i piloti dei jet e dei carri armati dicessero “pilotatevelo voi, imbecilli!”? E se, come nelle storie narrate delle tregue di Natale durante la Prima Guerra Mondiale, gli uomini di entrambe le parti uscissero dalle trincee e si parlassero? Si scambiassero doni? Magari, come è successo sul Fronte Occidentale, facessero una partita di pallone? Cosa succederebbe se tutti lo facessero?...

Immagino che se nessuno combattesse più la guerra, la guerra terminerebbe. Immediatamente. Non ci sarebbe più bisogno che pochi decidano il destino di tanti. Seduti ad un tavolo della Pace, beandosi delle loro buone intenzioni a difesa di una Patria creata su un tavolo da disegno mentre gli altri, i più, attendono di sapere se devono ancora uccidere o farsi ammazzare.

Ci vorrebbe coraggio, certo, forse più che per combattere. Eppure chi diserta è il vigliacco mentre chi resta a combattere è l’eroe. Eppure si combatte per paura, non per coraggio. Per paura che la propria Patria venga invasa. Per paura che i propri beni vengano rubati da un nemico, altrettanto impaurito di non avere abbastanza risorse. Da un nemico altrettanto impaurito di essere attaccato. Colpito. Ucciso. E così si combatte. Si uccide. Si ammazza. Si venera chi ha ucciso più gente, quando, in tempi normali, chi uccide una sola persona è un assassino.

Ma in tempi malati, chi ne uccide di più diventa un eroe e la sua salma è esposta all’onore delle genti nei vari Altari delle varie Patrie. Vittima, anche lui, di chi lo ha voluto eroe.
Ma se, un giorno, tutti assieme buttassimo via i fucili e le divise, cosa succederebbe? Chi attaccherebbe chi? Chi avrebbe paura di chi? Chi difenderebbe quale Patria? Perché in fondo, cos’è la Patria, tanto decantata e per cui sarebbe un onore dare la vita ed uccidere? Un pezzo di terra disegnato su una cartina che raggruppa persone che parlano la mia stessa lingua? Della mia stessa etnia? Ma cos’è l’etnia? Quando, non già il primo anarchico che si fece mettere in Croce duemila anni fa disse che siamo tutti fratelli, ma la Scienza stessa. Siamo tutti figli di un piccolo gruppo di Homo Sapiens Sapiens sviluppatisi dalle parti del corno d’Africa, un centinaio di migliaia di anni fa: è assodato. E’ accertato.

E allora è vero: siamo tutti, se non fratelli, almeno parenti. Le lingue, diverse, si possono capire. Le culture, diverse, si possono integrare. I beni, diversi, si possono dividere. Le paure, diverse, si possono superare. Insieme. Ma ci vuole coraggio.
Quella dell’Ucraina non è la guerra di Putin o di Zelensky ma delle donne e degli uomini che la combattono. Dei vecchi e dei bambini che la subiscono. E non è l’unica guerra in corso nel sanguinoso Risiko che è diventata la nostra Terra malata. In troppe parti del mondo donne e uomini, per la paura instillata loro da un leader imbecille, si ammazzano senza pietà. Attaccano per difendere le loro proprietà e i loro affetti. Uccidono e si fanno ammazzare, proprio per la paura che questo avvenga e, così, avviene. Quando, in realtà, occorre che il coraggio spazzi via le paure. Che la voce del coraggio urli in faccia, a chi non la vuole sentire, la domanda delle domande: perché? Perché devo ammazzare? Perché devo farmi ammazzare? Perché tu, o sommo idiota che sei al potere, costruisci e compri armi?

Idiota, perché solo un idiota comprerebbe o costruirebbe una cosa che non dovrà mai usare: se io abito in montagna e mi compro una barca a vela da tenere in giardino, come verrei considerato? Forse idiota o forse pazzo. Pazzo come chi acquista o costruisce armi e dice di non volerle mai usare. Pazzo come chi ci crede. Pazzo come chi le fa usare, usando la leva della paura ai suoi simili. Simili, Uguali. Perché chi sta al Potere è una donna e un uomo, come noi: non un Dio sceso dalle nubi ad insegnare il verbo. Pazzo come chi spende miliardi per un jet anziché costruire scuole, comprare cibo. Pazzo come quella scimmia, la cui storia i sociologi amano narrare.

“Se noi vedessimo una scimmia che accumula banane mentre le altre muoiono di fame, andremmo a studiarla perché sicuramente avrebbe qualcosa che non va – dicono - Eppure se lo fa un uomo, lo mettiamo sulla copertina dei settimanali come esempio di uno che ce l’ha fatta”.

E dai Palazzi del Potere, prima o poi, dovranno scendere. E dai Piedistalli dell’Economia, prima o poi, dovranno scendere. E camminare fra le donne e gli uomini. A vedere cosa gli hanno fatto fare, in nome di niente. In nome di soldi. In nome di Potere. A vedere la sofferenza che, nella loro brama di niente, hanno creato, per condividerla. Finalmente. Donne fra donne. Uomini tra uomini. Uguali fra uguali.