Che mondo sarebbe se la Nutella fosse senza olio di palma?

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L'olio di palma sta attraversando un momento difficile. Alcune grandi aziende lo stanno eliminando dai loro prodotti (vedi Barilla - dopo aver investito nella campagna opposta - o la cuneese Balocco). Su Altritasti ne parlammo già in un articolo ripreso dal mensile Il Test - Salvagente. Torniamo sull'argomento perché la settimana scorsa sono apparsi degli articoli in cui si loda la famosissima azienda dolciaria Ferrero per le certificazioni ottenute in fatto di olio di palma da filiera sostenibile. La notizia appare, non a caso, sui giornali locali dopo che alcune grandi testate (Corriere della Sera, Wired ecc.) hanno dedicato spazio ai sostenitori di una filiera sostenibile dell'olio di palma (tra i quali pare ci fosse anche Slow Food). Secondo i sostenitori non esistono evidenze scientifiche per demonizzare l'olio di palma e che è sufficiente aderire alle filiere sostenibili esistenti. Ma c'è davvero una filiera sostenibile dell'olio di palma? ...
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Secondo Greenpeace, Ferrero è l’unica azienda in grado di tracciare la provenienza del suo olio di palma, a preoccuparsi, quindi, di non contribuire alla deforestazione. Dopo la campagna "Nutella salva la foresta" l'associazione ambientalista si è ricreduta sui valori e l'impegno dell'azienda albese. Prima che Ferrero aderisse all'iniziativa, Greenpeace scriveva: "Ferrero si difende mettendo avanti l'argomento, molto debole, di far parte della RSPO quale garanzia della sostenibilità dell'olio di palma utilizzato per la Nutella e gli altri prodotti a marchio Ferrero. Ma nel recente rapporto "Borneo in Fiamme" Greenpeace ha dimostrato, presentando prove inconfutabili, come proprio i principali produttori di olio di palma della RSPO, tra fornitori della multinazionale Unilever, stiano perpetrando crimini ambientali gravissimi come il taglio a raso della foresta pluviale del Borneo, l'incendio e degrado delle ultime torbiere indonesiane e la cattura ed uccisione degli ultimi oranghi del Borneo e di Sumatra. E se per fare la Nutella si usasse proprio quell'olio di palma? Che garanzie abbiamo che i fornitori di Nutella non siano tra quelli che anche facendo parte della RSPO sono colpevoli di deforestazione? La Ferrero nelle sue risposte è reticente".

Ferrero ha anche dedicato una pagina del suo sito all'olio di palma spiegando che "l'olio vegetale usato per produrre Nutella® è olio di palma sostenibile, 100% "segregato" certificato RSPO. Questo significa che l'olio di palma usato per Nutella® è tenuto fisicamente separato dall'olio di palma normale lungo tutta la filiera. La certificazione RSPO ottenuta da Ferrero ha meritato anche il plauso di Richard Holland, direttore della "Market Transformation Initiative" del WWF".

Insomma, lo sforzo di Ferrero verso la trasparenza è da prendere in considerazione. Eppure c'è chi insinua il dubbio che controllare la filiera, anche se RSPO, sia quasi impossibile. Il Fatto Alimentare riporta: "L’olio certificato RSPO rappresenta circa il 20% del totale e comunque i produttori che usano il marchio sono stati più volte accusati di non rispettare le loro stesse regole da Greenpeace e dalle stesse multinazionali come Nestlè che acquistano la materia prima. La rimanente quota dell’80% coltivata in Indonesia e Malesia proviene da coltivazioni non controllate, dove la deforestazione e gli incendi sono una prassi quotidiana. Alla luce di questi dati la scelta di dire “no” all’olio tropicale vuol dire limitare le importazioni e quindi limitare i più possibile questo scempio ambientale".

A questo punto ci si chiede: ma non sarebbe più facile avere una Nutella libera da olio di palma? Non si potrebbe puntare su altri oli vegetali più sostenibili e dalla filiera più facilmente controllabile? Alcune aziende hanno deciso di eliminare l'olio di palma dai propri biscotti e dai prodotti dolciari. Chissà come sarebbe la Nutella senza olio di palma? "Il punto centrale - spiega il Fatto Alimentare - è che il “verdetto di assoluzione”, o di condanna [dell'olio di palma] che sia, non può venire dal Salone del Gusto di Torino, o da altri soggetti come una testata giornalistica senza il supporto di valide argomentazioni. L’autorità per dispensare consigli e avvisi sulla corretta nutrizione dovrebbe essere un’istituzione pubblica e indipendente come il CreaNut o il Ministero della Salute, che però in due anni hanno dedicato poco tempo alla questione".