Colpire il reddito, educare i poveri

di Roberto De Lena.

In Italia al dicembre 2022 sono 1.045.992 i nuclei beneficiari della misura del Reddito di Cittadinanza, per un totale di oltre 2 milioni e 300mila persone coinvolte; 122.730, invece, i nuclei beneficiari della misura della Pensione di Cittadinanza (che spetta a persone povere con più di 67 anni) per un totale di circa 140.000 persone coinvolte. Complessivamente sono 2.483.885 le persone beneficiarie delle due misure di sostegno al Reddito per un importo medio di 549,46 euro. Sono i dati che emergono dall’Osservatorio Statistico Reddito/Pensione di Cittadinanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali aggiornato all’11 gennaio 2023. Con l’approvazione della Legge di Bilancio per il 2023 il Reddito di Cittadinanza subisce una stretta per l’anno in corso, per essere poi definitivamente abolito nel 2024: l’abolizione non riguarderà i nuclei con figli minori e/o con persone non autosufficienti e/o con persone con più di 59 anni, ma si stima comunque che avrà ripercussioni su oltre 400mila nuclei familiari...

Proviamo a ragionare in modo più concreto, prendendo in considerazione un territorio circoscritto. In Molise, ad esempio, sono 11.579 le persone complessivamente interessate dalle due misure (su un totale di circa 305.000 residenti in regione): 8.755 in provincia di Campobasso e 2.824 in provincia di Isernia. Di queste totali, 612 sono le persone coinvolte nella misura della Pensione di Cittadinanza e 10.967 quelle beneficiarie del Reddito di Cittadinanza (per un totale di 5.512 nuclei). Degli oltre 10mila beneficiari molisani, 8.278 risiedono in Provincia di Campobasso (4.134 nuclei) e 2.689 in provincia di Isernia (1.378 nuclei); in media ricevono un assegno di 545,57 euro mensili. Sarebbe interessante sapere – e lo si potrà sapere sicuramente – quante delle 10.967 persone molisane coinvolte nella misura del Reddito di Cittadinanza subiranno le conseguenze di questo grosso passo indietro voluto dal governo più a destra della storia repubblicana italiana. Da un tale governo ci si sarebbe aspettati misure contro le persone (anche loro povere) migranti non comunitari (misure che in effetti sono puntualmente arrivate), ma le persone migranti beneficiare del Reddito sono “solo” 194.311 in Italia, mentre il resto, la gran parte dei destinatari (2.066.122) sono cittadini italiani.

C’è da precisare che la misura, già quando fu istituita nel 2019, escludeva larghe fette di popolazione migrante non comunitaria, avendo introdotto il criterio della residenza in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi; ma, ora, con la stretta (prima) e l’abolizione (poi), gli esclusi sono sempre di più! Evidentemente l’ideologia antisociale, tragico quanto scontato esito dei “quaranta penosi” neoliberisti, non conosce limiti di provenienza e barriere di sorta.

Non si può non notare come, peraltro, la stretta del governo contro i poveri è stata anticipata da una campagna mediatica in buona parte volta a criminalizzare i percettori del Reddito, additandoli da più parti come fannulloni e amanti del divano. Tale campagna si è fatta sentire anche nel nostro piccolo Molise, soprattutto attraverso le lamentele degli imprenditori locali del turismo alla ricerca di personale da impiegare (a quali condizioni?). Un po’ come accadde con le norme securitarie contro i migranti: esse stesse furono preparate ad arte da una vulgata che dipingeva le persone in fuga dai loro Paesi come finti profughi, migranti economici (e i nostri giovani molisani cosa sono?) e ad esempio le navi umanitarie nel Mediterraneo come taxi del mare.

A questo punto il timore è che, soprattutto per regioni come il Molise, la scelta antisociale del governo possa accelerare ulteriormente i processi degenerativi in atto: il Reddito di Cittadinanza, infatti, non era la soluzione (era certamente migliorabile, come proposto, tra gli altri, dalla Commissione Saraceno nel 2021), ma poteva rappresentare quantomeno un argine. Un argine al dilagare del fenomeno del lavoro povero e sottopagato, all’acuirsi del disagio abitativo, all’intensificarsi costante dell’emigrazione forzata.

Al contrario, ora, il rischio è che aumentino ancora e ancora le lavoratrici e i lavoratori sfruttabili e ricattabili in Italia e che si approfondiscano ulteriormente i divari territoriali nel Paese. Per essere chiari e un po’ schematici: sono cose che, dal punto di vista della classe lavoratrice, sono un danno; ma che, viste con gli occhi di chi vuole continuare ad accumulare profitti disinteressandosi della collettività (soprattutto in una contingenza internazionale come quella attuale), sono una manna dal cielo.

Tratto da: https://comune-info.net/colpire-il-reddito-per-educare-i-poveri/

 

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