Ospedale e teleriscaldamento



di Paolo Montrucchio.

Ho assistito al convegno organizzato il 14 settembre scorso dal Comune di Asti per promuovere il progetto di produzione di energia elettrica e acqua calda per teleriscaldamento. Nel corso del convegno si sono alternate relazioni specifiche dei promotori del progetto, ovviamente favorevoli, e relazioni teoriche, non riferite specificamente al progetto astigiano, di tecnici di ENEA e ANTITRUST; sono anche intervenuti due Sindaci di città teleriscaldate che hanno illustrato le rispettive realizzazioni. Sono poi intervenute varie persone del pubblico che hanno fatto domande e prevalentemente espresso dubbi e critiche. A conclusione del convegno, il Sindaco di Asti ha dichiarato pubblicamente che la sua determinazione nel difendere il progetto si fonda sulla fiducia nei calcoli e valutazioni che i tecnici dell'azienda di produzione hanno elaborato circa la riduzione dell'inquinamento cittadino, e che, se invece non fosse così,  non avendoglielo ordinato il medico di attuare il progetto, lo annullerebbe ...  

Come semplice cittadino ed elettore, usando il normale buonsenso, sono giunto alla conclusione che costruire dentro l'Ospedale, su un'area di 6.700 metri quadri (come un campo di calcio), un grande impianto industriale per produrre energia elettrica ed acqua calda per teleriscaldamento da vendersi agli Astigiani, sia un progetto privo di comune buon senso. Per molti motivi, di cui questi i principali:

- è noto che in Italia esiste una capacità produttiva di energia elettrica in eccesso rispetto agli effettivi consumi (fonte: Autorità per l'energia elettrica). Perché aumentare ulteriormente tale capacità produttiva? Non serve agli Astigiani che si aumenti la capacità produttiva locale, bruciando in loco metano, che è pur sempre una materia fossile inquinante e non rinnovabile; credo che sarebbe meglio subordinare ogni nuova produzione di energia elettrica all'incremento nell'utilizzo di fonti rinnovabili non inquinanti. Nel 2014 in Italia (fonte: relazione annuale dell'Autorità per l'energia) quasi il 43% dell'energia è stata prodotta da fonti non inquinanti rinnovabili. Dal 2010 al 2014 la produzione di energia elettrica usando gas naturale è scesa da GWh 152.737 a 94.236, mentre quella da fonti rinnovabili è aumentata da GWh 76.964 a 119.358. È evidente che il progetto si muove in senso antitetico ed antistorico rispetto al mercato ed al sentimento generale di preoccupazione per l'aumento dell'inquinamento ed il surriscaldamento del pianeta;

- è noto che ad Asti la principale fonte di inquinamento non è il riscaldamento degli edifici, ma il traffico automobilistico, su cui si dovrebbe prioritariamente e pesantemente intervenire. E' altrettanto noto che una vera riduzione dell'inquinamento da riscaldamento si otterrebbe dalla coibentazione degli edifici;

- l'investimento complessivo previsto, ma sappiamo tutti che di solito alla fine sarà almeno il doppio, è di oltre 40 milioni di euro. Di conseguenza, poiché gli investitori privati perseguono legittimi scopi di profitto, il prezzo di vendita dell'energia elettrica e del teleriscaldamento includerà oltre al costo del metano per farlo funzionare e delle spese di gestione e mantenimento, anche il recupero dei 40 milioni di costo degli impianti e naturalmente gli utili per il produttore. Non mi sembra credibile che potranno esserci risparmi per quegli utenti che aderiranno, incluso l'Ospedale, i quali attualmente spendono per l'acquisto del solo metano e/o dell'energia elettrica per far funzionare le loro attuali caldaie ed impianti;

- non è neppure credibile che il progetto comporterà una riduzione dell'attuale inquinamento chimico ed acustico, innanzitutto perché per 365 giorni all'anno sarà prodotta (in un punto unico e concentrato) una grande quantità di energia elettrica che attualmente non viene prodotta ad Asti (ma altrove ed al 40% da fonti rinnovabili non inquinanti) e che pertanto attualmente non genera alcun inquinamento in loco;

- Asti è, secondo i dati ufficiali, una città altamente metanizzata e praticamente tutti gli edifici sono dotati di impianti di riscaldamento di nuova generazione a bassissimo impatto ambientale, sottoposti a controlli periodici; non c'è nessuna certezza o garanzia che si realizzi l'ipotesi di allacciamento di 500 palazzi al riscaldamento. Ritengo, anzi, che non ci saranno molte spontanee adesioni. Quindi è più probabile che in tale ipotesi, mantenere nei 30 km della rete, solo per le poche abitazioni che si allacceranno, l'acqua calda a 90 gradi per tutto l'anno (per esempio d'estate tutto quel calore verrebbe prodotto solo per eventualmente farsi la doccia), comporterà la produzione di un inquinamento aggiuntivo e non sostitutivo di quello attuale delle caldaie individuali dei 500 potenziali palazzi;

- per una persona di comune buon senso non è concepibile ne è giustificabile che la costruzione e gestione di tale grande impianto industriale possa essere fatta, anziché in un'area a destinazione industriale, all'interno di un'area a destinazione residenziale, dove ci sono parchi pubblici che accolgono bambini ed anziani, impianti sportivi, scuole di vario grado, case di riposo, luoghi di culto, oratori, villette e palazzotti residenziali e, sopratutto, l'Ospedale. Addirittura, previe sostanziali modifiche al piano regolatore, si concederebbe ad un privato di costruire l'impianto industriale all'interno dell'Ospedale, occupando una grande superficie di 6700 metri quadri di terreno che fra qualche anno nessuno può escludere potrebbe servire a produrre servizi ospedalieri per far fronte ad accresciute esigenze sanitarie.  
Quando penso all'Ospedale penso ad un luogo di cura delle malattie e della sofferenza, non ad uno stabilimento industriale inquinante. L'Ospedale ha già tanti altri problemi, lasciamo che si concentri sulla cura delle malattie, senza farsi carico ed occuparsi di faccende ed affari di altri.
L'impianto non è sicuramente nell'interesse dell'Ospedale, nè dei Cittadini astigiani. Verrebbe da dubitare se sia neppure un buon investimento per il Comune di Asti, che alla fine deterrà una piccola quota del 7,5% circa della società industriale.

Sono quindi giunto alla conclusione che non ha senso costruire dentro l'Ospedale un grande impianto industriale di produzione di energia elettrica ed acqua calda per riscaldamento.
Tutto ora si sposta sull'attività delle funzioni pubbliche di controllo e di autorizzazione: tale attività è già iniziata e nei prossimi 5 mesi starà a loro assumersi la responsabilità di decidere razionalmente secondo legge.  
A loro, continuando col cuore a tifare Ospedale, auguro buon lavoro.

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