Il prezzo del grano che affama tutti



di Vincenzo Vizioli.

Bella annata per il frumento, ottime rese e buona qualità. Peccato però che non siano questi i parametri per determinare il prezzo e tantomeno il costo di produzione. Il prezzo è il risultato della speculazione economica autorizzata anche sul cibo.
Così ci si accorge troppo tardi che le borse merci con le migliori quotazioni, sono partite da 13 euro al quintale per arrivare ad un massimo di questi giorni, per il meglio del meglio: "speciale di forza, con proteina non inferiore al 13%, peso ettolitrico 79/80 e senza impurità", franco partenza (cioè con il trasporto a carico del produttore), di 18 euro al quintale, 0.18 centesimi al chilo ...

Per capirsi, se per comprare si utilizzasse il baratto, ci vorrebbero più di 5 chili di ottimo grano per pagarsi un caffè al bar e poco meno di 14 chilogrammi, per ricomprarsi un solo chilo di pane comune, fatto con quella stessa farina, dal fornaio. Se poi il pane è un pane "speciale", si andrebbe a fare la spesa direttamente con il carrello carico, dopo aver svuotato il silos.

Facciamocene una ragione, siamo in un mondo globalizzato e il prezzo lo fa il mercato. Quel libero mercato a cui ci si è affidati a mani basse e senza difese, quello che i grandi economisti liberisti ci dicono essere equo e in grado di equilibrare ogni stortura; quello che il governo italiano, europeo e mondiale chiama moderno; quel mercato gestito da poche multinazionali che hanno quotato in borsa il cibo.
Ma quando si parla di mercato, di borsa merci, non si sta dando valore al cibo, si sta parlando molto più semplicemente di speculazione e meno sono gli attori in grado di intervenire, più alta è la possibilità di speculare.

Ci sono forse altre parole per definire questa situazione?

E' vero, è un mercato mondiale, globalizzato ma noi siamo i più bravi di tutti. Qualcuno ha notato che la borsa merci di Milano è quella che ha l'incremento più alto, se le borse mondiali salgono e quella che ha le maggiori perdite, in caso di ribasso? Si specula, come sempre sulla pelle dei più deboli, aumentando la forbice tra i pochi ricchi e il crescente numero di poveri.
Sono quindi di coccodrillo le lacrime versate da quelle associazioni di categoria che hanno protestato per uno scandalo del genere; lacrime postume e tardive dopo aver accettato supinamente queste regole ed essersi appiattite su quel concetto di competitività, che riempie i documenti sui PSR, europei, nazionali e regionali, senza mai definirlo e quindi capirlo realmente.

E' scandaloso poi, che si taccia di fronte alla risposta del Governo: "penseremo un sistema di assicurazioni sul prezzo". Dopo il danno la beffa, altri soldi da togliere agli agricoltori per sostenere banche e assicurazioni?
Qualcuno potrebbe stupirsi che siamo noi, che oggi godiamo di un mercato più "ricco", a preoccuparci per il crollo del convenzionale. Una situazione, in fondo positiva, che crea di fatto le condizioni per orientare le aziende verso la scelta del biologico.

Si invece, siamo molto ma molto preoccupati per questa situazione e per diversi motivi.
Intanto per come si formano i prezzi: non sul valore del prodotto, non sul costo di produzione per farlo bene e, per quanto ci riguarda, non sul beneficio sociale che la collettività ha per come è stato realizzato quel prodotto, tutelando salute dell'uomo e dell'ambiente.
Se poi, come è accaduto fin'ora, il biologico si quota dal 20 al 30% in più del convenzionale, visto il prezzo di riferimento, ci vorrà molto poco per stroncare "l'euforia" del momento.

Il giusto prezzo può veramente pretendere la qualità; da anche dignità e riconoscimento del lavoro fatto ma è anche un tassello della legalità. Quando si paga poco e male un prodotto il taglio si fa sulla qualità e sul lavoro e tutti noi sappiamo che sotto un certo prezzo, non solo non può essere bio ma anche non può essere stato fatto nel rispetto dei diritti di chi lavora, sia esso un bracciante, un migrante o lo stesso agricoltore che si auto sfrutta.food-speculation

Infine e non di secondaria importanza, per il rischio di nuovi scandali. Con un differenziale al quintale così altro tra convenzionale e biologico, 10 € sul duro e circa 20 € sul tenero, la tentazione di infilare del convenzionale nel circuito bio sarà ancora più forte. Su questo chiediamo agli organismi di controllo serietà e nessuna tolleranza; agli organi pubblici di vigilanza, un'azione di verifica pressante e, questa volta, nessun esame di riparazione per chi sbaglia. Serve poi che il Ministero imponga alle Regioni di svolgere quel ruolo di vigilanza sull'operato degli organismi di controllo, che solo in poche hanno fatto.

Tratto da: http://www.aiab.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3537:il-prezzo-del-grano-che-affama-tutti-&catid=282:bioagricolturanotizie25luglio2016&Itemid=163

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