Covid-19: numeri e realtà

di Sergio Motolese.

Dopo mesi di bollettini di guerra, vediamo alcuni numeri finalmente circostanziati e raffrontati relativi  al covid-19.
L'ISTAT ha pubblicato, in data 22 ottobre 2020, i dati relativi ai decessi per tutte le cause di morte nel periodo gennaio-agosto 2020. (https://www.istat.it/it/files//2020/03/nota-decessi-22-ottobre2020.pdf). La tabella 3 indica le variazioni percentuali rispetto alla media 2015-2019, ripartiti per regioni e per mesi.
In essa risulta che in Italia, i decessi nel periodo gennaio-agosto sono aumentati dell'8,6%, un dato, di per sé, molto al di sotto rispetto a quello che ci si aspetterebbe da una pandemia...

Solo disaggregando i dati per regione e mese si comincia a comprendere cosa è accaduto veramente. Infatti nelle regioni del Nord l'aumento è stato del 19,5%, mentre nel Centro e nel Sud si assiste addirittura ad un decremento, rispettivamente: -0,2% e -1,1%, il che spiega la media nazionale dell'8,6%.
Disaggregando il dato del Nord nel mese di marzo, l'aumento è stato del 93,9%, quindi sono morte il doppio delle persone rispetto al quadriennio; e in Lombardia l'aumento è stato del 191,2%. Ovviamente a Bergamo e altri comuni la punta è certo superiore.

Mi fermo qui con i numeri. Dunque, in sostanza, questa influenza da coronavirus, denominata SARS-covid19, è stata certamente più virulenta rispetto a quelle, senza nome ma pur sempre influenze, del quadriennio 2015-2019, ma non è la Peste Nera, o la Spagnola.
Il terrorismo mediatico scatenato e sostenuto tuttora non è dunque suffragato da dati reali ma funzionale certamente ad una classe politica, nazionale e regionale, senza distinzioni di schieramenti, che negli ultimi 30 anni ha letteralmente sfasciato il sistema sanitario territoriale, laddove i medici di base passano gran parte del tempo a caricare dati sui computer.
E sono loro che avrebbero potuto e dovuto curare a casa i loro pazienti, che conoscono singolarmente, il che avrebbe permesso di non intasare gli Ospedali e avrebbe ridotto ulteriormente i decessi. Mai è accaduto nella storia dell'umanità che i medici fossero invitati, nei fatti quasi obbligati a stare lontano dai pazienti, tanto che coloro che hanno disobbedito lo hanno fatto a loro rischio. Dunque questa emergenza è sì sanitaria, ma non da coronavirus, ma da cause molto più rimediabili e da responsabilità politiche molto precise che si tende ad oscurare.

Adesso, dopo più di sei mesi, scopriamo che nulla è stato fatto per rimediare a questa situazione, per la medicina di territorio o per i trasporti. Il Governo sforna quasi giornalmente i famigerati Decreti Amministrativi che dovrebbero far vergognare uno stato sedicente democratico, con misure in gran parte inutili e anche assurde e dannose, esautorando il Parlamento, che peraltro si lascia volentieri esautorare.

Nessuno risponde alle domande ragionevoli anche solo di quella tabella ISTAT: perché al Nord? Perché in Lombardia, dove la sanità era, secondo lorsignori, una “eccellenza”?  Forse perché proprio in quelle zone l'inquinamento ambientale e tecnologico è anch'esso “eccellente”? E perché si continua a distruggere la scuola quando si sa bene che bambini e ragazzi non si ammalano?
Se gli insegnanti vogliono proteggersi lo possono fare, ma perché distanziare i ragazzi e i bambini? (sui cosiddetti asintomatici ho già scritto in questa sede). Forse per dare un impulso alla tanto attesa didattica a distanza, tutti distanziati e con cuffie a seguire algoritmi perfetti?

Dunque, i veri scopi vengono a galla e il grande “reset”, di cui ormai si parla apertamente senza pudore, ci consegnerà un Paese e un mondo in cui la paura, il controllo, la povertà, l'omogeneità dei comportamenti e dei pensieri, il virtuale al posto del reale, e altro ancora diverranno la norma.

Come dal 2001 ci sembra normale, e non dovrebbe, un mondo con milioni di telecamere e sensori, aeroporti blindati, militari per le strade, così dovrebbe sembrarci normale uscire mascherati e distanziati, connessi virtualmente; un mondo nel quale un Presidente del Consiglio (non esistono Premier nel nostro ordinamento) si trasforma da avvocato in padre spirituale e assistente della salute del cittadino-suddito, tanto bisognoso di essere guidato, e i Presidenti di Regione (non esistono Governatori) in sceriffi con la stella. Ecco, almeno di questi paternalismi pelosi e pietosi ne faremmo volentieri a meno.

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