Immigrati: schiavi di giorno, zombi di notte

di don Vitaliano della Sala (tratto da "Il Manifesto", 15 Novembre 2009).
ImageDi notte, sempre in modo coatto e lontano dalle telecamere, con la scusa della sicurezza, stanno rimpatriando tantissimi immigrati che lavorano nelle campagne di Eboli e Battipaglia in provincia di Salerno. Sono centinaia i nordafricani che in quei fertili terreni lavorano come schiavi, sfruttati, sottopagati, portati a lavorare per dieci ore al giorno da caporali-negrieri, anch'essi nordafricani, che speculano sulla vita dei loro connazionali; in questo periodo raccolgono tonnellate di finocchi per i padroni italiani ...

Alcuni parlano di 1000, 1200 marocchini, ma una stima attendibile è impossibile. Ora qualcuno ha deciso che se ne devono andare, e ha preso il via una squallida caccia all'uomo. Prima è stato sgomberato il luogo dove passavano la notte in attesa del caporale. Un vecchio edificio abbandonato, senza luce né acqua, infestato dai topi e dai parassiti, al posto del quale ora deve sorgere un centro commerciale.

Ora questi migranti, molti dei quali con il permesso di soggiorno, si sono dispersi per le campagne, dove dormono, riuniti in piccoli gruppi, sulla nuda terra avvolti in luride coperte, nonostante il freddo pungente e umido di questi giorni. Non vogliono allontanarsi da quei luoghi per non perdere quello che eufemisticamente chiamano lavoro.
Ad assisterli, per quanto è possibile, ci sono solo alcuni volontari, qualche sindacalista, frà Gianfranco, un giovane francescano del convento di Eboli, la Caritas che però non vuol sentir parlare di clandestini e qualche politico locale. L'edificio che la Caritas ha messo a disposizione è vecchio, non riscaldato e con un solo servizio igienico, ma per fortuna c'è almeno questo inadatto riparo, dove si coordina il lavoro di assistenza e la distribuzione di coperte e pasti caldi, offerti da qualche cittadino che ha ancora un po' di umanità. In esso, per paura di essere presi dalla polizia e espulsi, dormono però solo pochissimi immigrati. Per trovarli bisogna girare la campagna di sera, ed eccoli spuntare dai cespugli a dai solchi arati di fresco, impauriti e infreddoliti, come zombi di un film del terrore.

La vita di queste persone, che fanno arrivare frutta e ortaggi freschi sulle nostre tavole, non interessa a nessuno: le istituzioni, dalla Regione in giù, sono latitanti, e anche la società civile sembra distratta dalle puttane di Berlusconi e dai trans di Marrazzo. Mi chiedo: dove sono tutti quei cristiani che si sono indignati per la sentenza della Corte europea di giustizia contro i crocifissi di legno, mentre altri Crocifissi, di carne, ossa e fiato, sono trattati peggio di Cristo in croce?

Oltre ai pochi volontari improvvisatisi infermieri, cuochi e assistenti sociali, gli unici ad essere interessati agli immigrati sono, per assurdo, proprio i proprietari delle terre e i caporali, che temono una riduzione dei disonesti guadagni. Per lo Stato invece, queste persone sono invisibili, non esistono affatto.
"Se questo è un uomo", scriveva Primo Levi parlando degli internati nei campi di sterminio nazista; è quello che ti viene da pensare di fronte a questi poveri e sfortunati esseri umani, colpevoli solo di essere nati nella parte sbagliata del nostro mondo, ridotti dal nostro egoismo a meno che bestie.

Non so voi ma, in questi tempi in cui l'unica parola vincente sull'immigrazione sembra essere quella razzista, xenofoba e disumana della Lega, io guardo i telegiornali e leggo i quotidiani con grande sofferenza e rabbia, anche se con una non ancora spenta speranza di sentire, finalmente, la voce forte e rappresentativa della società civile, delle istituzioni, dei partiti, della Chiesa, dei costituzionalisti e giuristi sani e democratici del nostro Paese, che finalmente abbiano il coraggio di uscire allo scoperto e gridare quello che oggi non fa piacere a nessuno sentire: abbiamo il dovere di accogliere i migranti, altrimenti vorrà dire che la barbarie si è impadronita della nostra civiltà.

È giunta l'ora di rivendicare il nostro diritto ad essere antirazzisti, uscendo allo scoperto con la "stella di Davide" cucita sulla giacca pur senza essere ebrei, dichiarandoci idealmente albanesi o kurdi o maghrebini, pur essendo nati in Italia.
È giunto il momento in cui dobbiamo fare in modo che tutti i fratelli e le sorelle migranti, anche se considerati dalla legge clandestini, restino in Italia, perché in ogni caso hanno qualcosa da insegnarci, da regalarci; perché restando potranno aiutare il nostro Paese a cambiare, potranno aiutarci a crescere.

E, se questo è il posto in cui a loro piace vivere, dobbiamo permettere che rimangano in Italia, perché i confini territoriali, l'idea di patria e di nazione fanno parte del passato: siamo tutti, egualmente, cittadini dello stesso mondo.

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