L'ansia intellettuale da sacchetto di plastica

di Alessandro Mortarino.

Da giorni sui social network si è scatenata una spropositata reazione di massa a riguardo della tassa che il Governo italiano ha imposto per l'incartamento di prodotti ortofrutticoli, che ora dovrà avvenire solo attraverso buste di tipo compostabile (plastica biodegradabile) e rigorosamente vergini, cioè non riutilizzate. A noi piace aggiungere due piccoli dettagli, che forse sono sfuggiti ai più ...

Il primo è che questa decisione "per legge" non è affatto sbagliata (questa la nostra opinione), perchè intende "insegnare" ai consumatori a non sprecare imballaggi inutili: facendoli pagare (con evidenza riportata in scontrino), sarà chiaro a tutti che lo spreco è un costo individuale ma anche (e soprattutto) ambientale-sociale. Induce, insomma, a non usare più plastiche antiecologiche.
Però - dicono tutti - l'obbligo legislativo non consente ai consumatori di azzerare integralmente l'utilizzo di imballaggi, ma solo di potere (e dovere) fare uso dei sacchetti in plastica biodegradabile messi a disposizione dall'esercente.
Questo non è vero.
Io posso andare nella mia bottega di prossimità (il negozio "sotto casa") oppure tra le bancarelle del mercato rionale oppure (meglio ancora) direttamente in un'azienda agricola limitrofa con la mia bella sportina di iuta ed evitarmi di utilizzare qualunque tipo di shopper usa e getta.
Il problema resta dunque circoscritto solo ai supermercati, dove peso la mia frutta o verdura e non posso far altro che metterla nei sacchettini d'ordinanza, al costo di 2 centesimi. Il popolo dei social si scandalizza per questa "iniquità" ? Suggeriamo di agire in modo conseguente: non acquistate più frutta o verdura nei supermercati !
Molto semplice.
E già che ci siamo, non compriamo più salumi o formaggi o pollame o ogni altra merce già confezionata (cioè avvolta in pellicola trasparente, inserita in un contenitore-vaschetta blister di plastica, magari con annessa "spugnetta" assorbente).
Vedete che questa imposizione di legge ha un ottima finalità educativa ? ...
Perchè il miglior rifiuto è quello che non si produce !

Il secondo aspetto che vorremmo richiamare riguarda le illazioni fatte sul "a chi giova" questa legge. Coincidenza vuole, infatti, che l'azienda principale (la Novamont) del mercato nazionale abbia partecipato con la sua Amministratrice Delegata ad una delle "Leopolde" Renziane. Il sillogismo è facile da dedurre: una legge fatta ad hoc per ampliare il business dell'imprenditore "amico".
Possiamo facilmente pensare male: è semplice, istintivo, non costa nulla (forse 2 centesimi a pezzo ...).
Di certo non giova scoprire che la norma non è il fulcro di una apposita legge nazionale mirata ad evitare i danni ambientali causati dai tanti (troppi) imballaggi in circolazione. Ma un semplice articolo contenuto nella legge di conversione del decreto legge 2017 n. 91 "Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno", il che può indubbiamente generare sospetti.

Il tiro al bersaglio esercitato in questi giorni nei confronti di Novamont ci è parso esagerato e, soprattutto, non si è occupato di mettere a fuoco una situazione che il comitato sardo "No Chimica Verde" (da anni impegnato in una battaglia civica a salvaguardia di una delle aree territoriali più inquinate d'Italia) racconta in maniera interessante. Riportiamo le loro parole, che secondo noi aggiungono elementi per ragionare compiutamente e modernamente di ambiente e impresa:

