Stop all'impoverimento del nostro territorio

di Guido Bonino.
ImageIl quotidiano “La Stampa” di Domenica 6 Settembre scorso riportava due notizie che mi hanno particolarmente fatto soffermare: come sovente capita, l’una brutta e l’altra bella.
Iniziamo quindi da quella brutta: alla pagina “Agricoltura” si intitolava “Ogni hamburger ha un costo sociale di 200 dollari” e riportava dello studio in merito svolto dal ricercatore britannico Raj Patel, e su cui lo stesso interverrà al convegno “Politiche alimentari e siostenibilità” in programma a Pollenzo dall’ 11 al 13 prossimo. La buona notizia – nelle cronache astigiane - riportava invece che l’Assessore regionale all’Agricoltura, Mino Taricco, annunciava il ripensamento circa il progetto “Agrivillage”. Sì, proprio quello che prevedeva la realizzazione di un borgo di 250 negozi e laboratori nella Val Rilate, con l’occupazione di una superficie di 180 mila metri quadrati ...

Considero lo “STOP” dichiarato dall’Assessore, non solo quale risparmio di territorio che altrimenti sarebbe stato sottratto al paesaggio agrario, ma anche un’inversione di tendenza in quello che ormai è diventato, da tempo, l’impoverimento del nostro territorio gestito da operatori esterni con il solo scopo dell’utile diretto dell’operazione.
Negli ultimi anni la grande distribuzione, adducendo motivazioni ora di mercato, ora della modernizzazione dei sistemi di vendita, si è posta in diretta concorrenza con quegli esercizi che formavano da sempre il centro commerciale spontaneo delle aree urbane. Molti piccoli esercizi hanno dovuto cedere il passo ai molteplici insediamenti commerciali che sempre più aggrediscono le periferie dei principali centri della provincia, ultime fasi di un concentramento dell’utenza del fine settimana, sempre più a caccia di offerte speciali.

In queste strutture, accanto alle estese superfici in uso ai grandi patners commerciali delle iniziative, si localizzano esercizi che, per poter utilizzare l’effetto richiamo del complesso – cui costituiscono “corona”– devono rinunciare non solo all’ambiente cittadino in cui operavano, ma anche a quei rapporti sociali e personali che vi si instaurano tra esercenti e clientela, alla vita del quartiere o della via. In nome della concentrazione dell’offerta i nuovi spazi vengono studiati e standarizzati secondo regole del mercato, secondo dogmi dominati dal marchio o dal prodotto commercializzato, e soprattutto da ampi parcheggi bene in vista!

Ora l’ipotesi “Agrivillage” vorrebbe spostare l’attenzione anche sul tipico, concentrando in un’unica struttura prodotti che – constatato l’attuale trend positivo per i prodotti della tradizione – verrebbero “scippati” ai piccoli esercizi ed offerti ad un nuovo tipo di utente: il visitatore del fine settimana, o colui che trascorre le ferie nell’astigiano, od ancora affolla le varie sagre di paese. E’ risaputo che nelle suddette occasioni il nostro territorio si popola di proprietari di seconde case, e soprattutto di turisti che vi trovano tra le altre ragioni della loro visita le tipicità che il nostro territorio sa offrire. E così, mentre con una ricettività ormai “diffusa” costruita nel tempo da pro loco, trattorie, bed and breakfast ed agriturismi, l’astigiano cerca la propria riscossa non solo ecomomica, ed accoglie migliaia di visitatori ad ogni fine settimana … qualcuno ha pensato ora di impossessarsi di tale patrimonio, concentrandolo e gestendolo, nonché offrendolo all’ormai crescente flusso di visitatori che vi verrebbero dirottati. Non più panifici, negozi di frutta e verdura, edicole e macellerie, che costituiscono quel sistema commerciale diffuso, che sopravvive in molti paesini grazie soprattutto agli acquisti effettuati dai visitatori esterni. Esercizi che con la loro presenza all’interno assicurano contatti, chiacchere, rapporti ed occasioni di conoscenza tra residenti e nuovi arrivati, verrebbero estinti da coloro che vogliono impossessarsi non solo del nostro “tipico”, ma soprattuto della sua affezionata clientela, concentrando l’offerta in una formula a misura esclusivamente del proprio investimento. La decisione dell’Assessore Taricco scongiura l’impatto distruttivo che l’insediamento “Agrivillage” avrebbe avuto su realtà economico-commerciali che sopravvivono grazie appunto all’apporto dei forestieri, ma che di fatto rappresentano momenti di vita per molti paesi popolati soprattutto da anziani.

Mentre lo scippo da pare dei centri commerciali, che in nome delle “offerte speciali” rastrellano ricchezza sul territorio per reinvestirla altrove, è a tutt’oggi in atto, non facciamoci impoverire nè del nostro “tipico”, né di quella consolidata ed affezionata clientela che, ad ogni fine settimana, affolla le nostre colline, perché - mentre le le vive ed assapora - fa provviste sul nostro territorio.

Difendiamo la nostra enogastronomia non solo dall’hamburger, ma soprattutto dagli investimenti a senso unico!

Aggiungi commento

Invia
Altritasti Periodico on line dell'Associazione di Promozione Sociale Altritasti - via Carducci 22 - 14100 Asti - C.F. 92060280051
Registrazione: Tribunale di Asti n. 7/2011 del 28.10.2011 - Direttore Responsabile: Alessandro Mortarino