Gli alberi abbattuti e il mondo a più velocità

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di Daniela Grassi.

Ad Asti, nell’Anno del Signore 2025, sono stati abbattuti parecchi grandi alberi, in maggioranza platani, e altri ne saranno abbattuti nei prossimi giorni, probabilmente perché malati e per la sicurezza della popolazione.
Ovviamente la nostra speranza è che, se le cose stanno in questo modo, le piante abbattute siano sostituite il più in fretta possibile con nuovi esemplari, perché così ha da essere.
Ma quello su cui volevo richiamare l’attenzione, è altro...

Per non far abbattere i platani di corso Savona di fronte al vecchio mulino, ci sono stati cittadini e cittadine che sono giunti a fare lo sciopero della fame; quando a fine inverno è stato abbattuto il maestoso cedro del Libano che si trovava nella rotonda tra corso XXV aprile e via Monte Lungo, nel quartiere Torretta, qualcuno i primi tempi lasciava piccoli omaggi floreali e qualcuno ha pirografato un’epigrafe che ha posto su di un crocifisso di legno poi fissato sul grande ceppo dell’albero.

L’epigrafe recitava: “Era uno degli alberi più belli di  Asti” e in quella scritta si leggeva tutto il dolore per quella perdita, per quell’assenza, per quel vuoto che in quel luogo si era creato. E io lo so bene, perché di lì passo ogni giorno e sono passata anche quel giorno: uscendo l’albero era lì; tornando, con sgomento l’ho visto già a terra sezionato, immoto. Mi sono avvicinata e ho chiesto spiegazione: mi è stato gentilmente detto che l’operazione era stata necessaria a causa della marcescenza dell’apparato radicale di quel bellissimo gigante che appariva alla vista così sano.

Non avevo e non ho gli strumenti per contestare questa scelta, tanto più che su quel marciapiede passano moltissime persone, tra cui gli allievi della scuola Martiri della Libertà e i loro accompagnatori, ma da quel giorno non posso passare senza notare la luce differente, cruda, quell’assenza d’abbraccio, d’ombra, di conforto e di bellezza che il cedro era.

Quando ho visto la piccola epigrafe e soprattutto il crocifisso su cui era montata, mi sono commossa e mi sono anche chiesta quanto avrebbe resistito. Difatti, dopo due o tre mesi, qualcuno ha pensato bene di svellere croce e epigrafe. Ragazzacci perditempo senza nulla di meglio da fare?
Qualcuno che si pensa cristiano e si sente offeso dall’uso della croce per un vivente non umano e non ha mai letto la Bibbia e i Vangeli, che di tanti alberi parlano o la “Laudato sii” di un papa che si è voluto dare nome Francesco? Chi può dirlo?

E poiché gli alberi anche abbattuti, anche assenti, non smettono mai di parlarci con fronde invisibili e radici sommerse e forse non morte o sopite, tutto questo mi ha fatto pensare, insieme a mille altri esempi dei nostri tempi tormentati, che il mondo va a tante velocità figlie di tante diverse sensibilità: c’è chi considera queste creature sorelle, tanto da fare uno sciopero della fame per loro (io ad esempio, non sarei arrivata a questa determinazione) o da volerle onorare come si onora un amico scomparso e chi di questo si risente.

C’è chi manifesta per la Pace e viene preso per un ingenuo allocco mentre le nostre industrie nel silenzio si convertono a gran velocità alla produzione di armi e c’è chi è convinto che tutto ciò avvenga per il massimo bene pur sentendosi ogni giorno sinceramente ferito di fronte alle notizie di povere e innumerevoli vite sacrificate al Moloch dell’interesse che nutre la Terza guerra mondiale quanto le migrazioni forzate, la brutalità preistorica che, come diceva in un vecchio libro padre Alex Zanotelli, come i poveri, non dovrebbe farci dormire.

Molti altri naturalmente sono gli esempi che questi alberi abbattuti, nel loro silenzio, come pietre d’inciampo della natura, ci suggeriscono, maestri che non si possono abbattere nemmeno quando sono ormai segatura e che continuano a parlarci mitemente e senza sosta sia che siano stati tagliati per un buon motivo, forse perché un giorno lontano per leggerezza avevamo sbagliato a piantarli lì dove poi non potevano più stare, o per altre ragioni.
Maestri che nella loro grandezza, non ci rimproverano, ma semplicemente ci pregano di riflettere su quanto è stato, su quanto è, su quanto sarà.