La scienziata che in Italia ha reso famosi i sacchetti biodegradabili, o meglio il mater-bi è Catia Bastioli, che oltre a essere ad di Novamont lo è anche di Terna.
Catia Bastioli, grazie all’aiuto dell’Eni, ha deciso di fare la sua fabbrichetta di sacchetti a Porto Torres. Per chi non lo sapesse, uno dei siti più inquinati d’Italia.
Per intenderci, sotto i terreni dove è stata impiantata la fabbrichetta verde, scorrono fiumi di benzene, dicloroetano, CVM e altro ancora.
Ma sotto eh, sopra è tutto tinteggiato di verde. Il colore della speranza.
Quindi Novamont ed Eni (Versalis) rubandoci la parola Matrica hanno creato una joint venture che avrebbe dovuto trasformare un sito inquinato nel polo più verde del mondo. Un’impresa talmente audace e green che pure Legambiente ci ha creduto, talmente tanto da diventare partnership di Novamont. Poi chiedetevi perché Ciafani difende l’amica dell’amico.
Ah, in questa greffa si è infilata anche Intesa San Paolo, che per restare sul pezzo fa tanti soldini dalle Cluster Bomb. Per le quali la convenzione ONU ne proibisce l'uso. Così giusto perché si parla di buone pratiche.
Ora il polo più verde del mondo, di verde non ha che il nome. Dal momento che Eni, come previsto dal buon senso e dalla legge, lo avrebbe dovuto prima bonificare.
Ma tornando ai nostri sacchetti, la Bastioli non è scienziata solo di nome. Infatti ha avuto una bella idea. Ovvero produrre i sacchettini con l’olio estratto dalla pianta del cardo. Idea che ha richiesto studi approfonditi e gli studi approfonditi ai giorni d’oggi costano e anche molto. Per l’esattezza 3,7 miliardi di euro solo dalla UE, non tutti a Novamont naturalmente. Poi qualche altro spicciolo lo ha dato la Regione Sardegna, ma poca roba solo 60 milioni di euro. (Soldi del contribuente). Una parte di questi soldini sono serviti per finanziare le ricerche degli enti vari, tra questi anche illustri università, marketing e spesucce varie. Ma tanta fatica per nulla, purtroppo il cardo è scomparso dall’orizzonte. Non perché non fosse una pianta adatta, anzi al CNR hanno addirittura scoperto che oltre a produrre olio, dal cardo si poteva ricavare anche miele, farine vegetali insomma quelli la ricerca l’hanno presa sul serio. Il problema è che i contadini della Nurra, la seconda piana più fertile della Sardegna, dove si sarebbe dovuta coltivare la pianta spinosa, non ne hanno voluto sapere di sterilizzare le loro terre con i cardi.
Ma la Bastioli è una che non si arrende, così l’olio per i suoi sacchetti ha deciso di importarlo, smuovendo navi e innescando un circolo poco virtuoso, che di bio continua ad avere solo il nome.
E comunque la fabbrichetta per trasformare l’olio importato con le navi, in sacchetti biodegradabili, ha bisogno di energia. Ma non c’è problema, ora non ci è dato sapere i dettagli, fatto sta che vicino alla fabbrichetta bio, c’è la centrale termoelettrica di Versalis. Che non brucia farfalle, ma FOK (fuel oil of cracking), un derivato della lavorazione dell’etilene, talmente cancerogeno e nocivo che lo IARC (International Agency for Research on Cancer) lo mette nella tabella A1, che vuol dire massima nocività. Anche questo a Porto Torres arriva via nave.
In sintesi i sacchetti biodegradabili sono fatti grazie - o, comunque, di lato - a un inceneritore di rifiuti tossico nocivi in uno dei siti più inquinati d’Italia. Dove si ammalano e muoiono troppe persone. Alla faccia delle “produzioni ambientalmente virtuose e rispettose degli ecosistemi”.
E siccome però 'sti sacchetti vanno venduti e bene, il PD all’amica Catia Bastioli le ha regalato una legge sartoriale che non solo obbliga tutti ad usarli, ma cosa ancora più grave vieta ai cittadini di portarseli da casa. Pagandoli, considerati anche i soldi per produrli, una cifra esagerata!
Inevitabilmente il popolo è insorto, ma dal momento che la quadriglia si balla in famiglia, ci ha pensato Legambiente in modo totalmente disinteressato a difendere la nostra scienziata.
Ora che il mater-bi sia meglio del PVC non lo nega nessuno. Ma che prima di fare impresa green bisognasse mettere in sicurezza terre, acque e persone - ma anche pesci, che da quei luoghi continuano a trarne solo malefici - è ancora più certo.

Quindi ci ripetiamo: il miglior rifiuto è quello che non si produce ! E' ora di tirar fuori le nostre sportine e di fare scelte consapevoli e conseguenti ...

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