Alpini e territorio ad Asti ...

di Guido Bonino.
ImageL’appello lanciato dal presidente dell’Associazione Nazionale Alpini, Sezione di Asti, durante l’assemblea  dei capigruppo di Domenica 22 Novembre scorso – e riportato dalla stampa locale -  in merito alla prevista costruzione della nuova sede sezionale al Parco di Rio Crosio, mi spinge ad alcune riflessioni che associano la suddetta richiesta di aiuto (economico ed operativo) con quanto affermato a mezzo stampa sia dal rappresentante del movimento “Stop al Consumo di Territorio” - Alessandro Mortarino - che dall’alpino Attilio Ravizza (La Stampa del 21 Novembre). Entrambi sottolineano quella sensibilità che un’associazione come l’A.N.A., costituita di uomini che hanno fatto della natura il loro ambiente di vita, dovrebbe dimostrare di fronte al gratuito consumo di territorio a scopi edificatori ...

Il programmare nuove costruzioni, quando da tempo molte strutture presenti in città risultano inutilizzate, si legge oggi esclusivamente come il voler affrancare con tale alibi le nuove costruzioni che andranno a “scippare” parte del territorio urbano a disposizione degli astigiani.
Non solo la nuova sede degli alpini, ma l’intera operazione immobiliare che parallelamente ad essa viene posta in atto, sottrarranno un bene comune a tutta la cittadinanza. Ciò senza tenere in conto alcuno che le necessità dell’A.N.A. astigiana non solo potevano essere risolte – e già da tempo – in modo molto più economico (per l’Associazione) e meno traumatizzante (per il territorio), utilizzando e recuperando parte dei contenitori vuoti esistenti, e non certo ora lanciando oltretutto un’operazione collettiva quando manca persino ancora l’approvazione del Consiglio Comunale della bozza (ancora in via di definizione) della convenzione tra l’Ente e l’Associazione !

Non solo la mancanza di programmazione adeguata da entrambe le parti, oggi viene risolta con un ulteriore impoverimento di quel bene pubblico che è il verde urbano, ma ci troviamo da un lato una risoluzione più volte annunciata come definita, ma di fatto ancora tutta da perfezionare, e dall’altra una riduzione del verde dei cittadini a fronte dei “sacrifici” che gli alpini dovranno affrontare per avere una struttura a loro disposizione.
La nuova edificazione diventa così di fatto – dopo gli appelli speranzosi al contributo di molti - motivo e ragione allo stesso tempo di un’operazione immobiliare che coinvolge un’associazione che del “verde” ha sempre fatto la propria bandiera: verde dell’emblema dell’Associazione Alpini, dei loro gagliardetti, verde di quel territorio difeso in guerra ed amato, e custodito in tempo di pace.
Ed ora, se mancherà il contributo di tanti, anche qualcos’altro rischia di tingersi di … verde!

La domanda che pone l’alpino Ravizza: costo dell’opera, oneri per il suo mantenimento e funzionamento: perché forse la nuova costruzione rischia di giungere ormai “fuori tempo”. Dopo l’alluvione del ’94 e l’adunata dell’anno successivo, sull’onda dell’operatività che gli alpini astigiani avevano acquisito, e con le risorse economiche sapientemente accantonate, la sollecita realizzazione di una “Casa degli Alpini” poteva ovviare alla fisiologica riduzione di iscritti che l’abolizione del servizio di leva ormai comporta, ed i cui effetti saranno inesorabili nel tempo.

Molte sono in Asti le associazioni d’arma, che si riuniscono per lo più con cadenza settimanale (poche bisettimanale), con strutture e locali pertanto alquanto sottoutilizzati, ma per gli Alpini si trova lo spazio che, opportunamente inserito in un’operazione immobiliare – ancor tutta da definire -  ne diventa parte integrante. Anzi ne diventa parafulmine!
Mentre il recupero delle strutture esistenti produce il risparmio di quel bene comune che è il territorio, anche gli Alpini astigiani paiono piegarsi ad un triste consumo non solo di verde, ma anche di energie e risorse, lanciando appelli per i costi e oneri di gestione che andranno ad esaurirne non solo gli accantonamenti del passato, ma anche – presumibilmente – le disponibilità future.

Un intervento di recupero edilizio effettuato in area più centrale non solo dagli Alpini, ma anche dalle altre associazioni d’arma e di volontariato, costituirebbe la dimostrazione di come le economie del passato dei molti direttivi succedutisi vengano utilizzate oggi per far rivivere un pezzo di storia urbana in un’iniziativa che ponga alla base del suo quadro economico un futuro ormai privo della “naja” e pertanto con numero degli iscritti destinato inesorabilmente a regredire.
Parafrasando la richiesta del rappresentante astigiano del movimento “Stop al Consumo di Territorio” oso domandare – come già fatto dall’alpino Ravizza - sia alla città e sia al Direttivo Sezionale dell’Associazione: “siamo tutti d’accordo che quella intrapresa sia la migliore soluzione sia per l’Associazione, che per la Asti che ci ospita?” ed ancora: “siamo tutti d’accordo che mentre per un verso ci si impegna non solo nel tramandare le tradizioni del nostro territorio, ma anche negli interventi di Protezione Civile, per altro verso si andrà ad operare la distruzione di parte del verde pubblico solo per non aver individuato altra possibilità nell’ormai vasto patrimonio edilizio urbano in disuso?” ed infine: “gli Alpini astigiani, noti da sempre per scambi culturali, di rappresentanza e ospitalità, precludono di fatto la possibilità di condividere una sede in cui siano raggruppate più associazioni d’arma e di volontariato, dimostrando in tal modo un individualismo per nulla consono sia con le loro tradizioni che con le probabili risorse sia umane che economiche future?”.

Come alpino (già vice – presidente e consigliere sezionale) e come Astigiano, esprimo i suddetti dubbi sia alla Famiglia Verde che a quanti sono chiamati ad amministrare il nostro territorio!

 

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