Il Decoder, quell'oggetto che ci salverà ...

di Marisa Pessione.
ImageAspettavano da giorni il suo oscuramento, ne avevano parlato e discusso ed erano consapevoli che si trattasse di un bene superfluo e che vi erano altri modi e strumenti per accedere compiutamente all’informazione. Ma lo avevano ereditato – prima in bianco e nero e poi a colori – in occasione di qualche compleanno o sotto forma di avanzo di cantina da parte di qualche amico. Non sapevano, però, quale sarebbe stata la loro reazione al momento in cui la scatola grigio-nera, contenitore e proiettore di mille suoni ed immagini colorate, si sarebbe trasformata in un inutile soprammobile ...

La loro dipendenza, a dire il vero, era già molto limitata e circoscritta alle ore serali e molte volte aveva avuto anche una piacevole funzione nel cullarli con interessanti programmi o, addirittura, addormentarli lasciando al lento scorrere delle immagini il compito di accompagnarli verso un sonno profondo.
Non facevano parte né di quelli “uno non basta”, né dei cultori del super-ultra-piatto, né di quelli “lo accendo a tutte le ore, anche quando si è a tavola, perché aiuta la digestione”, né di quelli “lo accendo perché mi tiene compagnia anche a sonoro basso”, né di quelli “non posso perdermi la centesima puntata della telenovelas o i risultati del turno infrasettimanale di Champions”.

La loro decisione di non acquistare un piccolo aggeggio (chiamato “decoder”) che avrebbe nuovamente dato vita e significato al loro televisore, era ormai irreversibile ma ponderata e consapevole.
E il fatidico giorno arrivò: c’era un’aria di sfida e un velato entusiasmo misto a indubbio senso di liberazione.
La scatola grigio-nera si ergeva sopra al suo tavolino e da ora in poi avrebbe avuto soltanto bisogno di una sonora spolveratina. Di tanto in tanto …

Ma la parte più interessante di questa storia non è come i protagonisti trascorrano ora le loro serate senza il loro defunto televisore (benissimo, a dire il vero, poiché diverse briciole di trascurata creatività si sono repentinamente risvegliate); ma quali tipi di reazioni si siano innescate nelle persone a loro vicine.
C’è chi si è proposto di acquistare personalmente un fiammante decoder come gradito dono, chi li ha considerati troppo radicali nella loro scelta, chi l’ha valutata una decisione temporanea in attesa di cadere, prima o poi, nella tentazione dell’acquisto.
Questa loro semplice scelta, insomma, è stata vissuta come una loro piena deprivazione, tanto da indurre una “tenera vecchietta” vicina di casa ad invitarli a trascorrere una piacevole serata davanti al suo televisore per non perdere “quell’occasione serale importante”.
Sembrava di essere tornati indietro nel tempo, quando ben pochi privilegiati erano in possesso di un televisore e le loro case si trasformavano in punti di ritrovo per socializzare la visione.

E, quindi, pur essendo certi delle innumerevoli contraddizioni che ognuno di noi porta con sé come “pesante” fardello nella propria esistenza quotidiana, è indispensabile farsi qualche domanda sull’importanza e valore dei rapporti umani e sulla capacità del tessere buoni legami di vicinato; magari ragionando su quanto un freddo schermo abbia contribuito – in parte – ad accentrare quel senso di solitudine ed insicurezza nelle nostre comunità.
E’ utopistico pensare che anche con un piccolo gesto, un piccolo cambiamento nel proprio stile di vita, si possa far germinare nelle menti il seme della consapevolezza ?

Chissà se quel nostro televisore avrà l’onore di finire a fianco di quello che, con tanto amore e cura, è stato custodito come ricordo di una persona cara che lo comprò con il suo primo stipendio nei lontani anni sessanta ? …

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