Una riflessione sulla Pace

di Maurizia Giavelli.

L'immagine che potete vedere qui sotto, questa mattina mi ha fatto riflettere: la Pace in gabbia dietro alle grate. Ho pensato agli anni novanta, ai primi anni del 2000, c'era fermento tra chi voleva la Pace, si parlava di corpi civili di pace, di riconversione dell'industria bellica, di cooperazione decentrata, di solidarietà tra i popoli, di estendere i diritti.
Una Pace debole, quella dei giorni nostri; anche nelle menti delle persone, di nuovo una pace fatta con le armi e non con la diplomazia, una pace senza colori che perde ogni giorno forza...

Abbiamo perso il senso, intenti a correre dietro a bisogni indotti, solitudine, indifferenza globalizzata! La mia generazione è quasi assente nell'agone politico, triste confrontarsi solo con persone molto più anziane di noi o con quelle molto più giovani, ma i cinquantenni dove sono? Persi nella ricerca di una realizzazione difficile, nella gestione di figli sempre più richiedenti e poco connessi con la vita, persi nella solitudine quotidiana di una società che ci chiede di non invecchiare; eterni giovani incapaci di comprendere che il tempo scorre e la fine arriverà per ciascuno, che il senso lo si sia trovato o no?  

Non è pessimismo il mio ma indignazione, necessità di affermare che siamo vivi; alcuni di noi vorrebbero la Pace prima di tutto, il rispetto, la dignità umana, il valore di ciascuna esistenza al centro. Vorrebbero meno distrazione di massa e più sognatori realisti al potere. Sono pensieri di una mente che si ostina ad andare in direzioni che non sono le priorità dei tempi, ma che pensa che non sia finita la speranza e che si debba liberare la Pace.

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