L'autostrada Asti-Cuneo continua a offrire sorprese...

Stampa

A cura di Guido Chiesa, Cesare Cuniberto e Silvio Veglio per conto del Direttivo dell’Osservatorio per la tutela del Paesaggio di Langhe e Roero.

Asti-Cuneo: in che misura il concessionario ha recepito le 39 prescrizioni dei ministeri competenti, presentando il progetto esecutivo del lotto 2.6a? In modo estremamente riduttivo e deludente, una furbata!...

Delusione. Una sconsolata delusione. E’ ciò che si prova nell’analizzare i 56 elaborati presentati dalla Società Asti Cuneo in risposta alle prescrizioni del Ministero della Cultura (MiC) sul Lotto 2.6.a, il penultimo necessario per completare l’autostrada A33 (penultimo, perché il lotto della Tangenziale di Alba è ancora in alto mare).  

I soliti 56 elaborati, ben curati dal punto di vista grafico, a colori e con tante immagini. Relazioni in burocratese stretto, come da inveterata abitudine di questo paese. Sempre additata dal mondo imprenditoriale come la causa di tutti i mali, ma sempre utilizzata a piene mani: pagine e pagine di bla bla bla utili solo a scoraggiare chi desidera approfondire le questioni direttamente, senza la mediazione dei mass-media.
 
Nulla di nuovo sotto il sole: il Concessionario aveva già eluso la richiesta della Direzione Generale per la Vigilanza dei Contratti Autostradali (DGVCA) che fosse condotta “una valutazione comparativa aggiornata alla luce dell’attuale contesto normativo delle due soluzioni (sviluppo del Lotto II.6-A all’aperto o in galleria), che consideri anche i profili di sostenibilità ambientale”.

A quanto risulta, la società Asti Cuneo ha effettivamente commissionato al Politecnico la Valutazione Comparativa in questione, ma ha preferito non renderla pubblica. Fatto questo che dimostra la miopia di questo Concessionario nel rapportarsi all’opinione pubblica: aveva infatti l’opportunità di dimostrare che la soluzione adottata all’aperto aveva anche qualche vantaggio dal punto di vista ambientale rispetto alla galleria, ma ha preferito nascondersi dietro la decisione della politica di lesinare sugli investimenti destinati a questi territori e lasciando nei cittadini il sospetto che ci fosse qualche cosa che era meglio non far sapere.

Venendo al caso del Progetto Esecutivo, oggetto della presente, il Concessionario ha deciso di eludere le due principali prescrizioni avanzate dal MiC: la prima di “verificare l’effettiva attuabilità tecnica … di una soluzione che, partendo da un’attenta valutazione delle quote altimetriche del tracciato, possa ridurre il tratto stradale in rilevato prospiciente l’Ex Tenuta Reale di Pollenzo, eventualmente accentuando ulteriormente i due tratti in trincea che lo intercludono, integrandoli con ulteriori sovrastanti corridoi ecologici o con brevi tratti di galleria artificiale”.

La seconda di potenziare la pista ciclabile lungo il Tanaro e di realizzare “un percorso ciclo-pedonale ad hoc, che metta in comunicazione la buffer zone del Sito Unesco dei “paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe Roero e Monferrato con il sito Unesco “residenze Sabaude – Complesso Carlo-Albertino di Pollenzo”, se possibile attraverso la realizzazione di un percorso ciclo-pedonale che utilizzi le strutture residue del Ponte carlo-albertino

Per la prima prescrizione il Concessionario è ricorso all’escamotage di eludere l’analisi del profilo altimetrico alla ricerca della soluzione ottimale. Ha forzato la scelta analizzando la sola soluzione “estrema”, di un tratto di oltre 1 km totalmente in galleria ottenuto abbassando di parecchi metri il tracciato, per giungere alla ovvia conclusione che non era fattibile data la geologia dei luoghi.    

Il MiC aveva ipotizzato la realizzazione di solo due tratti in galleria artificiale di lunghezza contenuta, “due ecodotti” attorno ai 400 m in tutto, che rompessero l’immagine artificiale del tratto all’aperto e consentissero il transito alla fauna selvatica maggiore e minore. Facilmente ottenibili con l’abbassamento di pochi metri del piano di scorrimento dell’autostrada che avrebbe oltretutto consentito di abbassare i rilevati del tratto all’aperto tra i due ecodotti riducendo così, di molto, l’impatto paesaggistico complessivo del tutto. Alla fine il Concessionario ha optato per la soluzione di minimo impegno, che evitasse la bocciatura del progetto: non cambiare il profilo dell’autostrada e realizzare un ecodotto di 40 m. Minimo sindacale.   

Per la seconda prescrizione, del percorso ciclo-pedonale che utilizzi le strutture residue del Ponte carlo-albertino, il Concessionario ha ignorato la richiesta di “allungare lo sguardo” al di là delle aree di cantiere e di spendere quattro soldi per il progetto del percorso sino al Complesso Carlo-albertino di Pollenzo. Una vera miseria per un gruppo che fattura miliardi di Euro all’anno, mostrando, anche in questo caso, una totale insensibilità alle tematiche del paesaggio e un totale disinteresse al rapporto con la popolazione.

Sul Green Washing di cui è ricolmo la restante parte del progetto esecutivo non vale la pena soffermarsi. Una sola osservazione: il Concessionario risparmi i soldi per i cestini dei rifiuti disseminati qui e là che corrono il rischio di diventare piccole discariche a cielo aperto perché nessuno si prenderà la cura di svuotarli. I turisti prendano l’abitudine di portarsi i rifiuti a casa piuttosto che disseminarli lungo i percorsi.

Una ultima, amara osservazione. Se il Concessionario si è potuto permettere di eludere le richieste dei Ministeri è semplicemente perché si è sentito spalleggiato dagli amministratori locali e della Regione, che hanno preferito far sentire la loro vicinanza e sostegno ai “poteri forti” invece di sostenere le giuste richieste dei tecnici ministeriali e dei cittadini, espresse attraverso i loro rappresentanti come questo Osservatorio, Osservatorio che si dissocia nettamente da questo modus operandi.